Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

lunedì 16 febbraio 2015

Perché è necessario considerare il mondo irreale?

Michael James

15 Febbraio 2015
Why is it necessary to consider the world unreal?

In diversi commenti ad alcuni dei miei recenti articoli, vari amici hanno provato a sostenere che non abbiamo bisogno di preoccuparci che il mondo sia o no reale, cioè che esista indipendentemente dalla nostra esperienza di esso. Per esempio, nel suo primo commento a Scienza e auto-investigazione Periya Eri ha scritto:
Cosa c’è di sbagliato nella nostra convinzione profondamente radicata “ma infondata” che il mondo esiste indipendentemente dalla nostra esperienza di esso? La frase che dice che il mondo è irreale non cambia minimamente il fatto che dobbiamo dominare tutte le difficoltà nella nostra vita. La stessa valutazione dicasi per la conclusione che il mondo non esiste affatto indipendentemente dalla nostra mente che lo sperimenta. E lo stesso è vero per la dichiarazione che anche la mente che sperimenta questo mondo è essa stessa irreale. Anche la descrizione che la mente non esiste realmente e che dopo la sua investigazione scomparirà, e che insieme con essa l’intera apparenza di questo mondo anche cesserà di esistere. […]

In risposta a questo ho scritto un commento in cui ho detto:
Preiya Eri, anche se il nostro attuale stato di veglia è solo un sogno, e questo mondo è quindi solo una creazione mentale, come il mondo che sperimentiamo in qualsiasi altro sogno, finché stiamo sognando noi stessi come parte di questo mondo, dobbiamo ovviamente affrontare tutte le difficoltà che questo comporta, come affannarsi per guadagnarsi da vivere o stare attenti per evitare di essere tagliati da una sega elettrica.

Questioni filosofiche, auto-investigazione e fisica delle particelle non sono intese risolvere problemi mondani della vita quotidiana, proprio come lo stare attenti ad attraversare in modo sicuro una strada trafficata non è inteso che possa fornire risposte a qualche questione filosofica o scientifica, o che possa permetterci di sperimentare noi stessi come siamo realmente. Ogni comportamento umano ha il suo scopo, e il fatto che il comportamento E1 non serva allo scopo P6 non significa che esso sia inutile, perché non è mai stato inteso che possa servire allo scopo P6 ma solo a servire lo scopo P1. Finché esso serve lo scopo P1, è utile per quello scopo, anche se non è utile per qualsiasi altro scopo.

Quindi prima di decidere quale comportamento ci è utile, abbiamo bisogno di decidere qual è il nostro fine o scopo. Se il tuo fine è sperimentare ciò che siamo realmente, allora l’auto-investigazione e gli insegnamenti di Bhagavan sono molto utili, ma se il tuo fine è qualsiasi altra cosa, allora forse non sono utili per raggiungere quel fine.

Se il tuo fine è sperimentare ciò che sei realmente, hai bisogno di comprendere che non sei ciò che ora sembri essere. Ora sembri essere una persona che vive in un mondo materiale, e se credi che questo sia vero, non vedrai uno scopo nell’auto-investigazione, perché credi che tu sia ciò che sembri essere. Tuttavia, se sei pronto a dubitare che tu sia ciò che ora sembri essere, riconoscerai che l’auto-investigazione è necessaria per risolvere questo dubbio.

Se dubiti di essere ciò che ora sembri essere, dovrai anche dubitare che il mondo e tutte le altre cose che sperimenti siano ciò che ora sembrano essere. Ora sembri essere un corpo chiamato Preriya Eri, e quindi quel corpo sembra essere reale, ma se quel corpo non è ciò che tu sei realmente, forse non è reale ma è solo una creazione mentale, come qualsiasi corpo che sperimenti come te stesso in un sogno. E se questo corpo chiamato Periya Eri è solo una creazione mentale, il mondo che percepisci attraverso i cinque sensi di quel corpo deve anche essere una mera creazione mentale.

