Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

martedì 28 febbraio 2017

Io certamente esisto, ma non sono necessariamente ciò che sembro essere

Michael James

26 Febbraio 2017
I certainly exist, but I am not necessarily what I seem to be

Un amico mi ha scritto recentemente spiegando come si sente per la maggior parte del tempo, e ha iniziato dicendo, ‘Io so con sicurezza, che qualunque cosa dico, penso e faccio, non c’è “io” che sta facendo qualcosa’, così ciò che segue è adattato da ciò che gli ho risposto:
  1. Non ci può essere pensare, dire o agire senza un ‘io’ che stia compiendo tali azioni
  2. Non possiamo dubitare ragionevolmente che io sono, ma possiamo e dovremmo dubitare di cosa io sono
  3. Cos’è questo ‘io che pensa, dice e agisce?
  4. Uḷḷadu Nāṟpadu verso 26: l’esistenza apparente dell’ego è la sola causa per l’esistenza apparente di ogni altra cosa
  5. Le viṣaya-vāsanā sono la reale natura dell’ego, così possono essere sradicate solo sradicando la loro radice, l’ego
  6. La pace reale può essere sperimentata solo in assenza dell’ego

1. Non ci può essere pensare, dire o agire senza un ‘io’ che stia compiendo tali azioni

Finché sembra esserci qualche pensare, dire o agire, sembra anche esserci un ‘io’ che sta facendo quel pensare, dire o agire, così qualsiasi pensare, dire o agire non è più reale di questo ‘io’. Senza questo ‘io’, che non solo sembra pensare, dire o agire, ma è anche consapevole di sé stesso mentre fa questo, non ci potrebbe essere pensare, dire o agire. Come Bhagavan dice nel quinto paragrafo di Nāṉ Yār?:
மனதில் தோன்றும் நினைவுக ளெல்லாவற்றிற்கும் நானென்னும் நினைவே முதல் நினைவு. இது எழுந்த பிறகே ஏனைய நினைவுகள் எழுகின்றன. தன்மை தோன்றிய பிறகே முன்னிலை படர்க்கைகள் தோன்றுகின்றன; தன்மை யின்றி முன்னிலை படர்க்கைக ளிரா.

maṉadil tōṉḏṟum niṉaivugaḷ ellāvaṯṟiṟkum nāṉ-eṉṉum niṉaivē mudal niṉaivu. idu eṙunda piṟahē ēṉaiya niṉaivugaḷ eṙugiṉḏṟaṉa. taṉmai tōṉḏṟiya piṟahē muṉṉilai paḍarkkaigaḷ tōṉḏṟugiṉḏṟaṉa; taṉmai y-iṉḏṟi muṉṉilai paḍarkkaigaḷ irā.

Di tutti i pensieri che appaiono [o sorgono] nella mente, solo il pensiero chiamato ‘io’ è il pensiero primo [primario, basilare, originale o causale]. Solo dopo che questo sorge sorgono altri pensieri. Solo dopo che la prima persona appare appaiono le seconde e terze persone; senza la prima persona le seconde e terze persone non esistono.
Ciò a cui egli qui si riferisce come ‘நானென்னும் நினைவு’ (nāṉ-eṉṉum niṉaivu), ‘il pensiero chiamato io’, e come ‘தன்மை’ (taṉmai), ‘la prima persona’, è l’ego, che è l’’io’ che pensa, dice e agisce, e che è consapevole di sé stesso pensante, dicente o agente, così poiché pensare, dire o agire sono solo alcuni degli innumerevoli fenomeni di cui questo ‘io’ è consapevole, e poiché tutti i fenomeni sono ciò a cui egli si riferisce qui come ‘ஏனைய நினைவுகள்’ (ēṉaiya niṉaivugaḷ), ‘altri pensieri’, e come ‘முன்னிலை படர்க்கைகள்’ (muṉṉilai paḍarkkaigaḷ), ‘seconde e terze persone’, egli intende chiaramente che pensare, dire e agire non sembrerebbero avvenire se non ci fosse ego. Quindi la domanda che abbiamo bisogno di porre a noi stessi è se questo ‘io’ che pensa, dice o agisce qualsiasi cosa sia reale o no. In altre parole, questo ‘io’ è realmente ciò che sembra essere?

2. Non possiamo dubitare ragionevolmente che io sono, ma possiamo e dovremmo dubitare di cosa io sono

Non possiamo seriamente dubitare l’esistenza di noi stessi, ma possiamo dubitare ragionevolmente se noi siamo ciò che sembriamo essere. In altre parole, non possiamo dubitare che io sono, ma possiamo dubitare di cosa io sono (o chi sono io). Ogni altra cosa di cui possiamo essere consapevoli può essere irreale e illusoria (cioè, può non esistere realmente, anche se sembra esistere nella nostra visione), ma la notra esistenza non può essere irreale, perché per essere consapevoli di qualsiasi cosa, reale o illusoria, noi dobbiamo esistere. Quindi la sola cosa di cui non possiamo ragionevolmente dubitare è la nostra esistenza e consapevolezza.

