Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

venerdì 17 ottobre 2014

Il Potere di Arunachala


 

Michael James 

Pubblicato per la prima volta in The Mountain Path, 1982
Tratto dal sito web di David Godman http://davidgodman.org/asaints/powerofa1.shtml




Il pensiero di Arunachala 

Vedendo Chidambaram, essendo nato a Tiruvarur, morendo nel Kasi, o semplicemente pensando ad Arunachala, si otterrà sicuramente la Liberazione.
La suprema conoscenza (Auto-conoscenza), il significato del Vedanta, che non può essere ottenuto senza grandi difficoltà, può facilmente essere conseguito da chiunque vede la forma di questa collina da qualsiasi punto è visibile o anche che pensa a essa da lontano.

Tale è la certezza data dal Signore Siva in Arunachala Mahatmyam riguardo al potere del semplice pensiero di Arunachala, e questa certezza ha ricevuto evidente conferma dalla vita e dagli insegnamenti di Bhagavan Sri Ramana.

Nella seconda riga del primo verso di Sri Arunachala Ashtakam Sri Bhagavan ci dice che dalla sua prima infanzia, quando non conosceva nessun’altra cosa, Arunachala risplendeva nella sua mente come ‘il più grande’. E questo pensiero di Arunachala lavorò la sua mente al punto che all’età di sedici anni una grande paura della morte sorse in lui e fece rivolgere la sua mente verso se stessa fino a farla annegare per sempre nella sua sorgente.
Nei suoi scritti Sri Bhagavan ha ripetutamente confermato il misterioso potere che il pensiero di Arunachala ha sulla mente. Nel suo Collected Works in Tamil, sotto l’immagine di Arunachala, c’è un verso che può essere considerato come il suo dhyana sloka (verso di contemplazione) sul suo Sadguru, Arunachala Siva.

In questo verso egli canta: “Questo è Arunachala-Siva, l’oceano di grazia che concede liberazione quando è pensato”.
Nel primo verso di Sri Arunachala Aksharamanamalai (La ghirlanda nuziale di Lettere) egli canta, ‘O Arunachala, tu sradichi l’ego in coloro che pensano di te nel cuore come “Arunachala”’.
Nel verso 102 di Aksharamanamalai, egli canta, ‘O Arunachala, nel momento in cui pensai ad Arunai [la santa città di Arunachala] fui preso in trappola dalla tua grazia. Può mai venir meno la rete della tua grazia?’
E nell’ultima riga del secondo verso di Sri Arunachala Navamanimalai (La Collana di Nove Gemme) egli canta, 'Mukti Ninaikka varul Arunachalam,' che significa, ‘Arunachala, del quale il semplice pensiero concede la liberazione’.
Ma solo nel verso decimo di Sri Arunachala Patikam Sri Bhagavan rivela realmente come il pensiero di Arunachala opera nella mente per sradicare l’ego. In questo verso egli canta:

Ho visto una meraviglia, una magnetica collina che attrae l’anima vigorosamente. Arrestando le attività dell’anima che pensa a essa anche una volta, attirandola a guardare verso se stesso, l’Uno, rendendola così immobile come se stesso, si alimenta di quella dolce anima [pura e matura]. Che meraviglia è questa! O anime, siate salvate pensando a questa grande Arunagiri, che risplende nella mente come il distruttore dell’anima [l’ego].

Le parole 'oru tanadu abhimukhamaha irttu,' ‘attirandola di fronte a se stesso, l’Uno,’ qui usate da Sri Bhagavan rappresentano un modo mistico di dire ‘attirando l’anima a volgersi all’interno e guardare verso il Sé, l’unica realtà’. Così in questo verso Sri Bhagavan rivela come il pensiero di Arunachala opera all’interno della mente per fermare le sue attività, per attrarre la sua attenzione verso il Sé e quindi renderla immobile. In altre parole, Sri Bhagavan garantisce che il pensiero di Arunachala condurrà la mente al sentiero di Auto-investigazione, il ‘sentiero diretto per tutti’, come è accaduto nel suo caso.
Conoscendo per esperienza personale questo unico potere di Arunachala, Sri Bhagavan nell’ultima riga di questo verso ci consiglia con fiducia, ‘O anime, siate salvate pensando a questa grande Arunagiri, che risplende nella mente come il distruttore dell’anima!’ 






