Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

sabato 28 marzo 2015

La suprema compassione di Sri Ramana



Michael James

21 Agosto 2007
The supreme compassion of Sri Ramana

Verso la fine del Capitolo 10, ‘La Pratica dell’Arte di Essere’, di ‘Felicità e l’Arte di Essere’ offro una traduzione del diciannovesimo paragrafo di Nan Yar?, che Sri Ramana conclude dicendo:
[…] Non è opportuno [per noi] lasciare che la [nostra] mente [si soffermi] troppo su questioni terrene. Non è opportuno [per noi] entrare nelle faccende di altre persone [un idiomatico modo di dire che dovremmo badare alle nostre faccende e non interferire nelle faccende di altre persone]. Tutto ciò che si da agli altri lo si da solo a se stessi. Se [tutti] conoscessero questa verità, chi davvero si asterrebbe dal dare?
Successivamente discuto il significato di questo paragrafo, e facendo questo scrivo:
Quando Sri Ramana dice che non è opportuno permettere alla nostra mente di soffermarsi troppo su questioni terrene, o interferire nelle faccende di altri, egli non intende che dovremmo essere indifferenti alla sofferenza di altre persone o di altre creature. E’ giusto sentire compassione ogni volta che vediamo o che sappiamo della sofferenza di qualsiasi altra persona o creatura, perché la compassione è una qualità essenziale che sorge naturalmente nella nostra mente quando è sotto l’influsso di sattva-guna o la qualità della ‘condizione di essere’ (being-ness), bontà e purezza, ed è anche giusto fare qualsiasi cosa ragionevolmente possibile per alleviare tale sofferenza.
Inoltre spiego che benché con i nostri poteri limitati possiamo fare ben poco per alleviare le molte forme di sofferenza che esistono e che esisteranno sempre in questo mondo, almeno dovremmo stare attenti a evitare di contribuire in qualsiasi modo a quella sofferenza, e concludo la mia spiegazione scrivendo:
Inoltre, nell’analisi finale, questo mondo e tutte le sofferenze che vediamo in esso sono creati dal nostro potere d’immaginazione ed esistono solo nella nostra mente, proprio come lo sono il mondo e le sofferenze che vediamo in sogno. Se sentiamo compassione nel vedere la sofferenza di altre persone e di animali nel nostro sogno, e se desideriamo alleviare tutta questa sofferenza, tutto ciò che abbiamo bisogno di fare è svegliarci dal sogno. Nello stesso modo, se desideriamo realmente mettere fine a tutte le sofferenze che vediamo in questo mondo, dobbiamo sforzarci di svegliarci da questo sogno che confondiamo come la nostra vita di veglia, nel vero stato di risveglio dell’auto-conoscenza perfettamente non-duale, praticando tenacemente l’arte di essere auto-attentivi.
Come seguito a questa discussione riguardo alle quattro frasi finali del diciannovesimo paragrafo di Nan Yar?, ho incorporato una spiegazione dettagliata riguardo all’importanza della compassione e di ahimsa (una parola che significa ‘non nuocere’ o non ferire, cioè, non causare alcuna sofferenza a qualsiasi essere vivente). Poiché questa spiegazione è abbastanza lunga, la pubblicherò qui in due parti separate, la prima delle quali forma il seguito di questo articolo:

Tuttavia, sebbene la nostra vita in questo mondo sia di fatto solo un sogno, finché sperimentiamo questo sogno, non dovremmo accantonare le sofferenze degli altri come semplicemente irreali e quindi di nessuna importanza. Noi stessi che sperimentiamo questo sogno immaginario siamo una parte di esso, e quindi ogni cosa che sperimentiamo o testimoniamo in questo sogno è esattamente tanto reale quanto lo siamo noi.

