Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

mercoledì 10 maggio 2017

Sri Arunachala Stuti Panchakam


Sri Arunachala Stuti Panchakam
Cinque Inni a Sri Arunachala

Bhagavan Sri Ramana


Traduzione in Inglese parola per parola
Significato: Sri Sadhu Om
Traduzione: Michael James
Traduzione Italiana: Carlo Barbera
A Cura di Carlo Barbera

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File PDF dei Cinque Inni a Sri Arunachala



Dall'Introduzione a Sri Arunachala Stuti Panchakam di Michael James

Bhagavan Sri Ramana ci ha insegnato che il solo mezzo con cui possiamo ottenere la suprema felicità della vera auto-conoscenza è atma-vichara – auto-investigazione o auto-indagine – che è la semplice pratica di esaminare accuratamente o dare attenzione al nostro essere essenziale auto-cosciente, che sempre sperimentiamo come ‘io sono’. Tuttavia, egli ha anche descritto questa pratica come il sentiero dell’auto-abbandono, perché non possiamo realmente dare attenzione al nostro sé reale senza abbandonare il nostro falso sé individuale. Il nostro sé individuale o mente, sorge immaginando sé stesso come un corpo fisico, e sostiene la sua esistenza immaginaria dando attenzione costantemente a pensieri e a oggetti, che sperimenta come diversi da sé stesso. Senza dare attenzione all’alterità, non possiamo continuare a immaginare noi stessi come questa mente. Quindi quando rivolgiamo la nostra attenzione lontano da tutta l’alterità e verso il nostro sé essenziale, la nostra mente sprofonderà e perderà la sua esistenza come un’entità apparentemente separata.
Poiché la nostra vera natura non è pensare, fare o conoscere qualcosa diversa da noi stessi, ma è solo essere auto-coscienti, diverremo chiaramente coscienti della nostra vera natura solo nella misura in cui saremo disposti ad abbandonare la nostra mente che costantemente pensa, fa o conosce oggetti. La ragione per cui pensiamo e conosciamo oggetti diversi da noi stessi è perché amiamo farlo, e amiamo farlo perché immaginiamo erroneamente che a causa di ciò possiamo ottenere la felicità. Quindi abbandoneremo la nostra mente pensante e rimarremo come il nostro vero essere auto-cosciente solo quando comprenderemo che la felicità non esiste in qualcosa diversa dal nostro sé reale, e quando il nostro amore di essere solo il nostro sé reale diverrà più grande del nostro amore di pensare o di conoscere qualsiasi altra cosa.

In altre parole, per riuscire nei nostri sforzi di conoscere il nostro sé reale e di abbandonare il nostro falso sé individuale, dobbiamo essere consumati dall’amore sopraffacente per il nostro vero essere auto-cosciente. La vera bhakti o devozione è quindi l’amore perfettamente non-duale che ognuno di noi dovrebbe avere per il nostro sé reale o essere essenziale. Come Sri Ramana dice nel verso 9 di Upadesa Undiyar e nel verso 15 di Upadesa Tanippakkal:
Per mezzo della forza di [questo ananya] bhava [l’attitudine o convinzione che Dio non è diverso da noi stessi], essere [dimorare o rimanere] in sat-bhava [il nostro stato naturale di essere], che trascende [tutto] il bhavana [immaginazione, pensiero o meditazione], è solo para-bhakti tattva [il vero stato della devozione suprema]. Poiché Dio esiste come atma [il nostro sé reale o essere essenziale], atma-anusandhana [auto-contemplazione o auto-attentività] è parama-isa-bhakti [suprema devozione a Dio].
Dato che Dio è il nostro sé reale, perché Sri Bhagavan lo loda e lo prega in molti di questi versi di Sri Arunachala Stuti Panchakam come se fosse separato da lui? La verità è che molto tempo prima di comporre questi inni, Sri Bhagavan aveva perduto il suo sé individuale e si era fuso ed era divenuto uno con la realtà assoluta che chiamiamo ‘Dio’. Come Dio o guru egli compose questi inni per insegnarci con l’esempio come dovremmo dipendere interamente dal potere supremo che chiamiamo ‘grazia’ di Dio o guru. Perché egli ci ha insegnato a dipendere da Dio o guru come se fosse separato da noi? Quando sorgiamo come un sé individuale limitato immaginandoci come un corpo fisico, separiamo apparentemente noi stessi dall’unica realtà infinita, che è il nostro vero sé. La natura del nostro sé reale è amore infinito, poiché noi siamo in realtà la pienezza della felicità perfetta, e perciò amiamo naturalmente noi stessi. Quindi quando ci separiamo apparentemente dal nostro sé reale immaginandoci come un individuo limitato, in effetti separiamo noi stessi dall’infinito potere del nostro vero amore di sé.

