Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

martedì 2 agosto 2016

L’osservatore è l’osservato solo quando osserviamo soltanto noi stessi

Michael James

1 Agosto 2016
The observer is the observed only when we observe ourself alone

In un recente commento ad un mio articolo dello scorso anno, ‘Osservazione senza l’osservatore’ e ‘consapevolezza senza scelta’: Perché gli insegnamenti di J. Krishnamurti sono diametralmente opposti a quelli di Sri Ramana, un amico di nome Zubin ha scritto:
Ho letto molto di Krishnamurti quando ero più giovane, e sono d’accordo che il suo approccio può essere stato inutilmente complicato.

Krishnamurti si è focalizzato sull’auto-esplorazione della propria mente. Se sei arrabbiato, disseziona la rabbia per scoprire cosa c’è più profondo di essa, ecc. In effetti, dovresti osservare tutte le piccole aggiunte dell’ego per vedere ognuna di esse come falsa.

Ma alla fine, il principale tema di Krishnamurti fu ‘L’Osservatore è l’Osservato’, che ha ripetuto frequentemente.

Così, in questo senso, non c’è differenza tra il definitivo insegnamento di Krishnamurti e quello di Ramana. Quando fai auto-indagine sei il Sé che sta guardando il Sé. Quando stai osservando il sentire di IO SONO, l’osservatore è anche quello stesso sentire IO SONO, o, in altre parole, l’osservatore è l’osservato.
Ciò che segue è la mia risposta:

Zubin, l’osservatore è l’osservato solo quando stiamo osservando soltanto noi stessi. Così finché osserviamo qualsiasi altra cosa, come la nostra rabbia, le nostre emozioni, i nostri pensieri o qualsiasi altro fenomeno, stiamo dividendo noi stessi, separando noi stessi come un osservatore distinto da qualunque cosa stiamo osservando.

Questo è il modo in cui il nostro ego sorge, si regge e prospera. Osservando, percependo, essendo consapevoli o dando attenzione a qualsiasi cosa diversa da noi stessi ci stiamo apparentemente limitando come un osservatore limitato, separato da qualunque cosa stiamo osservando, e questo osservatore limitato è ciò che è chiamato ‘ego’. È una forma falsa e illusoria di auto-consapevolezza – una consapevolezza di noi stessi come qualcosa di limitato piuttosto che come l’unica infinita e indivisibile consapevolezza che siamo realmente.

La vera consapevolezza che siamo realmente è sempre consapevole di nient’altro che sé stessa, così non può mai dividersi in soggetto e oggetto – un soggetto osservante e oggetti o fenomeni separati osservati da esso. Il soggetto che osserva qualsiasi cosa diversa da sé stesso è il nostro ego, che non è ciò che siamo realmente, così possiamo essere consapevoli di noi stessi come siamo realmente solo osservando niente altro che noi stessi.

Questo è il segreto prezioso che Bhagavan ci ha rivelato. I suoi insegnamenti sono così semplici e chiari. Tutto ciò che abbiamo bisogno di comprendere è questo: osservando o essendo consapevoli di qualsiasi cosa diversa da noi stessi sorgiamo, ci reggiamo e prosperiamo come questo ego, e osservando soltanto noi stessi sprofondiamo e ci fondiamo nella consapevolezza pura, indivisibile e senza alterità che siamo realmente.

Questo principio semplice e fondamentale è espresso chiaramente e sinteticamente da Bhagavan nel verso 25 di Uḷḷadu Nāṟpadu:
உருப்பற்றி யுண்டா முருப்பற்றி நிற்கு
முருப்பற்றி யுண்டுமிக வோங்கு — முருவிட்
டுருப்பற்றுந் தேடினா லோட்டம் பிடிக்கு
முருவற்ற பேயகந்தை யோர்.

uruppaṯṟi yuṇḍā muruppaṯṟi niṟku
muruppaṯṟi yuṇḍumiha vōṅgu — muruviṭ
ṭuruppaṯṟun tēḍiṉā lōṭṭam piḍikku
muruvaṯṟa pēyahandai yōr
.

பதச்சேதம்: உரு பற்றி உண்டாம்; உரு பற்றி நிற்கும்; உரு பற்றி உண்டு மிக ஓங்கும்; உரு விட்டு, உரு பற்றும்; தேடினால் ஓட்டம் பிடிக்கும், உரு அற்ற பேய் அகந்தை. ஓர்.