Finché sentiamo noi stessi come una persona – una mente legata a corpo – che sta sperimentando questo sogno, non possiamo far altro che sentire che le gioie e le sofferenze a cui siamo sottoposti sono perfettamente reali, e finché sentiamo che le nostre gioie e sofferenze sono reali non possiamo negare che le gioie e le sofferenze di altre persone e creature sono ugualmente reali e altrettanto importanti. Quindi, poiché ciascuno di noi desidera naturalmente evitare ogni forma di sofferenza causata a noi stessi, dovremmo ugualmente desiderare fortemente di evitare ogni forma di sofferenza causata a qualsiasi altro essere senziente.

Quindi, quando Sri Ramana ci consiglia di evitare di interferire nelle faccende di altri o di evitare di permettere alla nostra mente di soffermarsi troppo su questioni terrene, egli non suggerisce che dovremmo evitare tali azioni di corpo, parola o mente per insensibilità o indifferenza, ma solo che dovremmo farlo per santa indifferenza – indifferenza compassionevole, indifferenza realmente premurosa e amorevole.

Sri Ramana non consigliò mai nessuno di essere insensibilmente indifferente – incurantemente e duramente indifferente – verso le sofferenze degli altri. Al contrario, attraverso le sue azioni ha dato chiaramente l’esempio di come dovremmo essere compassionevoli, di cuore tenero e premurosi, e come dovremmo evitare rigorosamente di causare anche il minimo himsa o danno a qualsiasi altro essere vivente.

Benché Sri Ramana raramente insegnasse l’importanza della compassione con parole esplicite, la insegnò molto chiaramente attraverso la sua vita – attraverso ogni sua azione e atteggiamento. In ogni situazione, il suo atteggiamento e la sua reazione attraverso la parola e l’azione dimostrarono chiaramente il suo amore illimitato, la compassione, il cuore tenero, la gentilezza, la considerazione e l’ahimsa – l’evitare attento e sensibile di causare qualsiasi danno, ferita o male a ogni essere vivente.

La compassione, la gentilezza e l’amore risplendevano in ogni azione di Sri Ramana perché questo è ciò che era. Il suo essere reale era la pienezza dell’amore – amore infinito e onnicomprensivo. Poiché la sua individualità apparente si era fusa ed era stata consumata nella luce infinita di vera auto-conoscenza, egli era realmente uno con la realtà assoluta, la cui natura è essere, consapevolezza, felicità e amore perfettamente non-duale e indivisibile.

Egli dunque amava tutti noi – ogni essere senziente – come il proprio sé, perché sperimentò se stesso come l’unica realtà infinita, diverso dalla quale nessuno di noi può essere. Egli davvero fu ed è il sé reale ed essenziale di ognuno di noi, e quindi nessuno di noi può essere escluso dal suo infinito amore – il suo onnicomprensivo amore di sé – che è il suo essere essenziale.

Quindi l’apparente ‘persona’ che fu Sri Ramana fu una personificazione perfetta di parama karuna – compassione suprema, grazia, gentilezza e amore. La sua gentilezza e il suo amore furono uguali per tutti. Per lui un peccatore e un santo erano uguali. Egli mostrò la stessa semplice cura, gentilezza, tenerezza, amore e compassione con persone che possiamo considerare cattive come con persone che possiamo considerare buone.

Il suo amore e gentilezza erano assolutamente imparziali. Egli non mostrava amore, gentilezza o interesse più grande per i suoi devoti più sinceri – coloro che più realmente compresero e misero in pratica i suoi insegnamenti – di quanto facesse per quelle persone che non si curavano di lui, che lo denigravano o che anche lo maltrattavano, o per quei devoti che erano indifferenti ai suoi insegnamenti, o che li fraintendevano, o che anche cercavano di distorcerli, di interpretarli male o di travisarli.

Di fatto, se mai sembrò mostrare qualche preferenza, non fu per coloro che lo amavano più sinceramente, ma solo per coloro che avevano meno amore o nessun amore per lui. I devoti che lo amavano più sinceramente, e che cercavano seriamente di seguire i suoi insegnamenti rivolgendo la loro mente all’interno e arrendendola a lui nel centro del loro essere, qualche volta sentivano che esteriormente lui sembrava ignorarli, e dare la sua attenzione solo ad altri devoti meno sinceri. Tuttavia, se essi lo comprendevano correttamente, sapevano che egli dava esteriormente la sua attenzione a coloro che avevano più bisogno di essa, e che se esteriormente li ignorava era solo per incoraggiarli a rivolgersi interiormente per cercare la vera forma del suo amore, che sempre risplende beatamente nel nostro cuore come il nostro essere non-duale e auto-cosciente, ‘io sono’, in attesa di attrarci all’interno con il suo magnetico potere di attrazione.