Poiché abbiamo in questo modo separato apparentemente noi stessi dal nostro infinito potere di amore di sé, ci sentiamo come un individuo che ha solo un potere limitato, e sperimentiamo il nostro vero amore di sé in una forma distorta come il desiderio per i molti oggetti e le esperienze che immaginiamo che ci renderanno felici. Come un sé individuale o mente limitata, sentiamo che il nostro potere è molto limitato, e quindi sentiamo la suprema onnipotenza di Dio come altro da noi. Dio ha origine come un essere separato quando in modo immaginoso confiniamo noi stessi come un individuo limitato. Poiché abbiamo apparentemente separato noi stessi dall’infinita realtà non-duale, che è il nostro vero sé o essere essenziale, quella realtà si manifesta come Dio, il supremo potere dell’amore infinito che controlla questo intero universo. Quando rimaniamo come il nostro reale sé non-duale, niente altro che noi stessi esiste. Ma quando sorgiamo come un individuo separato immaginando noi stessi come un corpo materiale, percepiamo un mondo apparentemente esterno, che è controllato da un potere che chiamiamo ‘Dio’. Così il nostro sé individuale o mente, il mondo e Dio hanno origine simultaneamente, e ciascuno di loro è reale quanto gli altri due. Quindi finché sperimentiamo la nostra mente come reale, Dio e il suo potere d’amore o di ‘grazia’ sono ugualmente reali. Poiché in modo immaginoso abbiamo separato noi stessi dal nostro potere infinito, come un individuo siamo ora totalmente dipendenti da Dio, che è il nostro potere d’infinito amore di sé, ma che ora sembra essere diverso da noi stessi. Quindi, come Sri Ramana dice nel tredicesimo paragrafo di Nan Yar? (Chi sono io?):
Essere completamente assorbiti in auto-dimora, non dando neppure il minimo spazio al sorgere di alcun pensiero diverso dall’auto-contemplazione, è donare noi stessi a Dio. Anche se poniamo qualsiasi quantità di carico su Dio, egli porterà quell’intera quantità. Poiché un paramesvara sakti [potere supremo di Dio] è il guidare tutte le attività [cioè, poiché egli causa e controlla ogni cosa che accade in questo mondo], perché dovremmo sempre pensare, ‘è necessario [per me] agire in questo modo; è necessario [per me] agire in quel modo’, invece di essere [calmi, pacifici e felici] essendoci arresi a esso [quel supremo potere di controllo]? Anche se sappiamo che il treno sta portando tutto il carico, perché dovremmo viaggiare su esso patendo, portando il nostro piccolo bagaglio sulla testa invece di lasciarlo posato su quel [treno]?
Ogni cosa che accade nella nostra vita (sia nella nostra vita esteriore come un corpo vivente in questo mondo materiale sia nella nostra vita interiore come una mente pensante e percipiente) accade solo per ‘volontà di Dio’, cioè, per l’amore che egli ha per noi come proprio sé. Poiché egli è onnisciente, niente può accadere senza la sua conoscenza. Poiché è onnipotente, niente può accadere senza il suo consenso. E poiché è onniamorevole, niente può accadere che non sia per il vero beneficio di tutti gli interessati (anche se il nostro limitato intelletto umano può non essere in grado di comprendere come ciascun accadimento sia realmente buono e benefico). Di fatto, poiché egli è la sorgente e la totalità di tutto il potere che vediamo manifesto in questo universo, ogni singola attività o accadimento qui è spinto, guidato e controllato da lui. Come dice un antico proverbio Tamil, “avan arul andri or anuvum asaiyadu”, che significa ‘tranne che per la sua grazia, neppure un atomo si muove’. Cos’è la ‘volontà di Dio’? È il suo amore solo di essere. Poiché egli è l’infinita pienezza di essere, e poiché la natura del vero essere auto-cosciente è amare sé stesso, poiché esso è l’infinita pienezza della felicità assoluta, ciò che egli ama realmente non è altro che il proprio naturale stato di essere. Poiché egli solo esiste realmente, egli vede ogni cosa come il proprio essere, e quindi ci ama come il suo sé. Di conseguenza la sua volontà è che dovremmo rimanere solo come il nostro essere auto-cosciente non adulterato e perfettamente felice, proprio come egli è.