La Forma di Arunachala 

Sri Bhagavan ha detto che Arunachala  è il supremo Sé che risplende come ‘io’ nel cuore di tutti gli esseri viventi. In altre parole, Arunachala è davvero la realtà non-duale che trascende tempo, spazio, nome e forma. Quindi, molti dei versi nei Cinque Inni ad Arunachala, essendo di natura molto mistica, possono essere bene interpretati come rivolti al Sé senza nome e senza forma, piuttosto che al nome e alla forma di Arunachala. Per questa ragione, alcuni devoti tendono a vedere la rivelazione di Sri Bhagavan sul potere di Arunachala come puramente allegorica, e alcuni chiedono anche, ‘ Dal momento che Arunachala è il Sé, perché dovremmo conferire una qualche importanza particolare a questa collina’. Al fine di comprendere più pienamente l’importanza che Sri Bhagavan conferì al nome e alla forma di questa collina, è per noi necessario avere una visione ampia dei suoi insegnamenti. Nel verso quattro di  Ulladu Narpadu (I Quaranta Versi sulla Realtà) Sri Bhagavan dice, ‘Se si è una forma, il mondo e Dio lo saranno anche altrettanto’. Cioè, anche essi saranno forme. Nella prima riga del terzo verso di Sri Arunachala Ashtakam egli si rivolge ad Arunachala e canta, ‘Quando mi rivolgo a te, ritenendo che tu abbia una forma, tu ti ergi qui come una collina sulla terra’.

Cioè, fino a che identifichiamo il corpo come ‘io’, è ugualmente vero che questa collina è Dio. Effettivamente, Sri Bhagavan era solito dire che poiché identifichiamo il corpo come ‘io’, il Signore Siva, la Realtà Suprema, per la sua immensa compassione per noi, identifica questa collina come ‘io’, in modo che possiamo vederlo, pensarlo e quindi ricevere la sua grazia e la sua guida. ‘Solo per rivelare il tuo [trascendente] stato senza parola [cioè attraverso il silenzio], tu ti ergi come una collina risplendente dalla terra al cielo,’ canta Sri Bhagavan nell’ultima riga del secondo verso di Sri Arunachala Ashtakam

Fino a che sentiamo il nome e la forma del nostro corpo come ‘io’, non possiamo concepire Dio come niente altro che un nome e una forma. Anche se pensiamo che Dio sia senza forma, proprio questo stesso  pensiero riguardo Dio è una forma – una mera concezione mentale. Questo è il motivo per cui Sri Bhagavan dice nella seconda riga del terzo verso di Ashtakam, ‘Se uno cerca di pensare alla tua natura come senza forma, è come quello che vaga per il mondo per vedere il cielo’.

Essendo il perfetto Maestro spirituale che fu, Sri Bhagavan sapeva bene quanto è importante e necessaria la forma di Dio per la mente umana, che è sempre attaccata alle forme. E dalla sua propria esperienza personale  egli conosceva l’unico potere nella forma di Arunachala, un potere che non poteva essere trovato in tale abbondanza in nessuna altra forma di Dio, vale a dire il potere di volgere la mente verso il Sé e quindi sradicare l’ego.

Nel verso undici di Sri Arunachala Patikam, Sri Ramana esclama con gioia e meraviglia, ‘Guarda! Quanti ci sono come me che sono stati distrutti pensando a questa collina come il Supremo…,’ in tal modo assicurandoci che se guardiamo a questa collina come Dio, i nostri ego saranno sicuramente distrutti. Sebbene Arunachala appare esteriormente come una collina di semplice roccia insenziente, il vero devoto la comprende come il Supremo Signore onnisciente, onnipotente e che tutto ama, che lo sta guidando sia interiormente sia esteriormente ad ogni passo e corso della vita, conducendolo fermamente e sicuramente verso il fine dell’assenza di ego. ‘Che meraviglia! Essa si erge come una collina insenziente [tuttavia] la sua azione è misteriosa – impossibile per chiunque da comprendere,’ canta Sri Bhagavan  nella prima riga di  Sri Arunachala Ashtakam.  




 Il Nome di Arunachala  

Di tutti i nomi di Dio, il nome più caro al cuore di Sri Bhagavan fu Arunachala. Ciascuno dei 108 versi di Sri Arunachala Aksharamanamalai termina con il nome di Arunachala, e il ritornello è ‘Arunachala Siva, Arunachala Siva, Arunachala Siva, Arunachala!’ Dal grande amore che Sri Bhagavan aveva per questo nome, è chiaro che egli lo riteneva non meno potente della forma di Arunachala. Questo fatto è confermato nel verso settanta di Aksharamanamalai in cui Sri Bhagavan canta, ‘O Arunachala, il preciso momento in cui ho pensato il tuo nome, mi ha catturato e attirato a te stesso. Chi può comprendere la tua grandezza?’
Ci sono molti accadimenti nella vita di Sri Bhagavan che illustrano il suo grande amore per il divino nome di Arunachala, ma forse il più sorprendente avvenne durante i suoi ultimi momenti. Circa venticinque minuti prima che lasciasse il corpo, i devoti riuniti iniziarono a cantare Aksharamanamalai.

