Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

venerdì 30 dicembre 2016

Il jñāni è solo pura consapevolezza (prajñāna) e non qualunque persona può sembrare essere

Michael James

27 Dicembre 2016
The jñāni is only pure awareness (prajñāna) and not whatever person it may seem to be


In una serie di due commenti ad uno dei miei articoli recenti, E’ possibile per noi vedere qualsiasi cosa diversa da noi stessi come ‘il Sé’?, un amico di nome Ken ha citato alcuni brani tratti da Maharshi’s Gospel e Day by Day with Bhagavan a sostegno della sua visione che il jñāni ancora mantiene l’ego in qualche forma e compie azioni nel mondo, così questo articolo è la mia risposta a questa sua convinzione.
  1. Ciò che Bhagavan ha risposto dipendeva dalla disponibilità e la capacità di chi poneva la domanda di comprendere ed accettare qualunque cosa egli poteva dire
  2. Upadēśa Undiyār verso 15: per il jñāni non c’è ego o mente e quindi nessuna azione
  3. Il corpo e la mente che il jñāni sembra essere esiste solo nella visione esteriorizzata dell’ajñāni
  4. Uḷḷadu Nāṟpadu Anubandham verso 32: nella chiara visione del jñāni ciò che esiste non è veglia, sogno o sonno ma solo ‘sonno vigile’
  5. L’ego è dēhātma-buddhi (la consapevolezza o idea che un corpo è sé stessi), così esso non può reggersi senza attaccarsi ad un corpo
  6. Uḷḷadu Nāṟpadu Anubandham verso 31: come qualcuno che è addormentato, il jñāni non è affatto consapevole del corpo o di qualsiasi altro fenomeno


1. Ciò che Bhagavan ha risposto dipendeva dalla disponibilità e dalla capacità di chi poneva la domanda di comprendere ed accettare qualunque cosa egli poteva dire

Ken, ciò che Bhagavan ha risposto era secondo le necessità di chi poneva la domanda, così dipendeva dalla loro disponibilità e capacità a comprendere ed accettare qualunque cosa egli poteva dire. Se essi non erano disposti o non erano in grado di accettare o comprendere i principi basilari dei suoi insegnamenti, egli avrebbe dovuto modificarli e presentarli in modo che essi avessero potuto afferrarli ed accettarli, così molte delle sue risposte registrate in libri come Maharshi’s Gospel, Talks e Day by Day non rappresentano i suoi puri insegnamenti ma sono solo una forma diluita di essi.

Quindi non dovremmo prendere tutte queste risposte nel loro valore apparente, ma dovremmo cercare di valutarle e comprenderle alla luce dei principi fondamentali dei suoi insegnamenti come da lui espressi nei suoi scritti originali, in modo particolare Nāṉ Yār?, Uḷḷadu Nāṟpadu e Upadēśa Undiyār, perché se non comprendiamo a quale livello egli ha risposto a ciascuna domanda, finiremo con una comprensione molto confusa e non chiara dei suoi insegnamenti. Inoltre, ciò che egli ha detto non è stato registrato letteralmente in libri come Maharshi’s Gospel, Talks e Day by Day, perché egli parlava in Tamil mentre quei libri sono stati registrati in Inglese, e poiché sono stati scritti a memoria di solito qualche ora dopo, riflettono solo ciò che chi li ha registrati è stato in grado di comprendere e ricordare.