Padacchēdam (separazione delle parole): uru paṯṟi uṇḍām; uru paṯṟi niṟkum; uru paṯṟi uṇḍu miha ōṅgum; uru viṭṭu, uru paṯṟum; tēḍiṉāl ōṭṭam piḍikkum, uru aṯṟa pēy ahandai. ōr.

அன்வயம்: உரு அற்ற பேய் அகந்தை உரு பற்றி உண்டாம்; உரு பற்றி நிற்கும்; உரு பற்றி உண்டு மிக ஓங்கும்; உரு விட்டு, உரு பற்றும்; தேடினால் ஓட்டம் பிடிக்கும். ஓர்.

Anvayam (parole ridisposte in ordine naturale di prosa): uru aṯṟa pēy ahandai uru paṯṟi uṇḍām; uru paṯṟi niṟkum; uru paṯṟi uṇḍu miha ōṅgum; uru viṭṭu, uru paṯṟum; tēḍiṉāl ōṭṭam piḍikkum. ōr.

Traduzione: Afferrando la forma, l’ego-fantasma senza forma ha origine; afferrando la forma si regge; afferrando e nutrendosi di forma cresce [si distende, si espande, aumenta, si innalza o prospera] abbondantemente; lasciando [una] forma, afferra [un’altra] forma. Se cercato [esaminato o investigato] prenderà il volo. Investiga [o conosci di conseguenza].
Ogni cosa diversa da noi stessi è una forma di un tipo o di un altro, così osservare o essere consapevoli di qualsiasi cosa diversa da noi stessi è ‘afferrare forma’ e quindi alimentare e nutrire il nostro ego. Quindi per distruggere il nostro ego abbiamo bisogno di astenerci dall’osservare o dall’essere consapevoli di qualsiasi cosa diversa da noi stessi, cosa che possiamo fare solo cercando di osservare o di essere consapevoli soltanto di noi stessi. Questo è il motivo per cui Bhagavan conclude questo verso dicendo: ‘தேடினால் ஓட்டம் பிடிக்கும்’ (tēḍiṉāl ōṭṭam piḍikkum), che significa ‘Se cercato [esaminato o investigato], esso [l’ego] prenderà il volo’.

Cioè, questo ego (il soggetto o l’osservatore di oggetti) non è reale, perché non è ciò che siamo realmente ma solo ciò che ora sembriamo essere. Esso sembra esistere e sembra essere noi stessi solo quando siamo consapevoli di qualsiasi cosa diversa da noi stessi, ma quando ci voltiamo a guardare noi stessi, esso prende il volo, perché è solo un fantasma senza forma che sembra esistere solo finché non lo guardiamo abbastanza attentamente.

Questa semplice natura del nostro ego – sembra esistere quando guardiamo da qualche altra parte, ma scompare quando guardiamo noi stessi – è il principio fondamentale dell’intero insegnamento di Bhagavan, e afferrarlo chiaramente nel nostro cuore è la chiave per comprendere tutto quello che egli ci ha insegnato. Se lo comprendiamo e siamo da esso fermamente convinti, non abbiamo bisogno di comprendere alcuna altra cosa. Tutto quello che abbiamo bisogno di fare è cercare persistentemente di guardare noi stessi, chi ora sembra essere questo ego, il soggetto o osservatore.

Guardare, osservare o attendere soltanto a noi stessi non è solo necessario ma anche sufficiente se il nostro unico fine è essere consapevoli di noi stessi come siamo realmente. Come Bhagavan dice nell’ undicesimo paragrafo di Nāṉ Yār?:
ஒருவன் தான் சொரூபத்தை யடையும் வரையில் நிரந்தர சொரூப ஸ்மரணையைக் கைப்பற்றுவானாயின் அதுவொன்றே போதும்.

oruvaṉ tāṉ sorūpattai y-aḍaiyum varaiyil nirantara sorūpa-smaraṇaiyai-k kai-p-paṯṟuvāṉ-āyiṉ adu-v-oṉḏṟē pōdum.