Udendo il nome della sua amata Arunachala, Sri Bhagavan aprì gli occhi, che brillarono d’amore, e lacrime di estasi scesero sulle sue guance. 

Sebbene Sri Bhagavan non diede mai mantra diksha né accettò formalmente qualcuno come suo discepolo, molti devoti credono che Arunachala è il nama-mantra che egli ha concesso all’intero mondo. Quando un Guru da formalmente un mantra a un suo discepolo, gli spiega il significato e il senso di ciascuna lettera del mantra e lo istruisce sul frutto che si può ottenere meditando su quel mantra.  Nello stesso modo, nel secondo verso di Sri Arunachala Navamanimalai Sri Bhagavan ha spiegato il significato di ciascuna sillaba nel nome Arunachala e ha dichiarato che il semplice pensare al suo nome concederà liberazione. Da ciò possiamo dedurre che Arunachala è il jnana-panchakshari, il mantra di cinque sillabe che concede jnana.
Inoltre, la tradizione ci dice che quando un mantra è dato da un jnani e quando egli spiega il significato di ciascuna sillaba del mantra, egli sta realmente imponendo il suo potere nel mantra. Quindi, se alcuni devoti di Sri Bhagavan desiderano avere un mantra, possono molto bene prendere Arunachala come il mantra che lui ha apertamente donato loro.

Il potere del nome Arunachala fu una volta confermato direttamente da Sri Bhagavan. Nel 1948 un certo devoto venne a lui da Bombay, e  portò con sé un taccuino su cui aveva scritto il nome ‘Arunachala Siva’ molte migliaia di volte. Nell’ultima pagina di questo taccuino il devoto scrisse una preghiera con il senso seguente, ‘O Bhagavan, nella vita di Sarada Devi [la moglie di Sri Ramakrishna] è scritto che lei ha detto che se anche un animale muore nel Kasi esso otterrà la liberazione. Quindi, benignamente concedimi il favore della morte nel Kasi.’ e diede il taccuino a Sri Bhagavan.

Bhagavan sfogliò il taccuino e quando giunse all’ultima pagina  lesse a voce alta la preghiera del devoto: immediatamente espresse la più grande sorpresa ed esclamò, 'Smaranat Arunachalam!'
Le parole 'Smaranat Arunachalam' significano ‘ricordare Arunachala’, e si trovano proprio nello stesso verso Sanscrito che dice che morendo nel Kasi uno otterrà la liberazione. Bhagavan allora si voltò verso la libreria girevole al suo lato e tirò fuori un libro, probabilmente Arunachala Mahatmyam. Aprendolo come casualmente, egli lesse una frase in Tamil che diceva, ‘Un ‘Arunachala’ è di uguale potere a un crore (unità di misura indiana) di “Om Nama Sivaya”’

‘Om Nama Sivaya’ è ritenuto dai Saivas di tutta l’India come il mantra più sacro e potente. Dopo aver letto alcune parti di questo libro che enfatizzava l’unica grandezza e il potere di Arunachala, Sri Bhagavan infine ripose il libro da parte e spiegò al devoto che non tutti possono vedere Chidambaram, né tutti possono essere nati a Tiruvarur, e neppure tutti possono morire nel Kasi, ma tutti possono pensare di Arunachala ovunque possano essere, e in tal modo otterranno sicuramente la liberazione.

Da questo caso possiamo comprendere come Sri Bhagavan incoraggiava senza esitazione i devoti ad avere fede assoluta in Arunachala. Se devoti di modello mentale scettico venivano a lui chiedendo come il semplice pensiero di Arunachala avrebbe potuto concedere liberazione, era solito spiegare il significato allegorico di questo detto, poiché questo solo avrebbe soddisfatto la loro mente. Ma se i devoti venivano a lui con fede semplice e pura, egli avrebbe rafforzato la loro fede e confermato il significato letterale di questo detto, poiché conosceva per esperienza personale il grande potere del nome e della forma di Arunachala. 



L’eccezionale santità di Arunachala 

In India ci sono innumerevoli luoghi santi (kshetras) che sono sacri al Signore Siva o a qualche altro nome e forma di Dio, e molti di essi sono più conosciuti e popolari di Arunachala. Tuttavia c’è un verso in Arunachala Mahatmyam, che è stato selezionato e tradotto in Tamil da Sri Bhagavan, che dice:

Arunachala è veramente il luogo santo. Di tutti i luoghi santi è il più sacro! Sappiate che essa è il cuore del mondo. E’ veramente lo stesso Siva! E’ la sua dimora del cuore, uno kshetra segreto. In quel luogo il Signore sempre dimora come la collina di luce chiamata Arunachala.