2. Upadēśa Undiyār verso 15: per il jñāni non c’è ego o mente e quindi nessuna azione

Qualunque cosa può aver risposto a particolari persone che gli hanno posto domande, Bhagavan ha, nei suoi scritti originali, reso molto chiaro che per il jñāni non c’è assolutamente ego, e quindi nessuno per compiere qualsiasi azione. Per esempio, nel verso 40 di Uḷḷadu Nāṟpadu egli dice inequivocabilmente, ‘அகந்தை உரு அழிதல் முத்தி’ (ahandai-uru aṙidal mutti), che significa ‘distruzione dell’ego-forma è mukti [liberazione]', intendendo quindi che non possiamo essere liberati o uniti in ātma-jñāna (consapevolezza di noi stessi come siamo realmente) se il nostro ego non è stato sradicato; nel verso 31 di Uḷḷadu Nāṟpadu egli chiede, ‘தன்னை அழித்து எழுந்த தன்மயானந்தருக்கு என்னை உளது ஒன்று இயற்றுதற்கு?’ (taṉṉai aṙittu eṙunda taṉmaya-āṉandarukku eṉṉai uḷadu oṉḏṟu iyaṯṟudaṟku?), che significa ‘Per coloro che godono tanmayānanda [‘beatitudine composta di quello’], che è sorta [come ‘io sono io’] distruggendo loro stessi [l’ego], quale singola [azione] esiste da fare?’, intendendo quindi che per il jñāni non esiste azione; e nel verso 15 di Upadēśa Undiyār egli afferma questo anche più esplicitamente:
மனவுரு மாயமெய்ம் மன்னுமா யோகி
தனக்கோர் செயலிலை யுந்தீபற
தன்னியல் சார்ந்தன னுந்தீபற.

maṉavuru māyameym maṉṉumā yōgi
taṉakkōr seyalilai yundīpaṟa
taṉṉiyal sārndaṉa ṉundīpaṟa
.

பதச்சேதம்: மன உரு மாய மெய் மன்னும் மா யோகி தனக்கு ஓர் செயல் இலை. தன் இயல் சார்ந்தனன்.

Padacchēdam (separazione delle parole): maṉa uru māya mey maṉṉum mā yōgi taṉakku ōr seyal ilai. taṉ iyal sārndaṉaṉ.

Traduzione: Quando la forma della mente è annientata, per il grande yōgi che è [quindi] stabilito come la realtà, non c’è un singolo fare [o azione], [perché] egli ha realizzato la sua [vera] natura [che è essere senza azione].
È solo nella visione dell’ajñāni (questo ego) che il jñāni sembra essere una persona (un corpo e una mente) e quindi sembra compiere azioni. Questo non è per dire, naturalmente, che le azioni fatte da qualunque persona che il jñāni sembra essere non sono importanti, come tu dici, perché per noi ajñāni gli scritti e le altre parole di Bhagavan, per esempio, sono incommensurabilmente importanti, poiché ci insegnano che la radice di tutti i nostri problemi è solo il nostro ego e che il mezzo per liberare noi stessi da esso è di investigare e scoprire ciò che siamo realmente. Tuttavia, sebbene i suoi insegnamenti scritti e orali sono per noi così importanti, egli ci ha chiarito che la loro sorgente è solo il nostro sé (ātma-svarūpa), che è ciò che egli è realmente e che è completamente privo di qualsiasi azione, e che la persona che egli sembrava essere era solo un canale attraverso il quale questi insegnamenti avrebbero potuto essere presentati alle nostre menti rivolte all’esterno.

3. Il corpo e la mente che il jñāni sembra essere esiste solo nella visione esteriorizzata dell’ajñāni

Riguardo i brani che citi dal quinto capitolo di Maharshi’s Gospel (edizione 2002, pagine 27 e 29) e la tua deduzione che anche per il jñāni c’è un ego, ma un ego che ‘non identifica sé stesso con qualche oggetto simultaneamente con il suo sorgere’, Bhagavan rende chiaro che è solo nell’apparenza esteriore (cioè, nella visione esteriorizzata dell’ajñāni) che il jñāni sembra essere un ego, poiché egli dice “anche nel caso del jñāni, per tutti gli scopi esteriori il prarabdha sembrerebbe sostenere o mantenere l’ego, come nel caso dell’ajnani; ma […] nel caso del jnani, al contrario, il sorgere o l’esistenza dell’ego è solo apparente, ed egli gode la sua ininterrotta, trascendentale esperienza nonostante questo apparente sorgere o esistenza dell’ego, mantenendo sempre la sua attenzione (lakshya) sulla Sorgente. […] Mantenendo costantemente la propria attenzione sulla Sorgente, l’ego è dissolto in quella Sorgente come una bambola di sale nel mare” (edizione 2002, pagine 28-9).

