Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

mercoledì 6 agosto 2014

Sperimentare il puro 'io' qui e ora

di Michael James


In un commento a un mio precedente articolo, How to avoid creating fresh karma (āgāmya)?, un anonimo amico ha citato il seguente passaggio dal libro di Lucy Cornelssen Hunting the ‘I’ (V edizione, 2003, pagine 20-21):
Ci sono altre occasioni, in cui potremmo sperimentare coscientemente questo puro ‘io’. Una di esse è durante il minuscolo spazio tra due pensieri, quando l’attenzione ha lasciato la sua presa su un pensiero e non ha ancora afferrato quello successivo. Ma poiché non abbiamo mai tentato, la nostra attenzione non è addestrata in questo modo e difficilmente avremo successo nel tentativo.

C’è una possibilità migliore per coglierlo tra il sonno e il risveglio. E’ molto importante tentare, se fate sul serio nel vostro dare la caccia all’ ‘io’. Abbiate cura di alcune condizioni: di notte appena prima di addormentarvi provate a mantenere  come ultimo pensiero la vostra intenzione di cogliere come prima cosa fra tutte al risveglio nel mattino l’esperienza del vostro vero ‘io’.

Ciò che Lucy descrive qui come il puro ‘io’ o vero ‘io’ è semplicemente l’unico e solo ‘io’ come realmente è – in altre parole, noi stessi come realmente siamo. Quindi il puro ‘io’ non è qualcosa distante (nel tempo o nello spazio) o diverso da noi stessi, ma è semplicemente ciò che sempre e realmente siamo. Ci appare come qualcosa di sconosciuto solo perché  lo abbiamo oscurato confondendolo con attributi come un corpo fisico e una mente pensante.
Comunque, sebbene esso ci appare ora oscurato, è realmente l’essenza di ciò che sperimentiamo sempre come ‘io’ – la consapevolezza originaria e non duale del nostro essere. Quindi auto-investigazione (ātma-vicāra) non è proprio la questione di ‘cercare’ il puro ‘io’ (come se fosse qualcosa di distante o non ora sperimentato) ma è semplicemente la pratica di essere presenti al nostro sé essenziale ‘io sono’, e quindi essere ciò che sempre siamo realmente.  
Dal momento che questo puro ‘io’ è sempre presente  - mai allontanato o distante da noi nel tempo o nello spazio – possiamo sperimentarlo come realmente è solo qui e ora. Quindi non dovremmo pensare ad esso come qualcosa che non sperimentiamo ora ma sperimenteremo in futuro, perché non appena prevediamo di sperimentarlo nel futuro, nella nostra immaginazione abbiamo creato una distanza tra esso e noi, come se fosse qualcosa di oggettivo o diverso da noi stessi.
Quindi il suggerimento, che Lucy da in questo brano, di provare di notte appena prima di addormentarci a mantenere come ultimo pensiero l’intenzione di cogliere come prima cosa fra tutte al risveglio al mattino l’esperienza del nostro vero ‘io’ è potenzialmente controproducente, perché l’esperienza di ‘io’ che dovremmo aspettarci  di cogliere al risveglio è nel futuro ed è quindi allontanata da ciò che realmente siamo qui ed ora.
Quindi, piuttosto che riprometterci di cogliere qualche esperienza futura, dovremmo cercare di sperimentare noi stessi come siamo realmente qui e ora. L’intenzione o l’aspettativa di sperimentare qualcosa nel futuro è un pensiero che stiamo pensando ora, pertanto è una distrazione della nostra attenzione dallo sperimentare il nostro vero ‘io’ come è in questo momento (che è come sempre è stato e sempre sarà, semmai ci fosse realmente una cosa come il passato o il futuro).
Se vogliamo sperimentare il nostro vero ‘io’ nel momento presente -  che è l’unico momento in cui possiamo effettivamente sperimentarlo – non dovremmo riprometterci di sperimentarlo in qualche momento diverso da ora, cioè questo preciso momento, perché ogni altro momento è solo un pensiero, e ogni pensiero è una distrazione dalla pura auto-attenzione, che è lo stato che dovremmo aspirare di sperimentare.
Se il nostro puro ‘io’ può essere sperimentato nel momento tra il sonno e il risveglio, come Lucy suggerisce, può essere sperimentato ugualmente bene  nel momento tra l’essere svegli e l’addormentarsi. Quindi, piuttosto che sprecare questo momento prezioso appena prima di addormentarsi cercando di ‘mantenere come ultimo pensiero l’intenzione di cogliere’ l’esperienza di ‘io’ nel risveglio al mattino successivo, dovremmo utilizzarlo per fissare la nostra attenzione solo su ‘io’ ad esclusione di tutti gli altri pensieri.
Se ci addormentiamo essendo auto-attenti, abbiamo maggiori probabilità di risvegliarci in uno stato di auto-attenzione di quante ne avremmo se ci addormentassimo con il pensiero di dover essere auto-attenti al risveglio. Se ci addormentiamo con l’ultimo pensiero, probabilmente ci sveglieremo con lo stesso pensiero, e questo pensiero che dovremmo essere auto-attenti in qualche tempo nel futuro non è lo stesso di essere effettivamente auto-attenti nel momento presente, qui e ora.
 Il nostro puro ‘io’ è sempre presente, così per sperimentarlo come è non dobbiamo attendere alcun intervallo come quello tra due pensieri o due stati. Tutti i pensieri (inclusi i pensieri del passato o del futuro, o di intervalli tra i pensieri o gli stati) e tutti gli stati (come la veglia, il sogno e il sonno) sembrano esistere solo perché ci curiamo di loro, così se li ignoriamo essendo presenti solo a ‘io’ essi cesseranno di esistere, essendo mere illusioni create da māyā, il nostro auto-ingannevole potere di immaginazione.
 Benché Sri Ramana ci insegnò che sperimentiamo ‘io’ nel suo puro stato nel minuscolo intervallo tra due pensieri o tra due stati consecutivi, non ci richiedeva di attendere in previsione di un tale intervallo in qualche tempo nel futuro, ma ci spronava solamente ad essere presenti a ‘io’ ora (e in ogni altro momento che sperimentiamo come ‘ora’) perché se siamo profondamente auto-attenti e quindi ignoriamo tutti i pensieri, gli stati ed il passare del tempo, stiamo realmente sperimentando l’intervallo a cui egli si riferiva.
Se non siamo profondamente auto-attenti in questo momento presente (e quindi completamente privi di ogni pensiero), non possiamo effettivamente sperimentare il puro ‘io’ che risplende nell’intervallo tra due pensieri o stati consecutivi. Quindi, senza pensare a qualunque altra cosa, dovremmo essere presenti qui e ora pienamente ed esclusivamente solo a ‘io’, come Sri Ramana ci istruisce enfaticamente nelle ultime due righe del verso 27 della Bhagavad Gītā Sāram (che è la sua interpretazione Tamil  della Bhagavad Gītā 6.25):