La ragione per cui egli mostrò uguale amore e gentilezza per ogni persona, noncurante del fatto che una particolare persona potesse essere il peggiore dei peccatori o il più grande dei santi, fu che nella sua visione non c’era differenza essenziale tra un peccatore e un santo, tra un ateo e un devoto, o tra una persona crudele o una persona gentile. Egli sapeva che in essenza ogni persona è lo stesso singolo sé non-duale, che sperimentava come se stesso. Se sembra esserci una cosa come una persona separata, lui o lei sembra esserlo solo a causa della propria immaginaria ignoranza della vera natura dell’unico e reale sé non-duale, che noi tutti sperimentiamo sempre come la nostra auto-consapevolezza essenziale, ‘io sono’.

Non solo noi tutti siamo in essenza lo stesso unico sé non-duale, ma come persone siamo tutti ugualmente ignoranti della nostra vera natura. Anche la nostra conoscenza teorica della nostra vera natura non ci rende meno ignoranti di un’altra persona che non ha tale conoscenza, perché questa conoscenza teorica esiste solo nella nostra mente, che sorge a causa della nostra basilare auto-ignoranza o auto-dimenticanza.

Nella nostra visione di ignoranza di sé, Sri Ramana ci appare come una persona come noi, e anche la nostra onesta convinzione che in realtà egli non è una persona ma solo il nostro infinito sé reale è una fede che esiste solo nella nostra mente. Finché sperimentiamo noi stessi come una persona, e non come l’unico sé reale, infinito e indiviso, non possiamo sperimentare Sri Ramana come il nostro sé essenziale, ma possiamo solo conoscerlo come una persona, sebbene una persona incommensurabilmente superiore a noi.

Quindi nella nostra visione di auto-ignoranza, Sri Ramana sembrava essere una persona, e come tale sembrava vedere ciascuno di noi come una persona separata. Tuttavia, per quanto sembrasse vedere ciascuno di noi come una persona, non vedeva tra noi alcuna differenza essenziale. Egli vedeva noi tutti come uguali nella nostra ignoranza del nostro sé reale. Nella sua visione non c’era una persona più o meno ignorante delle altre. O conosciamo noi stessi come siamo realmente, o ignoriamo la nostra natura reale e sperimentiamo noi stessi come una persona – una mente legata a un corpo.

Poiché nella sua visione noi siamo tutti ugualmente ignoranti, abbiamo tutti ugualmente bisogno della sua karanam illada karunai – la sua grazia senza causa, della sua misericordia, compassione, gentilezza e amore. Niente che possiamo fare può renderci degni della sua grazia, e ugualmente niente che possiamo fare ci può rendere indegni della sua grazia. Proprio come la pioggia cade allo stesso modo sul buono e sul cattivo, la sua divina grazia e amore è ugualmente disponibile a tutte le creature, inclusi i più grandi santi e i più malvagi peccatori, i più brillanti intellettuali e gli stolti più ottusi, i più ricchi e i più poveri, i re e i mendicanti, gli esseri umani e i così detti animali inferiori.

La sua grazia o amore è senza causa perché è la sua natura essenziale, come l’unico e infinito sé reale, egli non può che amare tutto come se stesso, perché egli ci sperimenta come se stesso. Poiché la sua grazia è infinita, e non dipendente da qualche causa diversa da se stessa, non può mai crescere né diminuire. In verità è l’unica realtà – l’unica realtà assoluta, che è eterna, immutabile e auto-risplendente.