La realizzazione di ātma-jñāna comporta il dissolvimento permanente dell’ego nella sua sorgente, come una bambola di sale nel mare, così nella visione dell’ātma-jñāni non c’è niente su cui l’attenzione possa essere fissata oltre a quella sorgente, che è solo pura auto-consapevolezza. Quindi quando Bhagavan dice che nel caso del jñāni ‘per tutti gli scopi esteriori il prarabdha sembrerebbe sostenere o mantenere l’ego’ ma che ‘il sorgere o l’esistenza dell’ego è solo apparente’, dovremmo ovviamente considerare per chi esso è apparente. Poiché il jñāni mantiene ‘sempre la sua attenzione (lakshya) sulla Sorgente’, nessun ego può sembrare esistere nella sua visione, così è solo nella visione esteriorizzata dell’ajñāni che nel jñāni sembra esserci un ego.

Questo è spiegato da Bhagavan in un altro brano nel capitolo finale di Maharshi’s Gospel (edizione 2002, pagine 89-90), in cui è registrato che egli ha detto: “L’esistenza dell’ego in ogni forma, nel jnani o nell’ajnani è essa stessa un’apparenza. Ma all’ajnani che è illuso nel pensare che lo stato di veglia e il mondo sono reali, l’ego anche appare reale. Poiché vede il jnani agire come altri individui, egli si sente costretto a presuppore qualche nozione di individualità anche in riferimento al jnani”.

Dopo aver detto questo, poi gli fu chiesto come ahaṁ-vṛtti (il penisero-io o ego) funziona nel jñāni, a cui ha risposto: “In lui esso non funziona affatto. Il lakshya del jnani è lo stesso cuore, perché egli è uno e identico con quella Pura Coscienza indifferenziata riferita dalle Upanishad come Prajnana [pura consapevolezza]. Prajnana è in verità Brahman, l’Assoluto e non c’è Brahman oltre a Prajnana” (edizione 2002, pagina 90). Cioè, sebbene nella nostra visione il jñāni sembra essere un individuo (una persona con un corpo e una mente), ciò che è realmente è solo brahman, che non è niente altro che pura consapevolezza, prajñāna).

4. Uḷḷadu Nāṟpadu Anubandham verso 32: nella chiara visione del jñāni ciò che esiste non è veglia, sogno o sonno ma solo ‘sonno vigile’

Molte delle domande che le persone chiedevano a Bhagavan riguardo lo stato o l’esperienza del jñāni erano basate sulla loro erronea convinzione che il jñāni sia una persona, un individuo con un corpo e una mente proprio come noi, così Bhagavan generalmente rispondeva a queste domande con riferimento alla persona che il jñāni sembra essere piuttosto che con riferimento alla pura consapevolezza (prajñāna) che è realmente. Per esempio, in un altro commento citi un brano da Guru Ramana in cui Cohen ha registrato che quando ha chiesto a Bhagavan se il jñāni sogna, egli ha risposto: “Si, sogna, ma sa che è un sogno, nello stesso modo in cui conosce che lo stato di veglia è un sogno. Puoi chiamarli sogno N.1 e sogno N.2. Essendo il jñāni stabilito nel 4° stato - Turiya, la Realtà Suprema - testimonia in modo distaccato i tre altri stati – veglia, sogno e sonno senza sogni – come immagini sovrapposte su di esso.”

Quando Bhagavan ha risposto a Cohen che il jñāni sogna, ciò a cui si stava riferendo come ‘il jñāni’ non è ovviamente brahman o prajñāna, che è ciò che il jñāni è realmente, ma solo la persona che esso sembra essere (che è ciò che Cohen intendeva con il termine ‘jñāni’ quando ha posto quella domanda), perché ogni sogno è solo una proiezione della mente, e poiché la mente è solo come un’ombra illusoria, esso non può esistere o anche sembrare esistere nella luce onnipervadente e infinitamente chiara di pura consapevolezza (prajñāna).

Inoltre, anche quando egli ha spiegato che poiché il jñāni è stabilito in turīya (il cosiddetto ‘quarto’ stato, che è realmente il solo stato), ‘egli testimonia con distacco gli altri tre stati […] come immagini sovrapposte su di esso’, ‘egli’ che Bhagavan descrive come testimone degli altri tre stati non è prajñāna ma solo la persona che il jñāni sembra essere, perché nella chiara visione di prajñāna c’è solo uno stato, vale a dire il ‘sonno vigile’ chiamato turīya o turīyātīta, e quindi questi tre stati transitori di veglia, sogno e sonno non esistono realmente perché esso li possa ‘testimoniare’, come Bhagavan spiega inequivocabilmente nel verso 32 di Uḷḷadu Nāṟpadu Anubandham:
நனவு கனவுதுயி னாடுவார்க் கப்பா
னனவு துயிற்றுரிய நாமத் — தெனுமத்
துரிய மதேயுளதாற் றோன்றுமூன் றின்றாற்
றுரிய வதீதந் துணி.