Ogni volta che a Sri Bhagavan fu chiesto riguardo alla speciale santità di Arunachala, era solito spiegare che gli altri luoghi come Kails, Kasi e Chidambaram sono sacri perché sono le dimore del Signore Siva mente Arunachala è lo stesso Signore Siva. Comunque, come dice il verso di Arunachala Mahatmyam sopra citato, Arunachala è uno kshetra segreto. Perché è questo luogo che concede Jnana e poiché la maggioranza delle persone ha così tanti altri desideri e non vuole veramente jnana, Arunachala è rimasta sempre relativamente poco conosciuta. Ma per quei pochi che cercano Jnana, Arunachala si fa sempre conoscere tramite qualsiasi mezzo. 

L’eccezionale santità e il potere di Arunachala- kshetra fu una volta confermato da un fatto che accadde nella vita di Sri Bhagavan. Per il suo grande amore per Sri Bhagavan, un certo devoto voleva portarlo al suo luogo nativo, Chidambaram. Ma piuttosto che chiedere direttamente a Sri Bhagavan di arrivare a Chidambaram, egli iniziò a chiedergli se era mai stato a vedere il Signore Nataraja nel Tempio di Chidambaram. Quando Sri Bhagavan rispose che non c’era stato, il devoto iniziò a descrivere la grandezza di Chidambaram, dicendo che era il più sacro Siva-kshetra nell’India del Sud, che così tanti santi e saggi avevano vissuto lì e avevano cantato in lode al Signore Nataraja, e via di seguito. Sri Bhagavan ascoltò tutto ciò che disse con paziente interesse, ma non mostrò segni di voler visitare Chidambaram.
Vedendo questo, il devoto alla fine disse, ‘Chidambaram è anche più grande di Arunachala, perché tra i panchabuta lingams [i lingams che rappresentano i cinque elementi] Chidambaram è il lingam dello spazio, mentre Arunachala è solo il lingam del fuoco. Dato che i quattro elementi, terra, acqua, aria e fuoco, devono alla fine fondersi nello spazio, lo spazio è l’elemento principale.’
Sentendo questo, Sri Bhagavan sorrise e disse, ‘Tutti i cinque elementi vengono in esistenza solo quando Sakti apparentemente rinuncia a identificarsi con il Signore Siva, il Sé Supremo (Paramatman). Dato che i cinque elementi sono in questo modo solo le creazioni di Sakti, lei è superiore a tutti essi. Quindi, più importante del luogo in cui gli elementi si fondono, è il luogo in cui la stessa Sakti si fonde. Poiché Sakti danza in Chidambaram, il Signore Siva deve danzare davanti a lei e in tal modo farla divenire immobile. Ma in Arunachala il Signore Siva rimane sempre immobile  (achala), e quindi Sakti automaticamente e senza sforzo si fonde in lui grazie al suo grande amore. Quindi, Arunachala risplende come il kshetra più importante e più potente, perché qui Sakti, che ha apparentemente creato tutta questa molteplice apparenza, si fonde essa stessa nel Signore. Così per quei maturi aspiranti che cercano di mettere fine alla falsa apparenza della dualità, l’aiuto più potente è trovato solo in Arunachala-kshetra.' 

Successivamente, il 24 Giugno del 1928, Sri Bhagavan sintetizzò questa sua risposta nella forma di un verso, che divenne più tardi il primo verso di Sri Arunachala Navamanimalai. In questo verso egli dice:

Sebbene egli è veramente immobile per natura, nella corte [di Chidambaram] il Signore Siva danza davanti a Sakti, rendendola in tal modo immobile. Ma sappiate che [in Tiruvannamalai] il Signore Arunachala risplende trionfante, e quella Sakti si fonde nella sua immobile forma. 




Il Gurutvam di Arunachala  

Arunachala è sempre stata rinomata come l’elargitore della liberazione, il distruttore dell’ego, colui che rimuove la falsa nozione ‘io sono il corpo’ – come il  jnana-Guru per eccellenza.

Quando Brahma e Vishnu iniziarono a litigare, essendo illusi d’orgoglio ed egoismo, il Signore Arunachala Siva apparve davanti a loro nella forma di una colonna di fuoco, in questo modo sgominando il loro egoismo e insegnando loro la vera conoscenza. Quando Sakti, la Dea Parvati, desiderò ottenere uno stato in cui non avrebbe potuto essere ingiusta, il Signore Siva la mandò ad Arunachala, dove lei si fuse e divenne uno con lui. Così, anche per Brahma e Vishnu, Arunachala fu Guru, e per Parvati fu il luogo dove perse la sua individualità separata.