Quindi se il tuo fine è sperimentare ciò che sei realmente, domande riguardo alla realtà del tuo corpo e di questo mondo ti saranno di grande valore. Esse sembreranno di minor o di nessun valore se non ambisci a conoscere ciò che sei realmente.

Tu dici, ‘Mentre sperimenti ‘io’ come è realmente, prendi una sega elettrica e amputati una gamba,’ ma se sperimentiamo ciò che siamo realmente, non sperimenteremo noi stessi come un corpo, così non ci sarà nessuno per prendere una motosega e per amputarsi una gamba. Ciò che dici è come dire, ‘Mentre sperimenti te stesso come il corpo che sembri essere, prendi una motosega e amputa una gamba del corpo che sembravi essere in un sogno’. Il corpo che sembravi essere nel tuo sogno non esiste ora, così come potresti ora amputare una delle sue gambe?

Periya Eri allora ha scritto un altro commento in cui ha sostenuto:
[…] Così non è pertinente se non penso molto alla dichiarazione che lo stato di veglia è solo un sogno e questo mondo è solo una creazione mentale. […] Non mi importa se il mondo è reale o solo una creazione mentale. […] Sento che quella questione non ha alcuna rilevanza o significato per la mia maturità spirituale. Non posso essere d’accordo con la tua conclusione che le domande sulla realtà del mio corpo e di questo mondo saranno di grande valore se il mio fine è sperimentare ciò che sono realmente […] La dichiarazione che il corpo e il mondo sarebbero ‘solo’ o ‘meramente’ una creazione mentale per me non contiene alcun significato utile. […]

Tuttavia, secondo Sri Ramana, se vogliamo sperimentare ciò che siamo realmente, è per noi necessario considerare il mondo come irreale e la nostra vita apparente in esso come un semplice sogno creato dalla nostra mente, come ha spiegato nel seguente dialogo riportato in Maharshi’s Gospel, Libro 2, Capitolo 3 (edizione 2002, pag.64):
D: Non posso dire che tutto mi è chiaro. E’ il mondo che è visto, percepito e sentito da noi in così tanti modi qualcosa come un sogno, un’illusione?

M: Non c’è per te alternativa se non accettare il mondo come irreale, se stai cercando la Verità e solo la Verità.

D: Perché è così?

M: Per la semplice ragione che se non abbandoni l’idea che il mondo è reale, la tua mente lo cercherà sempre. Se prendi l’apparenza come reale non conoscerai mai la Realtà, sebbene è solo il Reale che esiste. Questo punto è illustrato dall’analogia del ‘serpente nella corda’. Finché vedi il serpente non puoi vedere la corda come tale. Il serpente non-esistente diviene per te reale, mentre la reale corda sembra completamente non-esistente.

La causa-radice per la realtà apparente del mondo è l’ego, che sperimenta se stesso come un corpo fisico. Ciò che è davvero reale è solo noi stessi, così quando sperimentiamo noi stessi come un corpo, anche quel corpo sembra essere reale, e poiché esso è parte del mondo che sperimentiamo attraverso i suoi sensi, anche quel mondo sembra essere reale. In altre parole, sperimentando noi stessi come un corpo, sovrapponiamo la nostra realtà su quel corpo apparente, e attraverso quel corpo sul mondo.

Quindi la realtà apparente del mondo è radicata nell’ego e legata inseparabilmente a esso. Finché sperimentiamo noi stessi come questo ego, qualsiasi corpo o mondo sperimenteremo ci sembrerà reale, e finché li prendiamo come reali, non possiamo liberare noi stessi dall’illusione che questo ego è ciò che siamo realmente.