Dunque io certamente esisto, ma io cosa sono? Ora sembro essere una persona composta di corpo e mente, e come tale sembro pensare, dire e agire, ma questo è ciò che sono realmente? Ora sembro essere questo corpo, ma nel sogno sembro essere qualche altro corpo, così poiché nel sogno sono consapevole di me stesso senza essere consapevole di questo corpo, e poiché ora sono consapevole di me stesso senza essere consapevole del mio corpo di sogno, nessuno di questi corpi può essere ciò che io sono realmente. Nello stesso modo, benché sia nella veglia che nel sogno sono consapevole di questa mente, nel sonno sono consapevole di me stesso senza essere consapevole di essa, così non può essere ciò che io sono realmente.

3. Cos’è questo ‘io che pensa, dice e agisce?

L’’io’ che sembro essere nella veglia e nel sogno, che è l’’io’ che pensa, dice e agisce, è ciò che Bhagavan chiama ‘l’ego’, ‘il pensiero chiamato io’ o ‘la prima persona’, e poiché nel sonno io esisto e sono consapevole di me stesso in assenza di questo ego, esso non è ciò io sono realmente. È quindi solo un’apparenza illusoria: qualcosa che sembra esistere anche se non esiste realmente. Ma a chi esso sembra esistere? Solo a sé stesso. È quindi un’apparenza illusoria che sembra esistere solo nella sua visione auto-ignorante, così è del tutto irreale.

Tuttavia, sebbene esso sia del tutto irreale come l’ego che sembra essere, contiene un elemento di realtà, perché alla base e come sostegno della sua falsa apparenza c’è una auto-consapevolezza più profonda e più fondamentale, che persiste anche nella sua assenza nel sonno. Poiché questa auto-consapevolezza fondamentale esiste nella veglia, nel sogno e nel sonno, e poiché essa non subisce mai alcun cambiamento sia che l’ego appaia in essa o no (proprio come uno schermo cinematografico non subisce mai alcun cambiamento sia che le immagini siano proiettate su di esso o no), essa sola è ciò che io sono realmente.

Qual è allora la differenza tra l’ego che ora sembro essere e questa auto-consapevolezza fondamentale che sono realmente? Mentre l’ultima è pura auto-consapevolezza – consapevolezza che non è consapevole di niente altro che sé stessa – il primo (l’ego) è una forma impura di auto-consapevolezza, in primo luogo perché esso è consapevole non solo di sé stesso ma anche dell’apparenza di altre cose, e secondariamente perché è una mescolanza confusa di pura auto—consapevolezza e aggiunte illusorie (iniziando con un corpo), che sono tutte insenzienti. L’ego è quindi chiamato cit-jaḍa-granthi, il nodo (granti) formato dall’apparente groviglio di pura consapevolezza (cit) con aggiunte che sono insenzienti (jaḍa).

Come Bhagavan spesso era solito spiegare, la pura auto-consapevolezza (o essere-consapevolezza, sat-cit) è ciò che noi sperimentiamo come ‘io sono’, mentre l’ego è ciò che sperimentiamo come ‘io sono questo corpo’. In questa consapevolezza mischiata ‘io sono questo corpo’, ‘io sono’ è pura consapevolezza (cit), che sola è reale (sat), mentre ‘questo corpo’ è solo un’aggiunta illusoria, che è non-consapevole (jaḍa) e irreale (asat), e la combinazione tra i due è il nodo (granthi) chiamato ‘ego’.

Quindi Bhagavan non ha mai detto che non c’è ‘io’, come certi filosofi Buddhisti hanno affermato in modo piuttosto assurdo e illogico (poiché come potrei essere consapevole se non esistessi?), ma solo che non c’è ego, perché sebbene io ora sembro essere questo ego, esso non è ciò che sono realmente, così è solo un’apparenza illusoria e quindi non esiste realmente più di quanto esiste un serpente illusorio. Proprio come il serpente illusorio è realmente solo una corda inoffensiva, anche se sembra una creatura pericolosa, questo ego è realmente solo pura ed infinita auto-consapevolezza, oltre alla quale niente esiste, anche se sembra essere un’entità limitata che è consapevole non solo di sé stessa ma anche di altre cose.