naṉavu kaṉavuduyi ṉāḍuvārk kappā
ṉaṉavu tuyiṯṟuriya nāmat — teṉumat
turiya madēyuḷadāṯ ṟōṉḏṟumūṉ ḏṟiṉḏṟāṟ
ṟuriya vatītan tuṇi
.

பதச்சேதம்: நனவு, கனவு, துயில் நாடுவார்க்கு, அப்பால் நனவுதுயில் ‘துரிய’ நாமத்து எனும். அத் துரியம் அதே உளதால், தோன்றும் மூன்று இன்றால், துரிய அதீதம். துணி.

Padacchēdam (separazione delle parole): naṉavu, kaṉavu, tuyil nāḍuvārkku, appal naṉavu-tuyil ‘turiya’ nāmattu eṉum. a-t-turiyam adē uḷadāl, tōṉḏṟum mūṉḏṟu iṉḏṟāl, turiya atītam. tuṇi.

Traduzione: Per coloro che sperimentano la veglia, il sogno e il sonno, il sonno-vigile, [che è] oltre [questi tre], è chiamato turya [o turīya, il ‘quarto’]. Poiché solo quel turya esiste, [e] poiché i tre [stati] che appaiono [o sembrano esistere] non esistono, sii certo [che turya è realmente] turya-v-atīta [turīyātīta, quello che trascende il ‘quarto’].
Quindi quando Bhagavan ha risposto a domande come quella posta da Cohen, dovremmo comprendere che ciò che ha risposto non rappresenta i suoi insegnamenti nella loro forma pura o la sua reale esperienza, ma era solo una concessione alla comprensione limitata di chi poneva le domande.

5. L’ego è dēhātma-buddhi (la consapevolezza o idea che un corpo è sé stessi), così esso non può reggersi senza attaccarsi ad un corpo

Ritornando ancora una volta ai tuoi due commenti in cui citi brani da Maharshi’s Gospel e deduci che Bhagavan intendeva, ‘Nel caso del jnani, l’ego non identifica sé stesso con qualche oggetto simultaneamente con il suo sorgere. Esso può rimanere senza tale associazione con oggetti’, la vera natura dell’ego è ‘afferrare forma’, come egli spiega nel verso 25 di Uḷḷadu Nāṟpadu, e ‘afferrare forma’ significa attaccare sé stessi ad oggetti, così contrariamente a ciò che tu deduci, l’ego non può mai ‘rimanere senza tale associazione con oggetti’. Come Bhagavan dice nel quarto paragrafo di Nāṉ Yār?, ‘மனம் எப்போதும் ஒரு ஸ்தூலத்தை யனுசரித்தே நிற்கும்; தனியாய் நில்லாது’ (maṉam eppōdum oru sthūlattai y-aṉusarittē niṟkum; taṉiyāy nillādu), che significa ‘La mente si regge solo andando sempre dietro [conformandosi, attaccando sé stessa o attendendo a] uno sthūlam [qualcosa di grossolano, vale a dire un corpo fisico]; da sola essa non si regge’.

Nello stesso commento dici anche, ‘Ramana frequentemente ha affermato che il solo problema è l’identificazione con il corpo/mente, invece del Sé’, e inoltre citi una frase da Maharshi’s Gospel (edizione 2002, pagina 27) in cui è registrato che egli ha detto, “La falsa identificazione di sé stessi con il corpo è dehatma-buddhi o l’idea ‘io-sono-il-corpo’”, ma chi è che identifica sé stesso con il corpo e la mente? In altre parole, chi è consapevole di sé stesso come ‘io sono questo corpo’? Ovviamente ‘il Sé’ (noi stessi come siamo realmente) non è mai consapevole di sé stesso come ‘io sono questo corpo’, perché se fosse consapevole di sé stesso come tale, non sarebbe consapevole di sé stesso come è realmente, e perciò non sarebbe ciò che noi siamo realmente. Quindi ciò che è consapevole di sé stesso come ‘io sono questo corpo’ è solo noi stessi come questo ego, così Bhagavan spesso ha usato spiegare che l’ego è solo questa erronea consapevolezza di noi stessi come ‘io sono questo corpo’, che è ciò che è inteso con il termine ‘dēhātma-buddhi’ (la consapevolezza o idea che il corpo è sé stessi).