Se ci si stringe fermamente all'ininterrotto svarūpa-smaraṇa [ricordo di sé] fino a che si ottiene svarūpa [il proprio sé reale], quello soltanto sarà sufficiente.
Ciò che egli descrive in questa frase come ‘சொரூப ஸ்மரணை’ (sorūpa-smaraṇai, una forma Tamil del termine Sanscrito svarūpa-smaraṇa), che significa letteralmente ‘auto-ricordo o ricordo di sé’, è ciò che altrove chiama ‘சொரூபத்யானம்’ (sorūpa-dhyāṉam o svarūpa-dhyāna), ‘auto-contemplazione’ o ‘auto-attentività’, e ‘ஆத்மவிசாரம்’ (ātma-vicāram), ‘auto-investigazione’. Quindi ciò che egli ci insegna in questa frase è che non abbiamo bisogno di nient’altro che cercare di essere costantemente e profondamente auto-attentivi.

Questo può sembrare non facile per noi, ma è il solo modo per liberare noi stessi dall’illusione di essere questo ego limitato, l’osservatore di tutte le altre cose, perché dando attenzione a qualsiasi cosa diversa da noi stessi stiamo alimentando, nutrendo e sostenendo questo ego. Benché senza dubbio troveremo difficile essere costantemente auto-attentivi, e benché spesso non riusciamo nel nostro tentativo di esserlo, egli ci ha assicurato che alla fine riusciremo certamente se perseveriamo nel cercare di esserlo.

Come egli dice nel decimo paragrafo di Nāṉ Yār?:
தொன்றுதொட்டு வருகின்ற விஷயவாசனைகள் அளவற்றனவாய்க் கடலலைகள் போற் றோன்றினும் அவையாவும் சொரூபத்யானம் கிளம்பக் கிளம்ப அழிந்துவிடும். அத்தனை வாசனைகளு மொடுங்கி, சொரூபமாத்திரமா யிருக்க முடியுமா வென்னும் சந்தேக நினைவுக்கு மிடங்கொடாமல், சொரூபத்யானத்தை விடாப்பிடியாய்ப் பிடிக்க வேண்டும். ஒருவன் எவ்வளவு பாபியாயிருந்தாலும், ‘நான் பாபியா யிருக்கிறேனே! எப்படிக் கடைத்தேறப் போகிறே’ னென்றேங்கி யழுதுகொண்டிராமல், தான் பாபி என்னு மெண்ணத்தையு மறவே யொழித்து சொரூபத்யானத்தி லூக்க முள்ளவனாக விருந்தால் அவன் நிச்சயமா யுருப்படுவான்.

toṉḏṟutoṭṭu varugiṉḏṟa viṣaya-vāsaṉaigaḷ aḷavaṯṟaṉavāy-k kaḍal-alaigaḷ pōl tōṉḏṟiṉum avai-yāvum sorūpa-dhyāṉam kiḷamba-k kiḷamba aṙindu-viḍum. attaṉai vāsaṉaigaḷum oḍuṅgi, sorūpa-māttiram-āy irukka muḍiyumā v-eṉṉum sandēha niṉaivukkum iḍam koḍāmal, sorūpa-dhyāṉattai viḍā-p-piḍiyāy-p piḍikka vēṇḍum. oruvaṉ evvaḷavu pāpiyāy irundālum, ‘nāṉ pāpiyāy irukkiṟēṉē; eppaḍi-k kaḍaittēṟa-p pōkiṟēṉ’ eṉḏṟēṅgi y-aṙudu-koṇḍirāmal, tāṉ pāpi eṉṉum eṇṇattaiyum aṟavē y-oṙittu sorūpa-dhyāṉattil ūkkam uḷḷavaṉāha v-irundāl avaṉ niścayamāy uru-p-paḍuvāṉ.

