Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

lunedì 28 dicembre 2015

Quale sat-sanga ci libererà dal nostro ego?

Michael James

9 Giugno 2008
Which sat-sanga will free us from our ego?

In un commento a un articolo precedente, Felicità e l’Arte di Essere è ora disponibile su Amazon e altri siti, un amico Anonimo ha scritto:
Sto leggendo il tuo libro. Penso che la maggior parte delle persone trovano difficile affondare nel Sé trascendendo la consapevolezza corporea perché hanno da fare del lavoro ogni giorno e dunque la loro identificazione con il corpo rimane e così anche le vasana. Reggersi su una tenue corrente del Sé non aiuta realmente perche è spesso perduta quando la mente è immersa profondamente nel lavoro. La mia domanda è: Cosa richiede il trascendere la consapevolezza corporea e ahamkara? È il volere o desiderare l’auto-realizzazione ad esclusione di ogni altra cosa finché il fine è raggiunto (che significherebbe condurre una vita meditativa)? È essere alla presenza di un guru che può essere visto con gli occhi? Suppongo che tu hai avuto la fortuna di passare del tempo con Sadhu Om. Sei tu o conosci un guru che è stabilito nello stato naturale?
Ciò che segue è una risposta a queste domande:

La chiave per trascendere il nostro ahamkara o falso ego e la consapevolezza corporea che lo accompagna è, come dice Anonimo, “desiderare l’auto-realizzazione ad esclusione di ogni altra cosa finché il fine è raggiunto”.

Tuttavia, piuttosto che descrivere questo completo e sincero amore di sé o svatma-bhakti come un ‘desiderio’, sarebbe più adatto descriverlo come vero ‘amore’, perché lo stato di ‘auto-realizzazione’ o vera auto-conoscenza non-duale non è uno stato che la nostra mente o ego può ottenere per sé, ma è lo stato in cui essa sarà completamente distrutta e perduta per sempre. In altre parole, l’auto-conoscenza non è qualcosa che la nostra mente può aggiungere a sé, quindi accrescendo sé stessa ed aiutandosi a soddisfare il proprio desiderio di auto-preservamento, che è il suo desiderio più fondamentale. Al contrario, l’auto-conoscenza è lo stato in cui la nostra mente perderà interamente sé stessa.

Quindi la vera auto-conoscenza non può essere il frutto di qualche desiderio di auto-gratificazione, ma può solo essere il frutto di profondo amore privo di ego per l’assoluta rinuncia di sé stessi. Cioè, per sperimentare la vera auto-conoscenza non-duale, il nostro amore di conoscere e di essere niente altro che il nostro sé reale – il nostro essere essenziale senza-pensiero – deve essere così intenso da renderci disposti a rinunciare alla nostra mente, alla nostra personalità, al nostro corpo ed a ogni altra cosa che ora immaginiamo essere noi stessi.

Questa svatma-bhakti o vero amore per il nostro sé reale può essere accesa in noi studiando gli insegnamenti di Sri Ramana, e proseguendo ripetutamente questo studio possiamo mantenere vivo il fuoco del nostro amore e ardere radiosamente.

Essere solamente alla presenza fisica di un vero guru non è la forma più efficace di sat-sanga, perché se non siamo realmente devoti al nostro sadguru e quindi completamente dedicati a seguire i suoi insegnamenti, anche se viviamo la nostra intera vita alla sua presenza fisica rimarremo semplicemente come “l’ombra scura alla base di un lampione” senza disperdere l’oscurità del nostro ego o auto-ignoranza, come Sri Ramana ci consiglia nel verso 152 di Guru Vachaka Kovai.

Quindi il sat-sanga mentale è molto più efficace del semplice sat-sanga fisico. In altre parole, pensare a Sri Ramana o meditare sui suoi insegnamenti con grande amore è una forma di sat-sanga molto più efficace del semplice essere alla sua presenza fisica senza sentire un amore profondo per lui e per il sentiero di rinuncia a sé stessi che egli ci ha insegnato.