In tutte le ere santi e saggi hanno cantato versi in Sanscrito, in Tamil e in altri linguaggi Indiani, magnificando l’eccezionale potere di Arunachala di sradicare l’ego e concedere Auto-conoscenza. Tutti i quattro grandi saggi Saiva del Tamil Nadu, Manikkavachagar, Sundaramurti, Appar e Jnanasambandhar, hanno cantato in lode di Arunachala. In un verso spesso messo in evidenza da Sri Bhagavan, Jnanasambandhar descrisse questa collina come jnana-tiral, una densa massa di jnana. E Sundaramurti, cantando in Tiruvanaikka, ricorda Arunachala e canta, ‘O Annamalai, tu puoi essere conosciuto solo a coloro che abbandonano l’attaccamento al corpo’.

Queste storie e poemi puranici di antichi saggi confermano il fatto che Arunachala è il supremo jnana-Guru. Ma questo fatto ha ricevuto la più evidente conferma da Sri Bhagavan. Nel verso diciannove di Aksharamanamalai egli dichiara esplicitamente che Arunachala risplende come la forma del suo Guru; e nello stesso verso rivela la funzione del reale Guru, cioè distruggere tutti i nostri difetti, incluso il difetto radice, l’ego,  concederci tutte le buone qualità e guidarci.

In molti dei suoi altri versi Sri Bhagavan ha indicato chiaramente che il ruolo di Arunachala è il ruolo del Sadguru. Per esempio, in Aksharamanamalai egli canta che Arunachala sradica l’ego di coloro che pensano a esso (verso 1), che annienta coloro che si avvicinano a esso come Dio (verso 48) e che distrugge l’attaccamento di coloro che giungono a esso con attaccamento (verso 77). Egli anche rivela che Arunachala istruisce attraverso il silenzio (verso 36) e che insegna il sentiero dell’auto-investigazione (verso 44); e ci mostra il modo per pregare Arunachala di concedere  jnana (verso 40) per rivelare il Sé come la realtà (verso 43) e per farci abbandonare l’attaccamento al corpo (verso 75). Egli ha anche confermato con la sua esperienza il potere di Arunachala come Guru. Nel verso otto di Sri Arunachala Navamanimalai  canta che, al fine di mettere fine alla sua sofferenza nel mondo, Arunachala ‘mi diede il suo proprio stato’; e nel verso nove egli descrive la meraviglia della grazia di Arunachala dicendo, ‘Sei entrato nella mia mente, mi hai attirato e stabilito nel tuo proprio stato’.

Tutto ciò che Sri Bhagavan ha detto riguardo al potere di Arunachala corrisponde esattamente con ciò che ha detto riguardo al potere del Guru. Nel verso 268 di Guru Vachaka Kovai (La Ghirlanda dei Detti del Guru)  dice che il Guru è colui che possiede il supremo potere di far fondere ogni anima che viene a lui nel Sé, la conoscenza al di la della parola. Il Guru opera in molti modi per far fondere il discepolo nel Sé. ‘Egli da una spinta dall’ ‘esterno’ ed esercita una spinta dall’ ‘interno’, in modo che tu possa essere fissato nel Centro,’ dice Sti Bhagavan a pagina 36 del Vangelo di Maharshi. Dall’ ‘esterno’ il Guru da istruzioni verbali per far rivolgere la mente del discepolo verso il Sé, ed anche permette al discepolo di avere un’associazione (satsang) con la sua forma, e quindi di ottenere la forza necessaria e l’amore per rivolgersi all’interno e dare attenzione al Sé. Per dare istruzioni verbali al Guru è necessario essere in forma umana, ma per dare satsang e sottile guida interiore egli può essere in qualsiasi forma. 

Sri Bhagavan è venuto come il Guru in forma umana per darci le necessarie istruzioni verbali, e ha rivelato che Arunachala è il Guru nella forma di una collina con cui possiamo sempre avere satsang. Come qualsiasi corpo umano, la forma umana del Guru inevitabilmente un giorno scomparirà, mentre la forma di Arunachala rimarrà sempre. Così, sebbene Sri Bhagavan ha lasciato la sua forma umana, ci ha fornito tutti i requisiti di aiuto esterno: ci ha lasciato con una registrazione permanente dei suoi insegnamenti verbali, e ci ha mostrato una forma con cui possiamo sempre avere satsang. Quindi, per i devoti di Sri Bhagavan non ci sarà mai alcun bisogno di cercare un altro Guru esterno, poiché tutto l’aiuto necessario e la guida sono sempre disponibili a noi nella forma degli insegnamenti  di Sri Bhagavan e il satsang di Arunachala.