Anche se viṣaya-vāsanā [inclinazioni o desideri di essere consapevoli di cose diverse da sé stessi, che sono i semi che fanno sorgere tutti i pensieri o fenomeni], che vengono da tempo immemorabile, sorgono [come pensieri o fenomeni] innumerevoli come onde dell’oceano, essi saranno tutti distrutti quando svarūpa-dhyāna [auto-attentività] aumenta ed aumenta. Senza dare spazio anche al pensiero di dubbio ‘È possibile dissolvere così tante vāsanā e rimanere solo come svarūpa [il mio sé reale]?’ è necessario aggrapparsi tenacemente a svarūpa-dhyāna. Per quanto una persona possa essere grandemente peccatore, se invece di lamentarsi e piangere ‘Sono un peccatore! Come posso essere salvato?’ egli rifiuta completamente il pensiero di essere un peccatore ed è zelante [o fermo] nell’auto-attentività, egli certamente sarà riformato [trasformato in ciò che è realmente].
Come egli ci assicura in questo brano, tutto quello che è richiesto da parte nostra è tenace perseveranza ad essere più possibile auto-attentivi – il tipo di perseveranza che si manifesta come fermo rifiuto di perdere la speranza, non importa quante volte le nostre viṣaya-vāsanā sorgono per trascinare la nostra mente all’esterno, lontano da noi stessi – perché se persistiamo nel cercare di essere auto-attentivi, attirando la nostra mente indietro a noi stessi ogni volta che è distratta lontano da qualsiasi altra cosa, prima o poi saremo riformati, cessando per sempre di sorgere di nuovo come questo ego e rimanendo invece solo come la pura auto-consapevolezza che sempre siamo stati.

Ciò che egli ci consiglia di fare ed i principi sui quali il suo consiglio si poggia sono estremamente semplici e facili da comprendere, e anche da mettere in pratica se abbiamo autentico amore per essere consapevoli di noi stessi come siamo realmente e quindi di arrenderci o lasciare andare ogni altra cosa, incluso il nostro ego. Non è richiesto altro che sincero, travolgente e ardente amore (bhakti) per essere consapevoli soltanto di noi stessi.

I suoi semplici insegnamenti sono quindi fondamentalmente differenti da ciò che la maggior parte degli altri ci insegnano o consigliano di fare. Il consiglio abituale che sentiamo da altri è di dare attenzione a qualcosa diversa da noi stessi o di fare qualcosa diversa da solo cercare di essere semplicemente auto-attentivi, mentre tutto ciò che Bhagavan ci consiglia di fare è di cercare con persistenza di attendere soltanto a noi stessi. Egli dice che non importa quante volte siamo distratti dalla comparsa di altri pensieri, che sono tutto ciò che costituisce questo intero mondo di miriadi di fenomeni, a condizione che perseveriamo nel cercare di rivolgere la nostra attenzione a noi stessi.

Noi tutti sappiamo di avere nella nostra mente molti difetti e impurità, come egoismo, avidità, desiderio, rabbia e così via, o almeno che abbiamo i semi di tutti questi difetti, ma nessuno di questi difetti è un nostro reale problema. Il reale problema che Bhagavan ha identificato, l’unico problema che è la radice di tutti gli altri problemi, è solo il nostro ego. Quindi ciò che abbiamo bisogno di affrontare è solo questo ego e non qualcuno dei suoi numerosi problemi.

Così finché questo ego sopravvive tutti i suoi difetti sopravvivranno insieme con esso, in misura più o meno grande, e anche se riusciamo in una certa misura a superare qualcuno dei nostri difetti come la rabbia, la sua radice, il nostro ego, ancora sopravvivrà. Cos’è che vuole e cerca di superare tutti questi difetti? È solo il nostro ego, così se ci focalizzassimo su qualcuno o su tutti questi difetti nel tentativo di superarli, staremmo con questo sostenendo involontariamente il nostro ego. Questo è il motivo per cui non possiamo mai conquistare la nostra mente e tutti i suoi difetti se rimaniamo come questo ego. Il solo modo per conquistarli tutti è di sradicare il nostro ego.

Questo è il motivo per cui Bhagavan non era interessato a tutti i nostri numerosi altri difetti, e neppure ci consigliava di essere interessati ad essi, perché sapeva che essi sono inevitabili finché sorgiamo e ci reggiamo come questo ego. Quindi il suo intero insegnamento si focalizza solo su quest’unico difetto, il nostro ego, che è la radice di tutti gli altri difetti, e sul mezzo con cui possiamo liberare noi stessi da esso.

Ciò che ci ha insegnato è essenzialmente che, poiché sorgiamo, ci reggiamo e prosperiamo come questo ego solo essendo consapevoli, dando attenzione o osservando qualsiasi cosa diversa da noi stessi, è solo osservando o attendendo soltanto a noi stessi che possiamo dissolvere questo ego – che è solo un fantasma illusorio e senza forma, una consapevolezza erronea di noi stessi come qualcosa diversa da ciò che siamo realmente – e così sprofondare e fonderci nella nostra sorgente in modo tale che non sorgeremo più.

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