Quindi ogni cosa che sperimentiamo nella nostra vita è formata e regolata dalla sua grazia, che è il potere del suo infinito amore per noi – il suo ardente amore che noi dovremmo solamente essere come il vero essere auto-cosciente che è il sé reale sia di lui stesso che di noi. Quindi, per sperimentare l’infinita felicità di essere, non abbiamo bisogno d’altro che di arrendere interamente noi stessi alla sua onniamorevole e onnipotente volontà. Come una mente limitata, il nostro potere è molto ristretto, e siamo totalmente confusi riguardo alla vera natura della realtà, che è il nostro sé. Quindi per il nostro potere – cioè, per il potere di questa mente inerentemente confusa – non possiamo mai sperimentare l’assoluta chiarezza della vera auto-conoscenza. Per sperimentare quella vera chiarezza, dobbiamo dipendere interamente dall’infinito potere della grazia, che non è altro che quella vera chiarezza, e che sempre esiste all’interno di noi come il nostro vero sé – cioè, come il nostro essere auto-cosciente e perfettamente chiaro, ‘io sono’. Finché la nostra mente cerca di affermare il proprio potere auto-illuso, che è solo un potere di ‘fare’, essa non può mai sperimentare la pace e la gioia assolute di essere solamente. Saremo in grado di sperimentare quella pace e gioia assoluta solo quando la nostra mente arrenderà totalmente il potere confuso e ingannevole della propria auto-illusa volontà, e piuttosto dipenderà interamente dal potere del nostro essere vero ed essenziale – cioè, dalla grazia o chiarezza della nostra auto-consapevolezza, ‘io sono’, che è il potere di ‘essere’ solamente. Senza amore ardente che scioglie il cuore per essere, non accetteremo mai di arrenderci a esso. Finché desideriamo continuare la nostra attuale esistenza illusoria e miserevole, Dio non ci forzerà ad arrenderci a lui. Tuttavia, per il potere supremo del suo puro essere, egli formerà favorevolmente la nostra vita esteriore e ci guiderà interiormente, accendendo gradualmente in noi la chiarezza della vera saggezza, che è l’abilità di discriminare e distinguere il reale dall’irreale, e quindi coltivando stabilmente all’interno di noi il vero amore per arrendere totalmente noi stessi a lui.