சித்தத்தை யான்மாவிற் சேர்த்திடுக மற்றெதுவு
மித்தனையு மெண்ணிடா தே.
cittattai y-āṉmāviṯ sērttiḍuka maṯṟeduvu
m-ittaṉaiyu m-eṇṇiḍā dē.

Fissa la mente [il tuo potere di attenzione] in ātman [il tuo sé essenziale]; non pensare anche minimamente a qualsiasi altra cosa.

Ciò che abbiamo bisogno di sperimentare è solo un momento di auto-attenzione, assolutamente libero da pensieri e perciò perfettamente chiaro, perché questo solo sarà sufficiente per distruggere per sempre l’illusione di essere questa mente o qualsiasi altra cosa diversa da ciò che siamo realmente (il puro e vero ‘io’), e fino al momento in cui sperimenteremo un tale momento di pura auto-attenzione rimarremo saldamente costretti nella presa di questa illusione – e di tutta l’agitazione che essa produce nella sua veglia.  

Tra i vari commenti che sono seguiti a questo articolo, riportiamo il seguente:

Grazie per il post, Michael. Puoi spiegare un po’ di più come un’esperienza momentanea, una specie di mini samadhi, può avere l’effetto che descrivi circa alla fine del tuo articolo. Questo sembra lo Yoga di Patanjali.
“Ciò che abbiamo bisogno di sperimentare è solo un momento di auto-attenzione, assolutamente libero da pensieri e perciò perfettamente chiaro, perché questo solo sarà sufficiente per distruggere per sempre l’illusione che siamo questa mente o qualsiasi altra cosa diversa da ciò che siamo realmente (il puro e vero ‘io)”
Nuovamente grazie.

Michael James risponde:         
Ciò che è importante non è la durata del nostro sperimentare il sé, ma la qualità di esso.
Sperimentiamo sempre il sé come ‘io sono’, ma la chiarezza della nostra auto-esperienza è offuscata dagli attributi che sovrapponiamo su ‘io sono’, come ‘io sono questo corpo, una persona chiamata in questo modo’, ‘io sto pensando’, ‘io sto leggendo’, ‘io sono seduto qui’ e ‘io sto guardando questo schermo di computer’. Per distruggere l’illusione di essere tutte queste cose che confondiamo con ‘io sono’, abbiamo bisogno di sperimentare ‘io sono’ come è realmente – cioè senza la minima traccia di qualsiasi attributo.
Se sperimentiamo noi stessi (‘io sono’) come siamo realmente anche per un breve momento, l’illusione di essere qualsiasi altra cosa sarà distrutta per sempre.
Per distruggere l’illusione che ciò che vediamo sul terreno alla debole luce del crepuscolo è un serpente, abbiamo solo bisogno di osservare attentamente e riconoscere per un momento che non è un serpente ma solo una corda. Avendola riconosciuta una volta come la corda che realmente è, non la scambieremo mai più per un serpente.
In modo simile, per distruggere l’illusione di essere un corpo, una mente e una persona, abbiamo solo bisogno di osservare noi stessi attentamente e riconoscere per un momento che non siamo nessuna di tali cose ma solo puro, infinito ed eterno essere auto-cosciente e senza attributi. Avendo riconosciuto una volta noi stessi come tale, non scambieremo mai più noi stessi per qualsiasi altra cosa.
Quindi un momento di auto-esperienza assolutamente libera da attributi (senza-pensiero) e quindi perfettamente chiara non è un ‘mini samādhi’, come lo chiami, ma un mega-grande samādhi – una potente bomba atomica che spaccherà l’atomo originale, il nostro ego, l’idea illusoria che ‘io sono questo corpo’ (che è cit-jaḍa-granthi, il nodo che lega la coscienza con il non-cosciente), e quindi rilascerà così tanto potere (potere di chiara auto-consapevolezza, cit-śakti) da distruggere l’apparenza di questo intero universo e di qualsiasi altra cosa che appare diversa da ‘io sono’.

Nessun commento:

Posta un commento