Il mondo appare nella nostra esperienza solo quando sperimentiamo noi stessi come l’ego. Nella veglia e nel sogno sperimentiamo noi stessi come l’ego, e quindi sperimentiamo un corpo e un mondo, mentre nel sonno non sperimentiamo noi stessi come l’ego, e quindi non sperimentiamo alcun corpo o mondo. L’apparenza di questo mondo attuale o di qualsiasi altro mondo (come il mondo che sperimentiamo in un sogno) è quindi interamente dipendente dal nostro confondere noi stessi come l’ego. Come Sri Ramana afferma in passaggio successivo dello stesso capitolo di Maharshi’s Gospel (Edizione 2002, pag. 67-68):
Il mondo esiste in se stesso? Esso fu mai visto senza l’aiuto della mente? Nel sonno non c’è mente né mondo. Quando ci si sveglia c’è la mente e c’è il mondo. Cosa significa questa costante concomitanza ? Tu hai familiarità con i principi della logica induttiva, che sono considerati proprio le basi dell’investigazione scientifica. Perché non risolvi questa domanda sulla realtà del mondo alla luce di quegli accettati principi della logica?

Poiché l’apparente esistenza del mondo è interamente dipendente sul nostro confondere noi stessi come l’ego o mente, se abbiamo a cuore l’idea che il mondo è reale stiamo in effetti avendo a cuore l’idea che siamo questo ego, così non possiamo liberare noi stessi dall’ego se continuiamo ad avere a cuore l’idea che il mondo è reale. La ragione fondamentale del perché siamo attaccati all’idea che il mondo è reale e che siamo attaccati al nostro ego, che è il fondamento su cui è basata l’apparenza del mondo, così se non siamo disposti ad abbandonare l’idea che il mondo è reale non siamo disposti ad abbandonare il nostro confondere noi stessi come l’ego.

In uno dei miei articoli recenti Il mondo esiste indipendentemente dalla nostra esperienza di esso?, ho scritto:
Ancora più importante è che tutte le scienze oggettive sono basate su un presupposto metafisico che non hanno mezzi per verificare o per falsificare, vale a dire il presupposto che alcune cose che sono sperimentate esistono indipendenti dallo sperimentatore. Noi percepiamo ciò che sembra essere un mondo esterno, e presumiamo che quel mondo esista indipendentemente dalla nostra percezione di esso (proprio come in un sogno percepiamo ciò che sembra essere un mondo esterno, che in quel momento presumiamo esistere indipendentemente dalla nostra percezione di esso), ma ciò che stiamo realmente percependo non è un mondo esterno come tale ma solo una serie di immagini di percezione che si sono formate nella nostra mente.

Per esempio, quando vediamo un albero, ciò che stiamo realmente vedendo è un’immagine mentale di un albero. Se quella immagine mentale di un albero è causata in qualche modo da qualcosa che esiste esternamente alla nostra mente o no (e se sì, in quale misura), è qualcosa che la nostra mente non ha i mezzi per sapere. Comunque, nonostante questa fondamentale incertezza riguardo tutto ciò che sembriamo sperimentare, la scienza è basata sul presupposto arbitrario che le nostre esperienze di percezione sono in qualche modo causate da cose che esistono indipendentemente dalla nostra esperienza di esse.

In un commento a questo, Gaurishankar ha scritto:
L’esempio di vedere solo un’immagine mentale di un albero non copre l’intera gamma delle impressioni percettive dei sensi. Se dieci persone guardano attentamente lo stesso albero e tutti i dieci osservatori percepiscono il tronco, la corteccia, i rami dello stesso albero e tutti sentono il cinguettare degli uccelli, il frusciare delle foglie, odorano il profumo dei fiori, mangiano i frutti dello stesso albero, segano i rami dello stesso albero, salgono sullo stesso albero, se qualche automobilista si scontra con lo stesso albero al bordo della strada, diedi fotografi scattano una fotografia allo stesso albero, dieci cameramen girano un film su attori che siedono vicino allo stesso albero, il fulmine ha colpito lo stesso albero, il picchio batte lo stesso albero, il giardiniere trapianta lo stesso albero trasportandolo con una carriola, e così via… non abbiamo bisogno di dubitare se l’albero è parte di un mondo esterno. Possiamo lasciare agli scettici sogni dei filosofi il dire che non abbiamo una prova adeguata che il menzionato albero esista realmente. […]

A cui ho risposto in un altro commento:
Gaurishankar, Bhagavan spesso usò il vero ‘vedere’ in modo metaforico per intendere ‘percepire’ attraverso tutti i nostri cinque sensi. Come tu dici, possiamo vedere, toccare, gustare, odorare e sentire un albero, e tutte le sensazioni combinate che abbiamo di un albero formano un’immagine o impressione mentale di un oggetto che chiamiamo un ‘albero’.

