Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

lunedì 20 marzo 2017

Cos’è il ‘ricordare il Signore’ o il ‘ricordo di Arunachala’?

Michael James

19 Marzo 2017
What is ‘remembering the Lord’ or ‘remembrance of Arunachala’?

Questo articolo è adattato dalla risposta che ho scritto a un amico che ha chiesto: ‘Nell’Induismo, è scritto che se uno ricorda il Signore al tempo della morte otterrà Moksha. Ramana Maharshi sembra approvare lo stesso insegnamento riguardo ad Arunachala. Ho letto il sentiero di Sri Ramana di Sadhu Om e ho praticato per molti anni ciò che egli chiama Jnana japa. Ho visitato la santa montagna di Arunachala molti anni fa. Ora ho 60 anni e sono negli ultimi anni della mia vita. Mi sto chiedendo se sarebbe meglio cambiare la mia pratica di ricordare il Nome di Arunachala. Ogni consiglio che puoi darmi è apprezzato’.

Ricordare il nome di Arunachala (o Ramana, che è lo stesso) è certamente benefico, ma dovremmo ricordare che il reale significato di questi nomi non è solo la forma della collina o della forma umana di Bhagavan, ma è prima di tutto la nostra fondamentale auto-consapevolezza, ‘io sono’. Quindi il ricordo dei loro nomi non dovrebbe essere un sostituto per il ricordo di sé ma dovrebbe completarlo e sostenerlo.

Come Bhagavan dice nell’undicesimo paragrafo di Nāṉ Yār?:
ஒருவன் தான் சொரூபத்தை யடையும் வரையில் நிரந்தர சொரூப ஸ்மரணையைக் கைப்பற்றுவானாயின் அதுவொன்றே போதும்.

oruvaṉ tāṉ sorūpattai y-aḍaiyum varaiyil nirantara sorūpa-smaraṇaiyai-k kai-p-paṯṟuvāṉ-āyiṉ adu-v-oṉḏṟē pōdum.

Se ci si stringe fermamente all’ininterrotto svarūpa-smaraṇa [ricordo di sé] fino a che si ottiene svarūpa [la propria forma o natura reale], quello solo sarà sufficiente.
Questo è il semplice sentiero di auto-investigazione (ātma-vicāra) che Bhagavan ci ha insegnato, ed egli ha spiegato che non solo è sufficiente ma anche che è necessario, perché è il solo mezzo con cui l’ego può essere distrutto, poiché dare attenzione a qualsiasi cosa diversa da sé stesso nutre l’ego e sostiene la sua esistenza apparente. Quindi tutte le altre pratiche sono utili solo nella misura in cui esse infine conducono o aiutano a sostenere questa pratica essenziale di ricordo di sé, auto-attentività o auto-investigazione.

Riguardo l’ottenere mōkṣa ricordando il Signore al tempo della morte, mōkṣa (liberazione) è solo la morte dell’ego, perché l’ego è ciò che è legato ed è quindi la radice di tutta la schiavitù, e come Bhagavan ha spiegato, l’ego morirà solo quando rivolgiamo interiormente la nostra intera attenzione per investigare cosa esso è, così ricordare il Signore al tempo della morte significa rivolgere la nostra mente interiormente per guardare soltanto noi stessi, come Bhagavan intende nel verso 22 di Uḷḷadu Nāṟpadu:
மதிக்கொளி தந்தம் மதிக்கு ளொளிரு
மதியினை யுள்ளே மடக்கிப் — பதியிற்
பதித்திடுத லன்றிப் பதியை மதியான்
மதித்திடுக லெங்ஙன் மதி.

matikkoḷi tandam matikku ḷoḷiru
matiyiṉai yuḷḷē maḍakkip — patiyiṯ
padittiḍuda laṉḏṟip patiyai matiyāṉ
matittiḍuda leṅṅaṉ mati
.

பதச்சேதம்: மதிக்கு ஒளி தந்து, அம் மதிக்குள் ஒளிரும் மதியினை உள்ளே மடக்கி பதியில் பதித்திடுதல் அன்றி, பதியை மதியால் மதித்திடுதல் எங்ஙன்? மதி.

Padacchēdam (separazione delle parole): matikku oḷi tandu, am-matikkuḷ oḷirum matiyiṉai uḷḷē maḍakki patiyil padittiḍudal aṉḏṟi, patiyai matiyāl matittiḍudal eṅṅaṉ? mati.

அன்வயம்: மதிக்கு ஒளி தந்து, அம் மதிக்குள் ஒளிரும் பதியில் மதியினை உள்ளே மடக்கி பதித்திடுதல் அன்றி, பதியை மதியால் மதித்திடுதல் எங்ஙன்? மதி.

Anvayam (parole ridisposte in ordine naturale di prosa): matikku oḷi tandu, am-matikkuḷ oḷirum patiyil matiyiṉai uḷḷē maḍakki padittiḍudal aṉḏṟi, patiyai matiyāl matittiḍudal eṅṅaṉ? mati.