Tuttavia, benché sravana e manana – studiare e meditare con vero amore – sugli insegnamenti di Sri Ramana sono la forma più efficace di sat-sanga mentale, sono ancora solo forme esteriori di sat-sanga, e quindi non sono affatto efficaci quanto il vero sat-sanga interiore, che è la reale pratica di profondo ricordo di sé, auto-attentività o acuto auto-scrutinio. Poiché la parola sat significa ‘essere’ o ‘realtà’ e poiché il solo vero essere o realtà è il nostro essere essenziale auto-cosciente, ‘io sono’, la forma di sat-sanga più vero e più efficace è il nostro stato naturale di essere auto-cosciente senza pensiero.

Senza questa nididhyasana o reale pratica di atma-vichara – auto-scrutinio, auto-attentività o solo essere esclusivamente auto-coscienti – anche sravana e manana sugli insegnamenti di Sri Ramana ci saranno solo di beneficio molto limitato, perché se non focalizziamo la nostra intera attenzione sul nostro essere essenziale auto-cosciente, ‘io sono’, ad esclusione assoluta di tutti gli altri pensieri, non saremo in grado di liberare completamente noi stessi dalla presa auto-ingannevole della nostra mente o ego. Di conseguenza nel tredicesimo paragrafo di Nan Yar? (Chi sono io?) Sri Ramana dice:
Essere completamente assorbiti in atma-nishtha [auto-dimora, che è il nostro stato naturale di essere auto-cosciente non-duale], non dando anche il minimo spazio al sorgere di qualsiasi pensiero diverso da atma-chintana [auto-contemplazione, il ‘pensiero’ del nostro sé reale], è donare noi stessi a Dio…
Nel suo commento Anonimo ha scritto, “… Reggersi su una tenue corrente del Sé non aiuta realmente perché è spesso perduta quando la mente è immersa profondamente nel lavoro…”, e quindi ha suggerito che può essere necessario per noi condurre “una vita meditativa”, intendendo quindi una vita con poco o nessun lavoro esterno. Tuttavia, l’ostacolo reale che ci impedisce di mantenere una ‘tenue corrente’ di ricordo di sé o auto-attentività non è realmente qualche lavoro in cui possiamo essere impegnati, ma è solo la nostra mancanza di vero amore per dimorare nel nostro stato naturale di essere auto-cosciente senza pensiero.

Se abbiamo un grande desiderio per qualcosa, o anche un’intensa paura di qualcosa, il pensiero o ricordo di quella cosa continuerà a tornarci in mente, non importa quanto attivamente possiamo essere impegnati in qualche altro lavoro fisico o mentale. Nello stesso modo, se abbiamo veramente un intenso amore per il nostro sé reale – il nostro essere essenziale auto-cosciente, ‘io sono’ – il ricordo di questo ‘io sono’ continuerà a tornarci in mente anche nel pieno del nostro lavoro.

Se ancora non abbiamo questo intenso amore di sé o svatma-bhakti, anche se riusciamo ad evitare tutto il lavoro e siamo per questo in grado di trascorrere la maggior parte del nostro tempo in ‘meditazione’, durante la nostra ‘meditazione’ la nostra mente non si aggrapperà fermamente alla profonda auto-consapevolezza senza pensieri ma si allontanerà pensando ad altre cose per le quali abbiamo desiderio. Quindi se abbiamo vero amore di sé, un’esteriore ‘vita meditativa’ non sarà necessaria, e se non abbiamo vero amore di sé, un’esteriore ‘vita meditativa’ ci sarà di scarsa utilità.