Tuttavia, nessuna di queste sensazioni né l’impressione combinata che esse ci danno di un albero prova che l’albero realmente esiste indipendentemente da quelle sensazioni o quelle impressioni, poiché possiamo sperimentare esattamente le stesse sensazioni e impressioni in un sogno, e benché in quel momento crediamo di star percependo un albero che esiste indipendentemente dalla nostra percezione di esso, quando ci svegliamo riconosciamo che era solamente una creazione della nostra mente.

Tutta l’evidenza che descrivi nel tuo commento potrebbe essere da te sperimentata in un sogno, ma ora non affermeresti che quell’evidenza prova che il mondo che hai sperimentato nel tuo sogno esisteva indipendentemente dalla tua esperienza di esso. Perché allora dovresti presupporre che lo stesso tipo di evidenza che sperimenti in questo stato di veglia prova che il mondo che ora percepisci esiste indipendentemente dalla tua percezione di esso?

Se nel tuo sogno chiedi a tutti se percepiscono lo stesso mondo che percepisci tu, essi probabilmente testimonieranno di percepirlo, e che lo percepivano anche mente eri addormentato, ma dopo che ti svegli da quel sogno non daresti alcun peso alla loro testimonianza, perché allora riconosceresti che essi erano solo una creazione della tua mente. Perché allora dovresti dare peso alla testimonianza di altre persone che anche percepiscono questo mondo e che lo percepivano anche mentre eri addormentato?

Bhagavan era solito dire che fidarsi della testimonianza di altre persone come prova che il tuo corpo e questo mondo esistevano quando eri addormentato è come fidarsi della testimonianza di un ladro come prova che egli non è colpevole di un crimine. Le altre persone che ti dicono che il mondo esisteva quando eri addormentato sono parte del mondo la cui esistenza è messa in dubbio, così come può la loro testimonianza fornire un’evidenza sufficiente a provare che esso esisteva quando non lo stavi percependo?

La loro testimonianza sarebbe ammissibile solo sulla base del presupposto che essi esistevano quando tu eri addormentato, così accettare la loro testimonianza sarebbe dare per scontata la risposta – cioè, sarebbe dare per scontata la conclusione e usarla come un presupposto per cercare di provare se stessa. In altre parole, comporterebbe un ragionamento circolare, perché la loro testimonianza sarebbe valida solo se essi esistevano quando eri addormentato, così se il mondo non esisteva la loro testimonianza non sarebbe valida.

Se neppure conosciamo cosa siamo, come possiamo conoscere la verità di questo mondo, che sperimentiamo solo quando sperimentiamo noi stessi come un corpo e una mente? Se fossimo realmente questo corpo e mente, dovremmo sempre sperimentare noi stessi come tali, anche durante il sogno e il sonno, ma nel sogno sperimentiamo noi stessi come qualche altro corpo (creato dalla mente), e nel sonno sperimentiamo noi stessi senza sperimentare né un corpo né una mente. Quindi non possiamo essere questo corpo e questa mente, così la nostra attuale esperienza di noi stessi è confusa e sbagliata. Quindi, poiché non siamo ciò che ora sembriamo essere, come possiamo essere sicuri che il mondo è ciò che ora sembra essere? Perché dovremmo presupporre che esso è tutto fuorché un’altra creazione mentale, come ogni mondo che sperimentiamo in un sogno?

La ragione per cui ho citato Hume era solamente per mostrare che non solo così detti ‘mistici’ come Bhagavan ci dicono, sulla base della loro esperienza trascendente, che questo mondo è solo una creazione mentale, ma anche ordinari filosofi sono in grado di comprendere, sulla base del semplice ragionamento analitico che non abbiamo motivo di presupporre che il mondo esista indipendentemente dalla nostra percezione di esso.