Il potere del satsang di Arunachala fu spesso confermato da Sri Bhagavan.

Il Dr. T.N.Krishnaswamy riporta a pagina 7 del Ramana Pictorial Souvenir, che Sri Bhagavan una volta gli ha detto: L’intera collina è sacra. E’ lo stesso Siva. Proprio come identifichiamo noi stessi con un corpo, così Siva ha scelto di identificare se stesso con questa collina. Arunachala è pura saggezza (jnana) nella forma di una collina. Per compassione verso coloro che lo cercano egli ha scelto di rivelare se stesso nella forma di una collina visibile all’occhio. I cercatori otterranno guida e conforto rimanendo vicino a questa collina.





Arunachala-pradakshina  

Arunachala è la personificazione fisica di Sat, la realtà, e quindi avere contatto con essa in qualsiasi modo è satsang.  Pensare ad Arunachala è satsang, vedere Arunachala è satsang, e vivere vicino ad Arunachala è satsang. Ma un modo molto speciale di avere satsang con Arunachala è fare Arunagiri-pradakshina, che è il camminare scalzi attorno alla collina tenendo il proprio lato destro.

La grande importanza che Sri Bhagavan assegnava al  giri-pradakshina è ben conosciuto a tutti i devoti  che vissero con lui. Egli stesso fece pradakshina innumerevoli volte, e incoraggiò attivamente e spontaneamente i devoti a seguire il suo esempio.

‘Bhagavan, che quasi mai diede consigli ai devoti salvo che fossero richiesti, incoraggiò sinceramente il loro camminare intorno alla collina come un contributo al progresso della loro sadhana,’ scrisse Lucia Osborne in The Mountain Path, Gennaio 1974, pag. 3. 

Devaraja Mudaliar riporta che l’importanza di pradakshina divenne a lui evidente ‘dai frequenti riferimenti dello stesso Bhagavan al suo grande significato, e dal fatto che migliaia di persone lo facevano, includendo quasi tutti i più vicini discepoli di Bhagavan, anche coloro che potevano essere considerati i più avanzati fra loro.’ (My Recollections of Bhagavan Sri Ramana, p. 64)

Sebbene relativamente poco è stato registrato di ciò che Sri Bhagavan era solito dire riguardo il potere di pradakshina, non c’è dubbio che lo considerasse un atto di grande efficacia spirituale.
Infatti diceva che i benefici che possono essere ottenuti con la meditazione e varie altre forme di controllo della mente solo dopo grande lotta e sforzo, saranno raggiunti senza sforzo da coloro che girano attorno alla collina.

‘Bhagavan spesso disse che coloro che non erano in grado di meditare sarebbero riusciti nel loro tentativo girando attorno Arunachala,’ scrisse Suri Nagamma in My Life at Sri Ramanasramam, p. 144. 

Kunju Swami registra a pagina 108 di Enadu Ninaivugal ciò che Bhagavan una volta gli disse. ‘Cosa è meglio di pradakshina? Questo solo è sufficiente.’

Mentre decantava l’efficacia spirituale di pradakshina, Sri Bhagavan qualche volta narrava la storia di Re Vajrangada Pandya, che è narrata in Arunachala Mahatmyam. Vajrangada Pandya fu un potente monarca che regnò sulla maggior parte dell’India del Sud, ma un giorno gli fu detto da alcuni esseri celesti che nella sua vita precedente era stato Indra, il sovrano dei cieli, e che se avesse adorato Arunachala avrebbe riottenuto la sua posizione precedente. Sentendo questo, subito rinunciò al suo regno e, con l’intenso desiderio di divenire Indra, iniziò ad adorare Arunachala girando attorno alla collina tre volte il giorno. Dopo tre anni di tale adorazione, il Signore Siva apparve davanti a lui e gli offrì qualsiasi richiesta avesse supplicato.  Sebbene la sua ambizione originale era stata quella di diventare Indra, facendo così tanti pradakshinas la sua mente si era così maturata da realizzare che era inutile pregare per un tale piacere transitorio. Perciò pregò il Signore Siva per l’eterna felicità dell’Auto-conoscenza.  Questa storia illustra in modo adatto che anche se una persona inizia a fare pradakshina per l’appagamento di desideri terreni, la sua mente sarà nel tempo maturata e otterrà la giusta discriminazione (viveka), assenza di desideri (vairagya) e amore per il Sé (swatma-bhakti). 

