Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

lunedì 30 maggio 2016

Come attendere a noi stessi?

Michael James

25 Maggio 2016
How to attend to ourself?

In un commento al mio articolo precedente, Possiamo separarci permanentemente da qualsiasi cosa non è noi stessi solo attendendo soltanto a noi stessi, un amico chiamato Chinmay Shah ha scritto, ‘Volevo solo sapere qualche metodo/tecnica pratica con cui si può attendere al sé. Ho letto il settimo e l’ottavo capitolo di Il sentiero di Sri Ramana – parte 1, e ho compreso che l’auto attenzione è davvero la sola via verso Sé. Ma sarebbe veramente utile, se fosse dato qualche metodo-pratica in cui chiunque legge tutto questo può realmente dare attenzione praticamente al Sé’, così questo articolo è indirizzato a lui in risposta a questo.

Chinmay, riguardo la tua richiesta di ‘qualche metodo-pratica con cui si può attendere al sé’, essere auto-attentivi (o almeno cercare di esserlo) è esso stesso il metodo o tecnica pratica, così per essere auto-attentivi nessun altro metodo o tecnica è richiesta.

C’è qualche metodo o tecnica per vedere qualsiasi cosa è di fronte a te? Solo guardarla è il metodo o tecnica. Per guardarla e quindi vederla non è richiesto nessun altro metodo o tecnica. Ugualmente per vedere ciò che siamo realmente abbiamo solo bisogno di guardare noi stessi. Solo guardare noi stessi è il metodo o tecnica. Per guardare noi stessi e quindi vedere ciò che siamo realmente non è richiesto nessun altro metodo o tecnica.

Naturalmente, ciò che siamo realmente non è qualcosa di fisico, così non possiamo vedere noi stessi con i nostri occhi fisici o qualcuno dei nostri altri sensi fisici, così quando è detto che dovremmo solo guardare noi stessi e quindi vedere ciò che siamo realmente, i termini ‘guardare’ e ‘vedere’ sono usati in senso metaforico, non in senso letterale. Benché non possiamo guardare o vedere noi stessi con i nostri occhi fisici, possiamo farlo con il nostro occhio mentale, che è il nostro potere di attenzione, così ciò che è inteso in questo contesto con ‘guardare’ e ‘vedere’ è solo ‘attendere a’ e ‘essere consapevole di’.

Siamo sempre consapevoli di noi stessi, ma generalmente non siamo attentivamente consapevoli di noi stessi, perché tendiamo ad essere più interessati ad essere consapevoli di altre cose, così dedichiamo tutta la nostra attenzione nella veglia e nel sogno, o la maggior parte di essa, a cose diverse da noi stessi, e dunque trascuriamo di attendere a noi stessi. Questa auto-disattenzione è ciò che è chiamata pramāda, che è la radice di tutti i nostri problemi, così la soluzione è solo sadā-apramāda – perpetua non-dimenticanza – che significa costante auto-vigilanza o auto-attentività.

Tuttavia, quando iniziamo questa pratica non saremo in grado di essere sempre auto-attentivi, ma possiamo esserlo almeno intermittentemente, e perseverando nei nostri tentativi di essere più possibile auto-attentivi possiamo coltivare gradualmente l’abilità di tenerci stretti all’essere così anche mentre siamo impegnati in altre attività. Così per cominciare tutto quello che dobbiamo cercare di fare è solo ritrarre la nostra attenzione indietro a noi stessi ogni volta che notiamo che essa è stata distolta lontano verso qualsiasi altra cosa.

Ora siamo consapevoli di molte cose, ma per quanto possiamo essere consapevoli di qualunque altra cosa siamo sempre consapevoli di noi stessi. Anche quando non siamo consapevoli di niente altro, come nel sonno, siamo consapevoli di noi stessi, così l’auto-consapevolezza è la nostra esperienza fondamentale, e lo sfondo o schermo su cui compare e scompare la consapevolezza di altre cose. Quindi cos’è questa auto-consapevolezza fondamentale che sperimentiamo sempre? Abbiamo solo bisogno di guardarla – attendere ad essa – e vedere.

Questa auto-consapevolezza fondamentale è ciò che siamo realmente, così non è un oggetto, e dunque essere auto-attentivi non comporta il dare attenzione a qualche oggetto. È solo questione di essere attentivamente auto-consapevoli – cioè, essere attentivamente consapevoli della consapevolezza che siamo realmente.

Tu puoi chiedere come fare questo, a cui la sola risposta pratica è: semplicemente prova. Propria come il solo modo per imparare ad andare in bicicletta è quello di cercare con persistenza di farlo, il solo modo per imparare ad essere attentivamente auto-consapevoli è di cercare con persistenza di farlo. Solo con la pratica persistente possiamo imparare qualsiasi arte, sia essa un’arte fisica come andare in bicicletta, un’arte mentale come comprendere una lingua straniera, o questa arte più sottile di tutte: l’arte di essere attentivamente auto-consapevoli.