4. Uḷḷadu Nāṟpadu verso 26: l’esistenza apparente dell’ego è la sola causa per l’esistenza apparente di ogni altra cosa

Comunque, sebbene Bhagavan ha detto che l’ego non esiste realmente, egli riconosceva che nella nostra esperienza esso sembra esistere, e ha spiegato che solo la sua esistenza apparente è la causa per l’esistenza apparente di ogni altra cosa, come ha indicato chiaramente nel verso 26 di Uḷḷadu Nāṟpadu:
அகந்தையுண் டாயி னனைத்துமுண் டாகு
மகந்தையின் றேலின் றனைத்து — மகந்தையே
யாவுமா மாதலால் யாதிதென்று நாடலே
யோவுதல் யாவுமென வோர்.

ahandaiyuṇ ḍāyi ṉaṉaittumuṇ ḍāhu
mahandaiyiṉ ḏṟēliṉ ḏṟaṉaittu — mahandaiyē
yāvumā mādalāl yādideṉḏṟu nādalē
yōvudal yāvumeṉa vōr
.

பதச்சேதம்: அகந்தை உண்டாயின், அனைத்தும் உண்டாகும்; அகந்தை இன்றேல், இன்று அனைத்தும். அகந்தையே யாவும் ஆம். ஆதலால், யாது இது என்று நாடலே ஓவுதல் யாவும் என ஓர்.

Padacchēdam (separazione delle parole): ahandai uṇḍāyiṉ, aṉaittum uṇḍāhum; ahandai iṉḏṟēl, iṉḏṟu aṉaittum. ahandai-y-ē yāvum ām. ādalāl, yādu idu eṉḏṟu nādal-ē ōvudal yāvum eṉa ōr.

அன்வயம்: அகந்தை உண்டாயின், அனைத்தும் உண்டாகும்; அகந்தை இன்றேல், அனைத்தும் இன்று. யாவும் அகந்தையே ஆம். ஆதலால், யாது இது என்று நாடலே யாவும் ஓவுதல் என ஓர்.

Anvayam (parole ridisposte in ordine naturale di prosa): ahandai uṇḍāyiṉ, aṉaittum uṇḍāhum; ahandai iṉḏṟēl, aṉaittum iṉḏṟu. yāvum ahandai-y-ē ām. ādalāl, yādu idu eṉḏṟu nādal-ē yāvum ōvudal eṉa ōr.

Traduzione: Se l’ego ha origine, ogni cosa ha origine; se l’ego non esiste, ogni cosa non esiste. L’ego è ogni cosa. Quindi, sappi che solo investigare cos’è questo [ego] è rinunciare a ogni cosa.
La ragione per cui egli dice che solo investigare cosa è l’ego è rinunciare a ogni cosa è che questo ego sembra esistere solo quando guarda o attende a cose diverse da sé stesso, così se esso guarda accuratamente sé stesso per vedere cosa è realmente, sprofonderà e scomparirà (proprio come un serpente illusorio scomparirebbe se lo guardassimo abbastanza attentamente da vedere che è realmente solo una corda), e poiché ogni altra cosa sembra esistere solo quando noi sembriamo essere questo ego, quando questo ego cessa di esistere a causa del nostro investigare accuratamente cosa esso è realmente, ogni altra cosa cesserà di esistere insieme con esso.

Quindi non è del tutto corretto dice come tu scrivi, ‘qualunque cosa dico, penso o faccio, non c’è “io” che sta facendo qualcosa’, perché finché sembra esserci qualche pensare, dire o agire, sembra anche esserci un ‘io’ (l’ego) che sta pensando, dicendo o agendo. Sebbene questo ‘io’ pensante, agente e dicente non è reale, nessun pensare, agire o dire potrebbe sembrare accadere se noi non sembrassimo l’ego che sta pensando, dicendo o agendo.

5.Le viṣaya-vāsanā sono la reale natura dell’ego, così possono essere sradicate solo sradicando la loro radice, l’ego

Riguardo il tuo commento, ‘Anche le vasana sono state accumulate per secoli ed ora esse devono in qualche modo essere tagliate’, nella visione di chi le vāsanā sembrano esistere, e di chi sono le vāsanā? Esse sono le vāsanā dell’ego, e sembrano esistere solo nella sua visione. Quindi senza l’ego esse non esisterebbero.