Quindi Sri Ramana ci consiglia di non preoccuparci troppo della vita esteriore, o di qualsiasi lavoro in cui ci dobbiamo impegnare (secondo il nostro destino o prarabdha, che è ordinato da Dio per il nostro vero beneficio spirituale), ma di concentrarci sulla sola cosa che importa realmente, che è coltivare vero amore per il nostro stato naturale di essere auto-cosciente senza pensiero, cosa che possiamo fare realmente solo praticando persistentemente il ricordo di sé. Questo è il motivo per cui ha detto nei paragrafi dieci e undici di Nan Yar? (Chi sono io?):
… Senza dare spazio al pensiero dubitante, ‘È possibile dissolvere così tante vasana [impulsi o desideri latenti di dare attenzione a cose diverse da noi stessi] ed essere [o rimanere] solo come il sé?, [noi] dovremmo aggrapparci tenacemente a svarupa-dhyana [auto-attentività]. … Se ci si aggrappa fermamente a un ininterrotto svarupa-smarana [ricordo di sé] finché si ottiene svarupa [il proprio sé essenziale], quello solo [sarà] sufficiente. …
Benché Anonimo può aver ragione nel dire che “la maggior parte delle persone troverebbe difficile affondare nel Sé” il solo mezzo con cui possiamo superare questa difficoltà apparente è perseverare tenacemente nella nostra pratica di svarupa-dhyana o svarupa-smarana – auto-attentività o ricordo di sé, che è la vera pratica di atma-vichara o auto-investigazione – perché qualsiasi difficoltà apparente possiamo sperimentare è causata solo dalla nostra mancanza di vero amore di sé o svatma-bhakti, e poiché possiamo coltivare il vero amore di sé più efficacemente e completamente solo per mezzo della tenace pratica persistente solo di essere attentivamente, vigilantemente ed esclusivamente auto-coscienti. Quindi, non importa quante volte possiamo perdere la nostra presa sul nostro ricordo di sé, dovremmo continuare, perseverando con incrollabile amore, ad attirare tenacemente la nostra attenzione verso noi stessi ogni volta che si allontana da noi.

Dal momento che Sri Ramana ci ha quindi insegnato che il perfetto sat-sanga – il solo sat-sanga che ci stabilirà direttamente e infallibilmente nel nostro stato naturale di auto-conoscenza non-duale e senza pensiero – è questa semplice pratica di ricordo di sé o solo essere attentivamente auto-coscienti, perché dovremmo permettere a noi stessi di essere distratti da questa sottile pratica interiore permettendo alla nostra mente di andare all’esterno cercando altre forme più grossolane e quindi meno perfette di sat-sanga come essere alla presenza fisica di una persona che noi crediamo abbia ottenuto l’esperienza non-duale di vera auto-conoscenza?

Anche se troviamo una persona che ha ottenuto realmente questa esperienza, questa persona ci dirà solo ciò che Sri Ramana ci ha già detto, vale a dire che possiamo ottenere questa stessa esperienza solo rivolgendo la nostra mente all’interno, lontano da ogni altra cosa che è esterna o estranea al nostro sé reale, e quindi affondare nel nostro cuore – il centro più profondo del nostro essere – per annegare per sempre nell’assoluta chiarezza dell’auto-consapevolezza non-duale e senza pensiero. Come Sri Ramana dice nel verso 16 di Upadesa Undiyar:
Solo il conoscere della [nostra] mente la propria forma di luce [la sua vera forma di essere auto-cosciente e non-duale, ‘io sono’], avendo rinunciato [a conoscere] gli oggetti esterni, è vera conoscenza.
La funzione della forma umana esteriore del guru è quella di insegnarci che la vera forma del guru è solo il nostro sé reale, e che possiamo quindi sperimentare il vero sat-sanga con il guru solo rivolgendoci interiormente e sprofondando nella chiara luce del suo essere auto-risplendente, ‘io sono’. Solo per mezzo di questo vero sat-sanga possiamo conoscere noi stessi come siamo realmente e quindi liberarci dal nostro ego e da tutte le sue vasana o desideri auto-ingannevoli.

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