Generalmente, ogni volta saggi o scritture prescrivono qualche forma di adorazione dualistica, sia per l’appagamento di desideri terreni sia per il raggiungimento dell’Auto-conoscenza, essi sempre dicono che ciò deve essere fatto con fede. Ma Sri Bhagavan diceva che il potere di Arunachala è tale che anche se uno fa pradakshina senza fede, essa avrà ancora il suo effetto e purificherà senza dubbio la mente.
Devaraja Mudaliar annota a pagina 64 di My Recollections che Sri Bhagavan gli disse, ‘Per  tutti è buono fare il giro della collina. Non importa neppure se uno ha fede o no in questo pradakshina; proprio come il fuoco brucerà tutti coloro che lo toccano sia che essi credano a esso o meno, così la collina farà del bene a tutti coloro che girano attorno ad essa.’

Poiché Arunachala è il ‘fuoco di conoscenza’   (jnanagni) nella forma di una collina, le tendenze estroverse (vasanas) della mente sono automaticamente inaridite quando uno gira attorno ad essa. Quando della legna umida è avvicinata a un fuoco, gradualmente si asciugherà, e a un certo punto prenderà fuoco. In modo simile, quando la mente che è inzuppata di tendenze mondane va attorno alla collina, le tendenze gradualmente si seccheranno e a un certo punto la mente diventerà pronta per essere bruciata dal fuoco di jnana. Questo è il motivo per cui Sri Bhagavan disse a Kunju Swami, ‘Questa collina è il deposito di tutto il potere spirituale. Andare attorno ad essa vi beneficia in tutti i modi’. (The Mountain Path, Aprile 1979, pag. 75) 

I benefici spirituali del pradakshina sono stati descritti da Sri Sadhu Om in uno dei suoi  poemi Tamil, Sri Arunachala Pradakshina Manbu. Nei versi sei e sette egli dice, ‘Una mucca che pascola in cerchio attorno al picchetto che la tiene legata, non sa che la lunghezza della sua corda sta in tal modo diminuendo. In modo simile, quando vai attorno ad Arunachala, come può la tua mente sapere che in questo modo sta diminuendo? Quando la mucca continua a girare sempre di più a un certo punto sarà fermata strettamente dalla sua corda. In modo simile quando la mente amorevolmente va sempre di più attorno Annamalai [Arunachala], che è il Sé, infine rimarrà immobile dimorando nel Sé, avendo perduto tutti i suoi movimenti [vrittis].’

Nel verso otto egli dice, ‘E’ una verità ben provata che le menti di quei devoti che girano sempre attorno Arunachala raggiungono grande amore per rivolgersi verso il Sé. Annamalai è la fiammeggiante e selvaggia collina di fuoco [il fuoco di Jnana] che brucia e riduce in cenere tutti i nostri desideri terreni.’ E nel verso nove egli fa la similitudine di un pezzo di ferro sfregato contro un magnete; proprio come gli atomi sparsi di ferro sono tutti allineati dal magnete verso un'unica direzione uniforme, trasformando in questo modo il ferro in un magnete, nello stesso modo quando una persona gira attorno Arunachala, il divino magnete, la sua mente sparsa è rivolta verso il Sé ed è quindi trasformata nel Sé.

Sri Muruganar, che fu un grande saggio e uno dei principali discepoli di Sri Bhagavan, era celebre per essere un devoto amante di pradakshina. Nei giorni di Sri Bhagavan egli era solito scrivere a ogni amico che stava venendo a trovarlo, ‘Mi troverai o nella sala di Bhagavan o sul sentiero giri-pradakshina,’ e si dice che un tempo egli girava attorno la collina anche quotidianamente. Il modo in cui egli venne a conoscenza della grandezza di giri-pradakshina è riferito da Kunju Swami in The Mountain Path, Aprile 1979, pag. 83, come segue: 

Qualche tempo dopo il suo arrivo qui, Sri Muruganar chiese a Bhagavan riguardo il beneficio spirituale di girare attorno alla collina (giri-pradakshina). Bhagavan gli chiese di andare prima a fare il giro e poi di venire da lui. Sri Muruganar seguì il suo consiglio e più tardi disse a Bhagavan che egli aveva perduto in breve tempo il suo  dehatma buddhi [senso di identificazione con il corpo] e lo aveva recuperato solo dopo aver raggiunto Adi-Annamalai [un villaggio sulla strada]. Egli riferì a Sri Bhagavan che l’esperienza fu inaspettata e unica. Sri Bhagavan sorrise e disse, ‘Ora comprendi?’

Questo evento prova molto chiaramente il potere di pradakshina, e mostra che anime mature possono anche perdere il loro senso di identificazione con il corpo girando attorno la collina. Esso anche illustra ciò che Sri Bhagavan intendeva quando diceva che girando attorno la collina uno poteva sperimentare il sanchara-samadhi, uno stato di beatitudine senza pensiero mentre si cammina.