Benché Sri Ramana sia realmente l’unica realtà infinita che chiamiamo ‘Dio’, che rende sempre la sua grazia disponibile a ognuno di noi risplendendo eternamente nella più intima profondità del nostro cuore come la cosa a noi più cara – il nostro vero essere auto-cosciente, ‘io sono’ – egli ha manifestato se stesso in forma umana per insegnarci che possiamo sperimentare la perfetta felicità che mai diminuisce e che noi tutti cerchiamo, solo rivolgendo la nostra mente interiormente e quindi abbandonandola nella chiarezza assoluta del nostro essere auto-cosciente non-duale, che è la vera forma della sua grazia o amore.

La sua forma umana fu così una personificazione di parama karuna o suprema compassione, grazia, misericordia, tenerezza di cuore, gentilezza, cura e amore, e come tale nessuna creatura sarebbe mai stata esclusa dalla sua infinita gentilezza e amore. E anche se la sua forma umana scomparve nel 1950, anche prima che molti di noi nascessero, la sua grazia, l’amore e la guida interiore sono sempre disponibili, perché essi sono l’unica realtà eterna che sempre risplende all’interno di noi come ‘io sono’, il nostro più diletto sé. Inoltre, non solo egli sempre rimane come il nostro sé essenziale, ma anche continua a manifestarsi esteriormente nella forma dei suoi preziosi insegnamenti, che sono sempre disponibili per ricordarci costantemente il nostro bisogno di rivolgerci interiormente per sperimentare l’infinita felicità della vera auto-conoscenza.

Per beneficiare del suo amore o grazia in tutta la sua infinita pienezza, tutto ciò che dobbiamo fare è rivolgerci interiormente e bere alla sorgente da cui essa sgorga. Benché la sua grazia ci stia aiutando sempre, finché diamo attenzione a qualsiasi altra cosa diversa dal nostro sé essenziale la stiamo ignorando, e facendo questo stiamo chiudendo le porte del nostro cuore, impedendole di fluire in noi e di consumarci nella sua infinita chiarezza.

La sua grazia è la luce della consapevolezza che risplende all’interno di noi, permettendoci di conoscere sia noi stessi sia tutti gli oggetti immaginari che abbiamo creato nella nostra mente. Sia il soggetto che l’oggetto sono illuminati solo dalla sua grazia, e senza la sua grazia come loro sostanza e realtà essenziale essi non potrebbero neppure sembrare di esistere.

Tuttavia, finché diamo attenzione a qualsiasi forma di oggetto – gli oggetti che riconosciamo come solo pensieri nella nostra mente, o gli oggetti che immaginiamo esistere in un mondo esterno alla nostra mente – stiamo usando impropriamente la luce della sua grazia e stiamo distorcendo il suo infinito e non-duale amore di sé sperimentandolo come il nostro desiderio per qualche oggetto e come la nostra avversione per altri oggetti. Piuttosto che usare impropriamente la sua grazia in questo modo per conoscere oggetti, o pretenderla per soddisfare qualcuno dei nostri desideri meschini, dovremmo trarre un vero beneficio da essa usandola per conoscere noi stessi.

Cioè, la nostra mente, che è la luce distorta della consapevolezza che ora usiamo per conoscere gli oggetti, è una forma riflessa della nostra luce originale di auto-consapevolezza, che è la sua grazia. Quindi se rivolgiamo la nostra mente lontano da tutti gli oggetti e verso la sorgente della sua luce, essa si fonderà in quella sorgente come un raggio di luce solare che è riflesso in uno specchio indietro verso il sole. Rivolgendo in questo modo la luce riflessa della nostra mente indietro su noi stessi, ci arrendiamo alla nostra originale luce di grazia – la nostra fondamentale auto-consapevolezza, ‘io sono’, che è la vera forma dell’amore che chiamiamo ‘Sri Ramana’.

Quando Sri Ramana manifestò se stesso in forma umana, la compassione, la tenerezza di cuore, la gentilezza e l’amore che mostrò verso ogni persona che incontrava fu un’espressione esteriore dell’amore infinito, eterno, indiviso e non-duale che sperimentò come il proprio sé, e che sempre risplende all’interno di ciascuno di noi come il nostro essere essenziale auto-cosciente, ‘io sono’. Quindi l’imparzialità della sua gentilezza e del suo amore esteriori dimostrò chiaramente l’imparzialità assoluta della sua vera grazia interiore, che sempre sorge nel cuore di ogni essere senziente.