Traduzione: Considera, tranne che rivolgendo la mente all’interno [e quindi] immergendola completamente nel Signore, che risplende all’interno di quella mente dando luce alla mente, come conoscere il Signore con la mente?
Ciò a cui egli qui si riferisce come ‘பதி’ (pati), ‘il Signore’ o ‘Dio’, è la pura auto-consapevolezza che siamo realmente, che è la vera forma di Dio e che risplende all’interno della mente dandole la luce della consapevolezza con cui essa è in grado di essere consapevole sia di sé stessa che di altre cose.

Quindi piuttosto che meditare su Arunachala o Ramana come se fossero qualcosa diversa da noi stessi, è meglio meditare su di essi come noi stessi, ‘io’, come Bhagavan ci insegna nel verso 8 di Upadēśa Undiyār:
அனியபா வத்தி னவனக மாகு
மனனிய பாவமே யுந்தீபற
     வனைத்தினு முத்தம முந்தீபற.

aṉiyabhā vatti ṉavaṉaha māhu
maṉaṉiya bhāvamē yundīpaṟa
     vaṉaittiṉu muttama mundīpaṟa
.

பதச்சேதம்: அனிய பாவத்தின் அவன் அகம் ஆகும் அனனிய பாவமே அனைத்தினும் உத்தமம்.

Padacchēdam (separazione delle parole): aṉiya-bhāvattiṉ avaṉ aham āhum aṉaṉiya-bhāvam-ē aṉaittiṉ-um uttamam.

Traduzione: Piuttosto che anya-bhāva [meditazione su Dio come se fosse qualcosa diversa da sé stessi], ananya-bhāva [meditazione su di lui come niente altro che sé stessi], in cui egli è io, è certamente la migliore tra tutte.
Ciò che egli intende qui dicendo che meditare su Dio come niente altro che sé stessi, ‘io’, è ‘அனைத்தினும் உத்தமம்’ (aṉaittiṉ-um uttamam), ‘la migliore tra tutte’, è che è il migliore di tutti i mezzi di purificare la mente (che è il soggetto di cui egli discute dal verso 3 al verso 7), la migliore di tutte le forme di meditazione, la migliore di tutte le pratiche di devozione (bhakti) e la migliore di tutte le pratiche spirituali , perché è il solo mezzo con cui l’ego può arrendere interamente sé stessa a Dio e quindi cessare di esistere come l’entità separata che sembra essere finché dà attenzione a qualsiasi cosa diversa da sé stessa. Questo è il motivo per cui Bhagavan ha detto nella prima frase del tredicesimo paragrafo di Nāṉ Yār?:
ஆன்மசிந்தனையைத் தவிர வேறு சிந்தனை கிளம்புவதற்குச் சற்று மிடங்கொடாமல் ஆத்மநிஷ்டாபரனா யிருப்பதே தன்னை ஈசனுக் களிப்பதாம்.

āṉma-cintaṉaiyai-t tavira vēṟu cintaṉai kiḷambuvadaṟku-c caṯṟum iḍam-koḍāmal ātma-niṣṭhā-paraṉ-āy iruppadē taṉṉai īśaṉukku aḷippadām.

Solo essere ātma-niṣṭhāparaṉ [uno che è fermamente fissato in sé stesso], non dando anche il minimo spazio al sorgere di alcun cintana [pensiero] diverso da ātma-cintana [pensiero di sé stesso], è donare sé stesso a Dio.
Ciò a cui egli qui si riferisce come ātma-cintana, ‘pensiero di sé stesso’ o ‘auto-attentività’, è il significato reale di ‘pensiero di Arunachala’ o ‘ricordo di Arunachala’, perché Arunachala è l’unica auto-consapevolezza infinita che risplende all’interno del cuore di ciascuno di noi come ‘io’. Questo è il motivo per cui egli ha composto nel primo verso di Śrī Aruṇācala Akṣaramaṇamālai:
அருணா சலமென வகமே நினைப்பவ
     ரகத்தைவே ரறுப்பா யருணாசலா.

aruṇā calameṉa vahamē niṉaippava
     rahattaivē raṟuppā yaruṇācalā
.

பதச்சேதம்: அருணாசலம் என அகமே நினைப்பவர் அகத்தை வேர் அறுப்பாய் அருணாசலா.

Padacchēdam (separazione delle parole): aruṇācalam eṉa ahamē niṉaippavar ahattai vēr aṟuppāy aruṇācalā.

Traduzione: Arunachala, tu sradichi l’ego di coloro che pensano che Arunachalam è solo ‘io’.