In un altro commento allo stesso articolo Narada ha scritto:
Io comprendo facilmente la difficoltà che il tuo amico aveva nell’accettare o comprendere la frase citata dalla sezione 616 di Discorsi con Sri Ramana Maharashi: “ahankara si innalza come un razzo e istantaneamente si diffonde come l’Universo”. Ramana non spiegò mai questa orripilante affermazione? Con il più grande rispetto per Sri Ramana: come l’ego dovrebbe essere in grado di creare l’universo? In che modo potrebbe funzionare? […] Sarebbe bello se potessimo ricevere qualche chiarificazione dettagliata e qualche spiegata comprensione delle ragioni per l’affermazione: “Se l’ego ha origine, ogni cosa ha origine. Se l’ego non esiste, ogni cosa non esiste. L’ego è ogni cosa.”

L’ultima citazione è la mia traduzione delle prime tre frasi del verso 26 di Uḷḷadu Nāṟpadu, che ho riportato in quell’articolo. Sri Ramana fece questa affermazione sulla base della sua chiara esperienza, e benché non possiamo arguire deduttivamente la stessa conclusione dalla nostra confusa esperienza attuale, essa non è in nessun modo in conflitto con qualsiasi cosa che sperimentiamo, perché nella nostra esperienza appare un mondo ogni volta che sorge il nostro ego, permane fino a che permane il nostro ego, e scompare ogni volta che il nostro ego sprofonda nel sonno.

Riguardo alla domanda di Narada, ‘come l’ego dovrebbe essere in grado di creare l’universo? In quale modo potrebbe funzionare?’, secondo Sri Ramana l’ego crea questo mondo nella veglia esattamente nello stesso modo in cui crea un mondo in un sogno. Nel sonno non sperimentiamo alcun corpo e mondo, ma non appena iniziamo a sognare il nostro ego sorge, creando per se stesso un corpo e proiettando un mondo attraverso i cinque sensi di quel corpo. In modo simile quando ci svegliamo dal sonno, il nostro ego sorge e crea per se stesso il nostro corpo attuale, attraverso i cinque sensi del quale proietta questo mondo.

L’idea che il nostro ego ha creato questo intero universo sembra improbabile solo se presupponiamo che l’universo sia qualcosa diversa da una serie di immagini mentali o percettive. Tuttavia, non abbiamo nessuna adeguata giustificazione per fare una simile supposizione, perché possiamo solo sapere ciò che realmente sperimentiamo, e ciò che sperimentiamo come ‘il mondo’ o ‘l’universo’ non è altro che una serie di immagini percettive – visioni, suoni, sensazioni tattili, odori e sapori. Presupponiamo che queste sensazioni percettive siamo causate da cose che esistono esternamente e indipendentemente dalla nostra mente, ma la nostra esperienza non ci offre una prova reale che sia questo il caso.

In un commento successivo allo stesso articolo Durvasa ha messo in discussione l’idea che non abbiamo sufficiente evidenza per supportare la nostra convinzione nell’esistenza di un mondo indipendente dalla mente, dicendo:
Poiché non abbiamo il potere di evitare l’esperienza del mondo, il fatto che sperimentiamo il mondo (di veglia) nello stato di veglia ha evidenza sufficiente. […] Non abbiamo motivo di dubitare che il mondo esista in tutti i tre stati. Chiedere al vicino la sua conferma della nostra speculazione di un mondo esistenze durante il tempo del nostro sonno forse non fornisce una prova scientifica. Poiché al risveglio troviamo essenzialmente lo stesso mondo che abbiamo lasciato quando ci siamo addormentati questo è una sufficiente evidenza pratica. Che non abbiamo certezza riguardo quella conclusione non importa. […]

Il fatto che ‘al risveglio troviamo essenzialmente lo stesso mondo che abbiamo lasciato quando ci siamo addormentati’ è al massimo solo un’evidenza circostanziale – ma un’evidenza circostanziale estremamente debole – perché l’idea che questo mondo esiste durante il nostro sonno ed è quindi indipendente dalla nostra esperienza di esso non è la sola spiegazione possibile per tale apparente continuità. Per esempio, potrebbe essere spiegato ugualmente bene dall’idea che è la nostra stessa mente che lo ha proiettato, e che poiché la nostra mente ha una propensione a convincere se stessa della realtà della sua creazione, essa proietta al risveglio ciò che sembra essere essenzialmente lo stesso mondo che aveva proiettato prima di addormentarsi.