Lo stesso amore che mostrò per tutte le persone lo mostrò anche per ogni altra creatura. Egli non considerava qualunque animale come meno degno della sua gentilezza, amore e compassione di qualsiasi essere umano, e gli animali rispondevano naturalmente all’amore che sentivano in lui, e quindi lo avvicinavano senza alcuna paura. Sono stati registrati numerosi episodi della sua vita che illustrano magnificamente la sua relazione straordinaria con animali selvatici e domestici – la tenerezza di cuore, la gentilezza, la cura e l’amore che egli mostrava per essi, e la loro reciproca amorevolezza e fiducia in lui.

Tuttavia, egli non fu solo ugualmente gentile e premuroso con individui animali di ogni specie, ma mostrò anche la sua forte disapprovazione ogni volta che una persona trattava sgarbatamente o causava qualche danno a qualsiasi animale. Non avrebbe tollerato o permesso a persone di uccidere anche animali velenosi come serpenti e scorpioni, e sottolineava che la nostra paura di tali animali è causata solo dall'attaccamento ai nostri corpi. Diceva che proprio come abbiamo cura della nostra vita nel corpo attuale, così ogni altra creatura ugualmente ha cura della propria vita nel suo corpo attuale, e quindi non abbiamo diritto di privare qualunque creatura della sua amata vita, o causare a essa danno o sofferenza di qualsiasi genere.

Un’illustrazione molto chiara della sua compassione e amore illimitati e assolutamente imparziali fu un evento che accadde quando era un giovane uomo. Un giorno mentre stava camminando in un boschetto incidentalmente strofinò la sua coscia contro un nido di calabroni, disturbando i suoi numerosi occupanti, che immediatamente volarono fuori dal nido incolleriti e iniziarono a pungere la sua coscia che aveva provocato il danno. Comprendendo la loro naturale risposta, e sentendosi dispiaciuto per il disturbo che aveva incidentalmente causato loro, egli rimase completamente immobile, e nonostante l’intenso dolore che gli stavano infliggendo, pazientemente permise loro di pungere la sua coscia finché furono completamente soddisfatti e ritornarono nel loro nido. In anni successivi, quando Sri Muruganar scrisse un verso (che è ora incluso in Guru Vachaka Kovai come il verso 815) chiedendogli perché egli si sentì pentito e permise ai calabroni di pungere la sua coscia anche se il disturbo che aveva causato loro non era stato intenzionale, egli rispose componendo il verso 7 di Upadesa Tanippakkal, in cui disse:
Anche se lo sciame di calabroni punse la gamba fino a farla infiammare e gonfiare quando essa toccò e danneggiò il loro nido, che era coperto [e nascosto] nel mezzo del fogliame, e anche se ciò [l’atto di rompere il loro nido] fu un errore che accadde incidentalmente, se uno non si fosse sentito almeno dispiaciuto [compassionevole verso i calabroni e pentito per il disturbo causato loro], quale sarebbe in verità la natura della sua mente [cioè, quanto sarebbe totalmente insensibile e duro di cuore]?
Con la sua vita e il suo esempio Sri Ramana ci ha insegnato la grande importanza non solo della gentilezza, l’amore, la tenerezza di cuore, la considerazione, la compassione e l’ahimsa, ma anche dell’umiltà, l’altruismo, l’assenza di desiderio, la non avidità, la non possessività, il non sprecare, la generosità, l’appagamento, l’auto-contenimento, la rinuncia a se stessi e la totale semplicità dello stile di vita. Nessuna di queste qualità fu da lui coltivata o praticata con qualche sforzo, ma furono tutte completamente senza sforzo, perché erano effetti naturali della sua assoluta assenza di ego.