Traduzione alternativa: Arunachala, tu sradichi l’ego di coloro che pensano che Arunachalam è all’interno del [loro] cuore [o: che pensano ‘Arunachalam’ all’interno del [loro] cuore].
அகம் (aham) è sia una parola Tamil che significa, dentro, all’interno, cuore, o casa sia una forma Tamil del pronome Sanscrito अहम् (aham), che significa ‘io’, e in molti contesti in cui Bhagavan usa questa parola può essere interpretata in un senso o nell’altro, come in questo caso. Se la prendiamo nel significato di ‘io’, ‘அருணாசலம் அகமே என நினைப்பவர்’ (aruṇācalam ahamē eṉa niṉaippavar) significherebbe ‘coloro che pensano che Arunachalam è solo io’ (o ‘coloro che pensano che solo Arunachalam è io’), mentre se la prendiamo nel significato di ‘cuore’ o ‘all’interno’, ‘அருணாசலம் என அகமே நினைப்பவர்’ (aruṇācalam eṉa ahamē niṉaippavar) significherebbe ‘coloro che pensano ‘Arunachalam’ all’interno del [loro] cuore’, o ‘அருணாசலம் அகமே என நினைப்பவர்’ (aruṇācalam ahamē eṉa niṉaippavar) significherebbe ‘coloro che pensano che Arunachalam è all’’interno del [loro] cuore’. Tuttavia, qualunque significato attribuiamo in questo contesto a அகம் (aham), la chiara implicazione di questo verso è che Arunachala sradicherà il nostro ego se pensiamo ad essa rivolgendo la nostra attenzione profondamente all’interno verso ‘io’, il nostro cuore, il vero centro di noi stessi.

Comunque, anche se pensiamo al nome e alla forma percepibile esteriormente di Arunachala (o di Ramana), questo condurrà infine alla distruzione del nostro ego, perché il suo nome e la sua forma (e anche il nome e la forma di Bhagavan) hanno un potere unico di rivolgere la nostra attenzione verso noi stessi, come egli indica nel verso 10 di Śrī Aruṇācala Padigam:
பார்த்தனன் புதுமை யுயிர்வலி காந்த
     பருவத மொருதர மிதனை
யோர்த்திடு முயிரின் சேட்டையை யொடுக்கி
     யொருதன தபிமுக மாக
வீர்த்ததைத் தன்போ லசலமாச் செய்தவ்
     வின்னுயிர் பலிகொளு மிஃதென்
னோர்த்துய்மி னுயிர்கா ளுளமதி லொளிரிவ்
     வுயிர்க்கொலி யருணமா கிரியே.

pārttaṉaṉ pudumai yuyirvali kānta
     paruvata morudara midaṉai
yōrttiḍu muyiriṉ cēṭṭaiyai yoḍukki
     yorutaṉa dabhimukha māha
vīrttadait taṉpō lacalamāc ceydav
     viṉṉuyir balikoḷu miḵdeṉ
ṉōrttuymi ṉuyirgā ḷuḷamadi loḷiriv
     vuyirkkoli yaruṇamā giriyē
.

பதச்சேதம்: பார்த்தனன் புதுமை, உயிர் வலி காந்த பருவதம். ஒருதரம் இதனை ஓர்த்திடும் உயிரின் சேட்டையை ஒடுக்கி, ஒரு தனது அபிமுகம் ஆக ஈர்த்து, அதை தன் போல் அசலமா செய்து, அவ் இன் உயிர் பலி கொளும். இஃது என்! ஓர்த்து உய்மின் உயிர்காள் உளம் அதில் ஒளிர் இவ் உயிர் கொலி அருண மா கிரியே.

Padacchēdam (separazione delle parole): pārttaṉaṉ pudumai, uyir vali kānta paruvatam. orudaram idaṉai ōrttiḍum uyiriṉ cēṭṭaiyai oḍukki, oru taṉadu abhimukham-āha īrttu, adai taṉ pōl acalamā seydu, a-vv-iṉ uyir bali koḷum. iḵdu eṉ! ōrttu uymiṉ uyirgāḷ uḷam adil oḷir i-vv-uyir koli aruṇa mā giriyē.

Traduzione: Ho visto una meraviglia, la magnetica collina che afferra [o attrae a forza] l’anima. Soggiogando la dannosa attività dell’anima che ha pensato una volta ad essa, attraendo [trascinando, spingendo o attirando] [quell’anima] a guardare verso sé stessa, l’unica [infinita auto-consapevolezza che risplende all’interno del cuore come ‘io’], e [quindi] rendendola acala [immobile] come sé stessa, essa consuma quella dolce [spiritualmente maturata e pura] anima come bali [cibo offerto in sacrificio]. O anime, siate salvate pensando alla grande Collina Aruna, questa assassina dell’anima, che risplende nel cuore [come ‘io’].
Quindi ripetere o ricordare i nomi di Arunachala o Ramana (che realmente non sono due ma uno) ci aiuterà a rivolgere la nostra mente interiormente, così dovremmo usare i loro nomi come un aiuto alla nostra pratica di auto-attentività, e non come un sostituto di essa.

Ciò che Sadhu Om chiama jñāna japa (vale a dire ripetere in modo contemplativo il pronome di prima persona ‘io’ o ‘io sono’) è anche un aiuto molto valido alla nostra pratica di auto-attentività, così se sei soddisfatto nel fare questo jñāna japa non hai bisogno di cambiare la tua pratica, perché come Bhagavan era solito dire, ‘io’ o ‘io sono’ è il primo e principale nome di Dio, poiché egli risplende sempre nel nostro cuore come ‘io’. Tuttavia, se ti piace integrare questa pratica con il ricordo del nome di Arunachala o Ramana, anche questo ti aiuterà nella tua pratica di auto-attentività.


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