Sebbene un tale stato senza pensiero non è sperimentato da tutti i devoti quando girano attorno la collina, questo non significa che il loro pradakshina non sta dando frutto. Il principale beneficio di  pradakshina è che le tendenze (vasanas) perdono lentamente la loro presa sulla mente, ma proprio come un bambino non può facilmente percepire la propria crescita, così la mente non può facilmente percepire l’indebolimento delle proprie vasanas.

Comunque, una caratteristica molto rilevante di pradakshina che può essere percepita da chiunque e che indica chiaramente la sua efficacia spirituale è lo straordinario potere di attrazione che essa esercita sulle menti dei devoti. Senza una ragione speciale uno si sente attratto a girare attorno Arunachala ancora e ancora.

‘Gira attorno alla collina una volta. Vedrai che essa ti attrarrà,’ disse Sri Bhagavan a Devaraja Mudaliar (My Recollections, pag.65). 

‘Bhagavan diceva che se uno girava attorno la collina una volta o due, la collina stessa lo avrebbe attirato a girarci ancora attorno. Io ho scoperto che è vero. Ora questo sta succedendo al Dr. Syed,’ scrive Devaraja Mudaliar in Day by Day with Bhagavan, 19 Dicembre, 1945. 

In Letters from Sri Ramanasramam, volume 2, lettera 98, Suri Nagamma prende nota di queste parole di Sri Bhagavan, ‘La dhyana [meditazione] che non puoi ottenere mentre stai seduto, la ottieni automaticamente se fai pradakshina. Il luogo e l’atmosfera qui sono così. Per quanto una persona non è in grado di camminare, se gira attorno alla collina una volta sentirà di continuare ancora e ancora. Tanto più vai, ancor più sarà l’entusiasmo. Esso non diminuisce. Una volta che una persona è abituata alla felicità di  pradakshina, non può mai lasciarla.’

Proprio come la mente è attratta automaticamente dal Guru, sapendo intuitivamente che egli può concedere felicità eterna, per la stessa ragione la mente si sente attratta automaticamente da giri pradakshina.

Arunachala-Ramana 

Per comprendere il potere di Arunachala, è prima necessario comprendere la relazione che esisteva tra Arunachala e Bhagavan. Per Bhagavan , Arunachala fu Madre, Padre, Guru e Dio – fu il suo tutto in tutto, il suo proprio Sé.

Sri Bhagavan spesso disse, ‘Dio, Guru e Sé sono uno e lo stesso,’ e per lui Arunachala fu tutti questi tre. Nel verso quarantotto di Aksharamanamalai  si riferisce ad Arunachala come il suo Dio, nel verso diciannove come il suo Guru, e nel verso cinque di Atma Vidya Kirtanam (Il Canto sulla Scienza del Sé) come ‘Annamalai, il mio Sé’.

Veramente, Arunachala è Ramana e Ramana è Arunachala. I due sono inseparabili. Arunachala è Ramana nella forma di una collina, e Ramana è Arunachala nella forma umana. L’unità che Sri Bhagavan sentiva con Arunachala è rivelata in molti dei suoi versi.    

Quando un devoto indagò sulla sua vera natura, egli rispose, ‘Arunachala-Ramana è il Supremo Sé che beatamente dimora come consapevolezza nella caverna del cuore di tutte le anime iniziando da Hari (Signore Vishnu)….’

Lo stesso nome, ‘Arunachala-Ramana’, che egli usava mentre si riferiva a se stesso, lo usa anche mentre di rivolge alla collina nell’ultimo verso di  Aksharamanamalai, e nel verso novanta chiama la collina ‘Ramana’. Quando Sri Bhagavan compose  Sri Arunachala Pancharatnam (Le Cinque Gemme)  in Sanscrito, un devoto compose un verso conclusivo in cui diceva che questi cinque versi erano una Upanishad rivelata da Srimad Ramana Maharshi. Più tardi, quando Sri Bhagavan tradusse questo inno in Tamil, adattò questo verso conclusivo e sostituì il nome 'Arunagiri-Ramana' al nome 'Srimad Ramana Maharshi', indicando in questo modo che fu la stessa Arunagiri (Arunachala) nella forma di Ramana che cantò questo inno. 

Da tutto ciò, è chiaro che Sri Bhagavan  non sperimentava individualità o una propria esistenza separata da Arunachala.


Sebbene Bhagavan Ramana ha lasciato la sua forma umana, egli rimarrà sempre qui risplendente nella forma di Arunachala, dando guida e conforto ai suoi devoti. 
Quindi, il potere di Arunachala è il potere di Ramana – il potere della grazia del Sadguru.


O Arunachala, oceano di grazia nella forma di una collina, concedi la grazia su di me!

(Sri Arunachala Aksharamanamalai, verso 17

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