Sebbene il vero amore di cui abbiamo bisogno è l’amore per il nostro essere essenziale, non-duale e auto-cosciente, ‘io sono’, finché confondiamo noi stessi come questa mente pensante, siamo apparentemente separati dallo stato reale di solo essere, che è la nostra vera natura. Poiché il nostro stato reale di solo essere è completamente privo di pensiero, e quindi dell’illusione della dualità, che è creata dal pensiero, come una mente pensante conoscitrice di dualità non possiamo evitare di immaginare il nostro essere reale senza pensieri e non-duale come qualcosa diversa da ciò che ora ci sentiamo essere. Quindi l’amore che la nostra mente ha per il proprio stato reale di solo essere è da essa sperimentato come un amore per qualcosa diversa da sé stessa. Quindi nella lotta per ritornare alla nostra sorgente, che è il nostro essere reale auto-cosciente, il nostro amore di essere si esprime in una mescolanza di amore non-duale per il nostro essere e amore dualistico per Dio. Nella misura in cui la nostra mente sprofonda nel nostro essere senza pensieri e auto-cosciente, sperimentiamo il nostro amore di essere nella sua vera forma non-duale di amore di sé, e nella misura in cui la nostra mente è spinta dai suoi persistenti desideri a sorgere e ad essere attiva, sperimentiamo il nostro amore di essere nella sua forma dualistica di amore per Dio. Poiché la nostra mente fluttua in continuazione tra vari gradi di auto-attentività non-duale e gradi inversamente proporzionali di pensiero dualistico, il nostro amore di essere fluttua tra la sua espressione come amore di sé non-duale e la sua espressione come amore dualistico per Dio. Quindi nella vita di ogni vero aspirante spirituale, l’amore non-duale per sé e l’amore dualistico per Dio saranno mischiati intimamente, intrecciati e combinati insieme, perché in essenza queste due forme di amore sono entrambe forma dello stesso singolo amore solo di essere. La mescolanza di queste due forme di amore di essere di un devoto è meravigliosamente espressa da Sri Bhagavan in questi versi di Sri Arunachala Stuti Panchakam.

Alcuni di questi versi sono espressioni molto chiare del nostro amore non-duale per il nostro essere essenziale, mentre altri sembrano essere espressioni d’amore per Dio come un supremo potere d’amore, di grazia e di compassione, apparentemente separato. Tuttavia, la maggior parte di questi versi può essere interpretata o come un’espressione della forma d’amore non-duale o come la forma d’amore dualistica, secondo lo stato di mente in cui li leggiamo, li cantiamo o meditiamo su di essi. Attraverso questi versi Sri Bhagavan ci ha insegnato con l’esempio come dobbiamo dipendere interamente da Dio sia nella nostra vita esteriore, quando la nostra mente è attiva, sia nella nostra vita interiore, quando la nostra mente sprofonda nella profondità del nostro vero essere. Quando le nostre menti sono rivolte all’esterno, dobbiamo dipendere da Dio come l’onniamorevole potere della grazia, che ci ricorda costantemente la necessità di volgerci interiormente. E quando le nostre menti sono rivolte all’interno, dobbiamo dipendere da Dio come lo stesso onniamorevole potere della grazia, che risplende all’interno di noi come la pace e la gioia del nostro essere silente, e che quindi attrae la nostra mente sempre più profondamente all’interno con il suo naturale potere di irresistibile attrazione. Ogni volta che il nostro naturale stato di pace è disturbato dal sorgere di pensieri, che sono spinti dai nostri desideri profondamente radicati, possiamo calmare quell’agitazione pregando Dio o il guru nel modo in cui Sri Bhagavan ci ha mostrato in molti di questi versi, che sono preghiere che sciolgono il cuore per la sua grazia. L’importanza della preghiera come uno strumento nella pratica di auto-investigazione e auto-abbandono è semplificata da Sri Bhagavan in questi versi. Dio certamente non ha bisogno che gli diciamo che richiediamo il suo aiuto, ma questo non è il vero scopo della preghiera. Lo scopo della preghiera è di accendere nel nostro cuore un senso di totale dipendenza da Dio.