Nel tuo secondo commento descrivi altre pratiche che hai fatto nel passato, ma tutte queste pratiche comportano il dare attenzione ed essere consapevole di qualcosa diversa da te stesso. Ma chi è quello che è consapevole di tutte queste altre cose? Questo è ciò che hai bisogno di vedere. Per quanto puoi essere consapevole di qualunque altra cosa, hai solo bisogno di volgere la tua attenzione verso te stesso, quello che è consapevole.

Essere attentivamente auto-consapevoli è una pratica estremamente sottile, così può sembrare troppo difficile o astratta se non l’hai provata, ma se perseveri nel provarla ti diverrà sempre più chiaro cos’è realmente e quanto è realmente facile.

Naturalmente quanto esso sembrerà facile o difficile dipende da quanto amore abbiamo per essere consapevoli soltanto di noi stessi, e al contrario quanto desiderio abbiamo per essere consapevoli di qualsiasi altra cosa. Così finché i nostri desideri di essere consapevoli di qualsiasi altra cosa sono forti, essi tenderanno ad attrarre la nostra attenzione lontano da noi stessi verso quelle altre cose, così sperimenteremo una resistenza interna ai nostri tentativi di essere auto-attentivi, e quindi essere fermamente auto-attentivi ci sembrerà difficile.

Tuttavia, anche se può essere per noi difficile continuare ad essere fermamente auto-attentivi, se perseveriamo nel provare ci diventerà sempre più chiaro che essere auto-attentivi è in sé stesso molto facile, e che ciò che lo fa sembrare difficile è solo la nostra riluttanza ad essere per sempre auto-attentivi e quindi consapevoli di niente altro che noi stessi, che è ciò a cui dovremmo aspirare. Nondimeno, non importa quanto forti possono essere i nostri desideri di sperimentare altre cose, se perseveriamo nei nostri tentativi di essere fermamente auto-attentivi, o almeno intermittentemente auto-attentivi per brevi momenti qui e là, i nostri desideri di altre cose saranno gradualmente indeboliti, e così riusciremo infine nei nostri sforzi di essere consapevoli soltanto di noi stessi, a completa esclusione di ogni altra cosa.

Quindi se realmente vuoi conoscere come attendere a te stesso, il solo modo è di cercare di farlo, e di perseverare nel cercare finché riesci. Non c’è altro modo, e non ci sono scorciatoie. Questo è il sentiero diretto a noi stessi, così esso non comporta altro che solo attendere soltanto a noi stessi. Ogni altro metodo o tecnica comporta il dare attenzione a qualcosa diversa da noi stessi, così sarebbe una distrazione non necessaria. Siamo quindi coraggiosi e iniziamo questo sentiero con decisa determinazione di cercare il più possibile di attendere soltanto a noi stessi.

Come Bhagavan ci consiglia nel decimo paragrafo di Nāṉ Yār?:
தொன்றுதொட்டு வருகின்ற விஷயவாசனைகள் அளவற்றனவாய்க் கடலலைகள் போற் றோன்றினும் அவையாவும் சொரூபத்யானம் கிளம்பக் கிளம்ப அழிந்துவிடும். அத்தனை வாசனைகளு மொடுங்கி, சொரூபமாத்திரமா யிருக்க முடியுமா வென்னும் சந்தேக நினைவுக்கு மிடங்கொடாமல், சொரூபத்யானத்தை விடாப்பிடியாய்ப் பிடிக்க வேண்டும். [...]

toṉḏṟutoṭṭu varugiṉḏṟa viṣaya-vāsaṉaigaḷ aḷavaṯṟaṉavāy-k kaḍal-alaigaḷ pōl tōṉḏṟiṉum avai-yāvum sorūpa-dhyāṉam kiḷamba-k kiḷamba aṙindu-viḍum. attaṉai vāsaṉaigaḷum oḍuṅgi, sorūpa-māttiram-āy irukka muḍiyumā v-eṉṉum sandēha niṉaivukkum iḍam koḍāmal, sorūpa-dhyāṉattai viḍā-p-piḍiyāy-p piḍikka vēṇḍum. [...]

Anche se viṣaya-vāsanā [inclinazioni o desideri di essere consapevoli di cose diverse da sé stessi], che vengono da tempo immemorabile, sorgono innumerevoli come onde dell'oceano, essi saranno tutti distrutti quando svarūpa-dhyāna [auto-attenzione] aumenta e aumenta. Senza dare spazio anche al dubbio 'È possibile dissolvere così tante vāsanā e rimanere solo come svarūpa [il mio proprio sé reale]?’ è necessario aggrapparsi tenacemente a svarūpa-dhyāna. [...]
Seguiamo quindi questo consiglio cercando tenacemente di aggrapparci saldamente ad essere auto-attentivi e quindi evitare di essere distratti da ogni pensiero riguardo la nostra incapacità, perché la nostra incapacità non è reale, ma sembra reale solo perché immaginiamo di esserlo, e immaginiamo di esserlo solo perché ancora abbiamo persistenti viṣaya-vāsanā – desideri di essere consapevoli di cose diverse da noi stessi. Il solo modo per sgominare questi desideri è di aggrapparci tenacemente all’auto-attentività, come egli ci consiglia qui.

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