Nel quarto paragrafo di Nāṉ Yār? (Chi sono io?) Sri Ramana dice:
[...] நினைவுகளைத் தவிர்த்து ஜகமென்றோர் பொருள் அன்னியமா யில்லை. தூக்கத்தில் நினைவுகளில்லை, ஜகமுமில்லை; ஜாக்ர சொப்பனங்களில் நினைவுகளுள, ஜகமும் உண்டு. சிலந்திப்பூச்சி எப்படித் தன்னிடமிருந்து வெளியில் நூலை நூற்று மறுபடியும் தன்னுள் இழுத்துக் கொள்ளுகிறதோ, அப்படியே மனமும் தன்னிடத்திலிருந்து ஜகத்தைத் தோற்றுவித்து மறுபடியும் தன்னிடமே ஒடுக்கிக்கொள்ளுகிறது. மனம் ஆத்ம சொரூபத்தினின்று வெளிப்படும்போது ஜகம் தோன்றும். ஆகையால், ஜகம் தோன்றும்போது சொரூபம் தோன்றாது; சொரூபம் தோன்றும் (பிரகாசிக்கும்) போது ஜகம் தோன்றாது. [...]

[...] niṉaivugaḷai-t tavirttu jagam-eṉḏṟōr poruḷ aṉṉiyamāy illai. tūkkattil niṉaivugaḷ illai, jagam-um illai; jāgra-soppaṉaṅgaḷil niṉaivugaḷ uḷa, jagam-um uṇḍu. silandi-p-pūcci eppaḍi-t taṉṉiḍamirundu veḷiyil nūlai nūṯṟu maṟupaḍiyum taṉṉuḷ iṙuttu-k-koḷḷugiṟadō, appaḍiyē maṉam-um taṉṉiḍattilirundu jagattai-t tōṯṟuvittu maṟupaḍiyum taṉṉiḍamē oḍukki-k-koḷḷugiṟadu. maṉam ātma sorūpattiṉiṉḏṟu veḷippaḍum-pōdu jagam tōṉḏṟum. āhaiyāl, jagam tōṉḏṟum-pōdu sorūpam tōṉḏṟādu; sorūpam tōṉḏṟum (pirakāśikkum) pōdu jagam tōṉḏṟādu. [...]

[…] Esclusi i pensieri [o le idee], non c’è separatamente una cosa come il ‘mondo’. Nel sonno non ci sono pensieri, [e conseguentemente] anche non c’è mondo; nella veglia e nel sogno ci sono pensieri, [e conseguentemente] anche c’è un mondo. Proprio come un ragno produce il filo da sé stesso e di nuovo lo ritira in sé stesso, così la mente proietta il mondo dall’interno di sé e di nuovo lo dissolve in se stessa. Quando la mente esce da ātma-svarūpa [il nostro sé essenziale], il mondo appare. Quindi quando il mondo appare, svarūpa non appare [come realmente è]; quando svarūpa appare (risplende) [come realmente è], il mondo non appare. […]


Ciò che egli intende qui quando dice, ‘ஜகம் தோன்றும்போது சொரூபம் தோன்றாது’ (jagam tōṉḏṟum-pōdu sorūpam tōṉḏṟādu), ‘quando il mondo appare, svarūpa non appare’, è che non possiamo sperimentare noi stessi come siamo realmente finché sperimentiamo questo o qualsiasi altro mondo. La ragione per questo è molto semplice: ciò che sperimenta il mondo o qualsiasi altra cosa diversa da noi stessi non è noi stessi come siamo realmente ma solo noi stessi come l’ego, così non possiamo sperimentare ciò che siamo realmente finché sperimentiamo qualsiasi cosa diversa da noi stessi. Quindi il solo modo per sperimentare ciò che siamo realmente è sperimentare noi stessi solamente, in completo isolamento dal nostro ego, dalla nostra mente, dal nostro corpo, dal mondo e da qualsiasi altra cosa, e il solo modo per sperimentare noi stessi solamente è dare attenzione solamente a noi stessi.