Poiché egli non sperimentava se stesso come un ego, una consapevolezza individuale limitata e separata, non sperimentava alcuna persona, animale, pianta o oggetto inanimato come diverso da se stesso, e quindi nell’infinita pienezza del suo amore – il suo amore di sé assolutamente non-duale – non c’era spazio anche per la minima traccia di egoismo, avidità, desiderio, attaccamento, possessività, scortesia, insensibilità o qualsiasi altro difetto che tende a sorgere quando confondiamo noi stessi come un ego o mente limitata e legata a un corpo. Egli dunque ha vissuto ciò che ha insegnato, e ha insegnato solo ciò che lui stesso ha vissuto.

Le sue azioni, il suo atteggiamento e la sua reazione a ogni persona, a ogni animale e a ogni situazione ed evento esterno erano quindi insegnamenti che non erano meno potenti o significativi delle sue parole pronunciate o scritte. Egli esemplificò nella sua vita lo stesso stato di assoluta assenza di ego che ci ha insegnato come l’unico fine degno di essere perseguito. Quindi, sebbene non possiamo emulare la sua vita perfettamente senza ego finché confondiamo noi stessi come una persona, una mente o una coscienza-ego legata a un corpo, possiamo imparare molto da essa, e se veramente desideriamo perdere il nostro falso sé individuale nel nostro stato naturale di essere auto-cosciente assolutamente privo di ego, dovremmo umilmente e sinceramente cercare di mettere in pratica nella nostra vita esteriore ciò che siamo in grado di apprendere dalla sua vita esteriore.

Cioè, se desideriamo realmente essere assolutamente privi di ego, dobbiamo iniziare anche ora a praticare le qualità e le virtù altruistiche che sono naturali all’assenza di ego. Se non amiamo e abbiamo a cuore queste qualità, non amiamo realmente lo stato di perfetta assenza di ego.

La coerente semplicità altruista dello stile di vita di Sri Ramana era leggendario ed è stato testimoniato da migliaia di persone. Anche se i suoi devoti costruirono attorno a lui un ashram, una comunità luogo di residenza e di istituzione religiosa, egli mai rivendicò qualcosa come propria. E benché ci furono persone ricche che gli offrirono e sinceramente desideravano donargli qualsiasi cosa potesse volere, egli giovò se stesso di nient’altro che il minimo cibo, vestiario e riparo che era necessario per la sopravvivenza del suo corpo.

Dal tempo in cui lasciò la sua casa all’età di sedici anni fino alla fine della sua vita fisica, egli visse la semplice vita di un sadhu, un religioso mendicante. Il suo solo vestiario era un kaupina, un semplice perizoma. Finché i suoi devoti costruirono per lui un semplice luogo di residenza, visse solo in caverne o in mandapams, corridoi aperti del tempio. Anche negli anni successivi della sua vita, quando visse in una piccola sala che i suoi devoti avevano costruito per lui, le sue porte erano aperte ai visitatori giorno e notte, ed egli la condivideva liberamente con altri residenti permanenti o temporanei, che vivevano e dormivano lì con lui. Egli non aveva una vita privata o tempo riservato a sé, ma era sempre disponibile per chiunque avesse bisogno di lui.

Egli preferiva mangiare solo il cibo più semplice, e anche quando gli era offerto qualche tipo di cibo speciale, che fosse una delicatezza come un dolce o una saporita leccornia, un banchetto elaborato, o anche un tonico medicinale per la salute del corpo, egli lo avrebbe mangiato solo se fosse stato condiviso equamente con tutte le persone che erano presenti. Proprio come condivideva il suo riparo, il suo tempo e la sua intera vita con chiunque in sua presenza, così condivideva con essi liberamente ed equamente qualsiasi cibo o altra cosa materiale gli fosse donata.

Il solo tipo di cibo che evitava rigorosamente, e che consigliava agli altri di evitare rigorosamente, era qualsiasi forma di cibo non vegetariano come carne, pesce o uova. In questo e in molti altri modi egli ci ha insegnato con enfasi che dovremmo sempre evitare ogni azione che potrebbe causare anche il minimo danno, ferita o sofferenza a ogni creatura.

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