Quindi non sei nel giusto deducendo che quando Bhagavan ha detto in Maharshi’s Gospel (edizione 2002, pagina 27), ‘Nel caso dell’ajnani, l’ego identifica sé stesso con qualche oggetto simultaneamente con il suo sorgere. Esso non può rimanere senza tale associazione con oggetti’, egli quindi intendeva, ‘Nel caso del jnani, l’ego non identifica sé stesso con qualche oggetto simultaneamente con il suo sorgere. Esso può rimanere senza tale associazione con oggetti’. Poiché l’ego è dēhātma-buddhi, la falsa consapevolezza che il corpo è sé stessi, non può mai sorgere o reggersi senza afferrare la forma di un corpo come sé stesso.

Sebbene nella nostra visione auto-ignorante può sembrare che il jñāni sia una persona che è consapevole di sé stesso o sé stessa come un corpo e una mente, proprio come siamo noi, e che quindi anche nel caso del jñāni un ego è sorto per essere consapevole di tali cose, ciò che il jñāni è realmente è solo pura consapevolezza (prajñāna), che non è consapevole di nient’altro che sé stesso, poiché esso solo è ciò che esiste realmente.

6. Uḷḷadu Nāṟpadu Anubandham verso 31: come qualcuno che è addormentato, il jñāni non è affatto consapevole del corpo o di qualsiasi altro fenomeno

Nel secondo dei due commenti a cui mi sono riferito all’inizio di questo articolo hai anche citato un brano dalla Parte Uno de Il Sentiero di Sri Ramana (edizione 2005, pagina 163), vale a dire: “Nel corpo di un tale Auto-realizzato (sahaja jnani), lo scorrere della coscienza-‘io’ lungo i nervi, anche dopo la distruzione del nodo di attaccamento, è come l’acqua su una foglia di loto o come una corda bruciata, e di conseguenza non può causare schiavitù. Quindi la distruzione del nodo di attaccamento è in ogni modo indispensabile per la realizzazione dello stato naturale (Sahaja Sthiti), lo stato della distruzione delle tendenze (vasanakshaya)”.

Sebbene questo può sembrare suggerire che il jñāni è consapevole del corpo, non è ciò che Sadhu Om intendeva, perché il corpo del jñāni sembra esistere solo nella visione degli altri e non nella visione del jñāni stesso, come Bhagavan spiega nel verso 31 di Uḷḷadu Nāṟpadu Anubandham:
வண்டிதுயில் வானுக்கவ் வண்டிசெல னிற்றிலொடு
வண்டிதனி யுற்றிடுதன் மானுமே — வண்டியா
மூனவுட லுள்ளே யுறங்குமெய்ஞ் ஞானிக்கு
மானதொழி னிட்டையுறக் கம்.

vaṇḍiduyil vāṉukkav vaṇḍisela ṉiṯṟiloḍu
vaṇḍidaṉi yuṯṟiḍudaṉ māṉumē — vaṇḍiyā
mūṉavuḍa luḷḷē yuṟaṅgumeyñ ñāṉikku
māṉadoṙi ṉiṭṭaiyuṟak kam
.

பதச்சேதம்: வண்டி துயில்வானுக்கு அவ் வண்டி செலல், நிற்றல் ஒடு, வண்டி தனி உற்றிடுதல் மானுமே, வண்டி ஆம் ஊன உடல் உள்ளே உறங்கும் மெய்ஞ்ஞானிக்கும் ஆன தொழில், நிட்டை, உறக்கம்.

Padacchēdam (separazione delle parole): vaṇḍi tuyilvāṉukku a-v-vaṇḍi selal, ṉiṯṟil oḍu, vaṇḍi taṉi uṯṟiḍudal māṉumē, vaṇḍi ām ūṉa uḍal uḷḷē uṟaṅgum meyññāṉikkum āṉa toṙil, ṉiṭṭai, uṟakkam.