Se un ragno proietta un filo e poi lo ritira indietro in se stesso, quando in seguito lo proietta ancora sarà essenzialmente lo stesso filo che aveva proiettato e ritirato prima. Nello stesso modo, quando la mente si sveglia dal sonno e proietta questo mondo, ciò che proietta sembra essere essenzialmente lo stesso mondo che aveva proiettato precedentemente ma che poi aveva ritirato in se stessa quando si è addormentata. Quindi il fatto che il mondo sembra essere essenzialmente lo stesso ogni volta che ci svegliamo non significa che esso esisteva come tale quando stavamo dormendo, perché questo fatto è spiegato più semplicemente dall’idea che ogni volta la nostra mente sorge dal sonno essa proietta essenzialmente lo stesso modello di pensieri o idee, e che quel modello di pensieri o idee è ciò che costituisce il mondo che percepiamo.

Anche il mondo che sperimentiamo in un sogno in quel momento ci sembra essenzialmente lo stesso mondo che sperimentiamo nella veglia, e questa è una delle ragioni per cui mentre sogniamo supponiamo di essere svegli. Solo quando ci svegliamo da un sogno siamo in grado di riconoscere il fatto che non era questo stato di veglia ma solo un sogno.

Proprio come confondiamo il mondo di sogno come reale finché lo stiamo sperimentando, confondiamo questo mondo di veglia come reale finché lo sperimentiamo, perché in entrambi questi stati sperimentiamo noi stessi come un corpo, come se fossimo solo una piccola parte del mondo apparentemente vasto che stiamo sperimentando. Mentre sogniamo, non riconosciamo il mondo che stiamo percependo o il corpo che siamo sperimentando come se fosse noi stessi, come semplici creazioni della nostra mente. Solo dopo che ci siamo svegliati dal sonno siamo in grado di riconoscere questo. Nello stesso modo, mentre sperimentiamo questo stato di veglia, non siamo in grado di riconoscere il mondo che stiamo ora percependo o il corpo che stiamo ora sperimentando come se fosse noi stessi, come semplici creazioni della nostra mente. Possiamo dubitare della loro realtà e avere il sospetto che siano creazioni mentali, nondimeno li sperimentiamo come se fossero reali.

Nello stesso commento a cui mi sono riferito sopra, Durvasa ha anche scritto: ‘Anche nello stato di veglia non abbiamo alcuna conoscenza certa se qualcosa – incluso noi stessi – esista realmente’. Tuttavia, questo semplicemente non è il caso. Anche se non possiamo sapere con certezza se qualcosa diversa da noi stessi esiste realmente (poiché anche se tali cose sembrano esistere, potrebbero essere tutte illusioni create dalla nostra mente), sappiamo con certezza che esistiamo, perché per sperimentare qualsiasi cosa, sia reale sia illusoria, dobbiamo esistere. La nostra esistenza è quindi auto-evidente, mentre l’esistenza di qualsiasi altra cosa (incluso l’ego, la mente e il corpo che ora confondiamo come noi stessi) è dubbia.

Poiché solo la nostra esistenza - e la nostra consapevolezza della nostra esistenza, che è inseparabile da essa – è certa, Sri Ramana ci consiglia di mettere da parte l’idea che qualsiasi altra cosa sia reale e di focalizzare il nostro interesse, lo sforzo e l’attenzione solo sul cercare di sperimentare ciò che siamo realmente. Quindi, poiché non possiamo sperimentare noi stessi come siamo realmente finché siamo attaccati all’idea che qualsiasi altra cosa che sperimentiamo sia reale, egli ci ha insegnato che è necessario considerare il nostro ego, la nostra mente, il nostro corpo e questo mondo (o ogni altro corpo o mondo che possiamo sperimentare) come irreali.


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