E cosa intendiamo realmente quando parliamo di vāsanā? In questo contesto il termine ‘vāsanā’ significa viṣaya-vāsanā, che sono le nostre inclinazioni, propensioni o desideri di essere consapevoli di viṣaya (fenomeni o cose diverse da sé stessi), così tali vāsanā sono la reale natura dell’ego, perché l’ego ha origine, si regge, nutre sé stesso e prospera solo proiettando ed afferrando viṣaya, come Bhagavan spiega nel verso 25 di Uḷḷadu Nāṟpadu:
உருப்பற்றி யுண்டா முருப்பற்றி நிற்கு
முருப்பற்றி யுண்டுமிக வோங்கு — முருவிட்
டுருப்பற்றுந் தேடினா லோட்டம் பிடிக்கு
முருவற்ற பேயகந்தை யோர்.

uruppaṯṟi yuṇḍā muruppaṯṟi niṟku
muruppaṯṟi yuṇḍumiha vōṅgu — muruviṭ
ṭuruppaṯṟun tēḍiṉā lōṭṭam piḍikku
muruvaṯṟa pēyahandai yōr
.

பதச்சேதம்: உரு பற்றி உண்டாம்; உரு பற்றி நிற்கும்; உரு பற்றி உண்டு மிக ஓங்கும்; உரு விட்டு, உரு பற்றும்; தேடினால் ஓட்டம் பிடிக்கும், உரு அற்ற பேய் அகந்தை. ஓர்.

Padacchēdam (separazione delle parole): uru paṯṟi uṇḍām; uru paṯṟi niṟkum; uru paṯṟi uṇḍu miha ōṅgum; uru viṭṭu, uru paṯṟum; tēḍiṉāl ōṭṭam piḍikkum, uru aṯṟa pēy ahandai. ōr.

அன்வயம்: உரு அற்ற பேய் அகந்தை உரு பற்றி உண்டாம்; உரு பற்றி நிற்கும்; உரு பற்றி உண்டு மிக ஓங்கும்; உரு விட்டு, உரு பற்றும்; தேடினால் ஓட்டம் பிடிக்கும். ஓர்.

Anvayam (parole ridisposte in ordine naturale di prosa): uru aṯṟa pēy ahandai uru paṯṟi uṇḍām; uru paṯṟi niṟkum; uru paṯṟi uṇḍu miha ōṅgum; uru viṭṭu, uru paṯṟum; tēḍiṉāl ōṭṭam piḍikkum. ōr.

Traduzione: Afferrando la forma, l’ego-fantasma senza forma ha origine; afferrando la forma si regge; afferrando e nutrendosi di forma cresce [si estende, si espande, aumenta, si innalza o prospera] abbondantemente; lasciando [una] forma, esso afferra [un’altra] forma. Se cercato [esaminato o investigato], esso prenderà il volo. Investiga [o conosci di conseguenza].
Per esistere l’ego deve costantemente ‘afferrare forma’ (cioè, attendere a o essere consapevole di viṣaya o cose diverse da sé stesso), così le sue viṣaya-vāsanā resisteranno finché esso resiste. Quindi, sebbene possiamo indebolire le nostre viṣaya-vāsanā aggrappandoci tenacemente all’auto-attentività (come Bhagavan dice nel decimo paragrafo di Nāṉ Yār?), non possiamo distruggerle interamente senza distruggere l’ego, che è la loro radice e il fondamento. Quindi quando dici ‘esse devono in qualche modo essere tagliate’, quel ‘qualche modo’ è solo tagliare la loro radice per mezzo della persistente auto-attentività (svarūpa-dhyāna), che è la pratica chiamata auto-investigazione (ātma-vicāra).

6. La pace reale può essere sperimentata solo in assenza dell’ego

Riguardo il tuo commento, ‘Qualche volta c’è pace e qualche volta no’, ogni volta che la pace può essere sperimentata da noi come questo ego è solo una forma di pace relativa, transitoria e imperfetta, perché il sorgere e l’esistenza dell’ego è la reale antitesi della pace reale, poiché l’ego è costretto dalla sua vera natura ad afferrare costantemente forme o viṣaya. Quindi finché sperimentiamo noi stessi come questo ego non possiamo mai realmente riposarci o godere pace perfetta, così il nostro fine non dovrebbe essere sperimentare qualche pace relativa e transitoria, ma solo sperimentare la pace infinita ed eterna che rimarrà quando questo ego è stato sradicato per sempre.

Quindi sia che sperimentiamo pace temporanea o meno, dovremmo investigare noi stessi costantemente e persistentemente, quello che sperimenta questa pace o la mancanza di essa. In altre parole, qualunque esperienza transitoria può sorgere, dovremmo sempre cercare di rivolgere la nostra attenzione verso noi stessi, l’’io’ a cui essa appare, perché se lo facciamo abbastanza accuratamente, questo ‘io’ (l’ego) si dissolverà e scomparirà, e ciò che in quel momento rimarrà sarà solo la pura auto-consapevolezza che siamo realmente, che è pace infinita ed eterna.


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