Traduzione: Per il mey-jñāni [il conoscitore della realtà], che è addormentato all’interno del corpo di carne, che è come un carro, l’attività [di mente o corpo], niṣṭhā [fermezza, inattività o samādhi] e il sonno sono solo come, per una persona che dorme in un carro, se il carro si muove, se sta fermo o se rimane solo il carro [con i buoi non al giogo].
Proprio come i vari stati di un carro non sono sperimentati da una persona che sta dormendo al suo interno, i vari stati di corpo e mente non sono sperimentati dal jñāni, perché nella chiara ed infinita visione di prajñāna, che è ciò che il jñāni è realmente, non c’è affatto corpo o mente. Perché allora Sadhu Om dice che il flusso di coscienza-‘io’ nel corpo del jñāni è come acqua su una foglia di loto o come una corda bruciata?

È come acqua su una foglia di loto perché non è attaccato a quel corpo, ed è come una corda bruciata perché non è come sembra essere, proprio come una corda bruciata non è realmente una corda anche se può sembrare esserlo nella visione di qualcuno che la guarda superficialmente. Cioè, nella visione del jñāni l’auto-consapevolezza o coscienza-‘io’ è infinita e indivisibile, così non è in alcun modo limitata a qualsiasi forma finita come un corpo, ma nella visione dell’ajñāni, che confonde il jñāni come un corpo particolare, sembra come se il jñāni sperimenti quel corpo come ‘io’.

Come lo stesso Sadhu Om mi ha spiegato quando gli ho chiesto riguardo a ciò, questa parte di Il Sentiero di Sri Ramana (pagine 160-3 e 168-739, in cui spiega riguardo la coscienza che fluisce attraverso le nāḍi (i ‘nervi’ o canali sottili attraverso i quali si diffonde per tutto il corpo), è ciò che ha risposto ad alcune persone che gli hanno chiesto riguardo la connessione tra la pratica di ātma-vicāra e il rāja yōga, ed ha menzionato la coscienza che fluisce attraverso le nāḍi nel corpo del jñāni solo perché quelle persone avevano rivolto a lui domande in un modo che rivelava che non erano ancora pronti ad afferrare il fatto che il jñāni non è realmente qualunque corpo che può sembrare essere nell’illusa visione dell’ajñāni.

Come egli ha spiegato precedentemente in questa parte (pagine 161-2), ‘Poiché la sorgente della mente e del prana è una (il Cuore), quando il nodo dell’attaccamento (abhimana-granthi) è tagliato dall’annientamento della mente attraverso l’Auto-indagine, anche il nodo della schiavitù ai nervi (nadi-bandha-granthi) è tagliato’, così egli mi ha detto che da questo dovremmo comprendere che quando la nostra mente è annientata la nostra connessione con le nāḍi e quindi con il corpo sarà tagliata completamente e permanentemente. Quindi la coscienza del jñāni non ha assolutamente connessione con il corpo, e perciò con qualsiasi altra cosa. Come Bhagavan dice nel verso 28 di Upadēśa Undiyār, ciò di cui il jñāni è consapevole è solo anādi ananta akhaṇḍa sat-cit-ānanda: esistenza-consapevolezza-felicità senza inizio, senza fine (o infinita) e ininterrotta.

Inoltre, se il jñāni fosse consapevole del corpo o di qualsiasi altro fenomeno, questa sarebbe viśēṣa anubhava (un’esperienza di qualcosa di distinto, speciale, nuovo o che non è sempre sperimentato), e come Sadhu Om spiega successivamente nello stesso capitolo (pagine 171-2) l’esperienza di vera conoscenza (jñāna) è nirviśēṣa (completamente priva di qualsiasi cosa che sia in qualsiasi modo distinta, speciale, nuova o non sempre sperimentata). Quindi se vogliamo sinceramente essere consapevoli di noi stessi come siamo realmente e quindi liberare noi stessi da questo ego che ora sembriamo essere, abbiamo bisogno di abbandonare l’idea che ātma-jñāna è qualcosa diversa dalla pura auto-consapevolezza (prajñāna), che essendo pura è completamente priva di qualsiasi consapevolezza di qualcosa diversa da noi stessi, e che è quindi assolutamente intransitiva e nirviśēṣa.

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