Poiché non possiamo abbandonare noi stessi e ottenere lo stato di essere con il nostro sforzo, dobbiamo imparare a dipendere interamente da Dio, perché egli solo può permetterci di abbandonare noi stessi completamente a lui. Tale è l’importanza della devozione dualistica e della preghiera nella nostra lotta per sprofondare nel vero stato di auto-conoscenza assolutamente non-duale. Ma perché Sri Bhagavan scelse di insegnarci il modo corretto di praticare la devozione dualistica componendo questi versi indirizzati a Dio e in lode sua o del guru nella forma della santa montagna di Arunachala? Un indizio per rispondere a questa domanda è dato da Sri Bhagavan nel verso 4 di Ulladu Narpadu:
Se siamo una forma, il mondo e Dio lo saranno ugualmente. Se non siamo una forma, chi potrebbe vedere la loro forma, [e] come? Può la visione [qualsiasi cosa è vista] essere diversa dall’occhio [la consapevolezza che vede ciò]? Noi, quell’occhio [la consapevolezza senza forma ‘io sono’], siamo l’occhio infinito [la consapevolezza infinita].
Finché continuiamo a separare noi stessi dalla nostra realtà immaginandoci come la forma di un corpo fisico, non possiamo concepire Dio tranne che come una forma. Se non lo sperimentiamo come il nostro sé reale, che è la consapevolezza senza forma e quindi illimitata ‘io sono’, possiamo conoscere Dio solo come un pensiero nella nostra mente, e ogni pensiero è solo una forma – un’immagine mentale. Anche se possiamo immaginare Dio senza forma, quell’immaginazione è ancora solo un pensiero, che è una forma che abbiamo creato nella nostra mente, così immaginandolo in questo modo non possiamo sperimentare la sua vera natura senza forma. Possiamo sperimentare la sua realtà senza forma solo rivolgendo la nostra mente interiormente e immergendola nella chiarezza assoluta del nostro essere auto-cosciente, che solo è la sua realtà senza forma. Come Sri Bhagavan dice nel verso 8 di Ulladu Narpadu:
Chiunque adora [la realtà assoluta o Dio] in qualunque forma dando [a essa] qualsiasi nome, questo è un sentiero [o mezzo] per vedere quella realtà [senza nome e senza forma] in [quel] nome e forma. Tuttavia, solo devenire uno [con quella realtà], avendo esaminato accuratamente [o conosciuto] la propria verità [essenza o ‘sono’-ità (‘am’ness)] ed essendo [quindi] sprofondati [o dissolti] nella verità [essenza o ‘sono’-ità (‘am’-ness)] di quella vera realtà, è veder[la] in verità. Conosci [di conseguenza].
Se non conosciamo la nostra realtà senza forma, non possiamo sperimentare la realtà senza forma di Dio, e quindi possiamo conoscerlo solo come una forma. Tutte le forme di devozione dualistica sono dirette a Dio come una forma di un genere o un altro. Ma poiché Dio esiste come un’immagine nella nostra mente, non ci è sufficiente dirigere il nostro sentimento di devozione dualistica verso la nostra immagine mentale o concetto di Dio? Perché Sri Bhagavan scelse di spiegare con esempi la pratica di devozione dualistica lodando e pregando Dio nella forma fisica di Arunachala? Se preferiamo, dirigere i nostri sentimenti di devozione dualistica verso la nostra immagine mentale di Dio è sufficiente. Tuttavia, il fine di tutte le forme di pratica devozionale, siano esse eseguite con la mente, con le parole o il corpo, è di focalizzare il nostro amore sull’unica realtà assoluta che chiamiamo ‘Dio’. Poiché il nostro amore è abitualmente dissipato come innumerevoli desideri per oggetti o esperienze esterne, ci è più facile ritirarla da tutte le altre cose esterne focalizzandola su un nome o una forma definiti che identifichiamo come Dio, piuttosto che cercare di focalizzarla su un concetto di Dio meno definito. Sapendo che per una mente umana abitualmente estroversa è più facile focalizzare il suo amore su un nome e una forma definiti piuttosto che su un vago concetto mentale, Sri Bhagavan ha spiegato con l’esempio la pratica di devozione dualistica lodando e pregando Dio nel nome e nella forma di Arunachala.

Anche se Dio è onnipresente, non possiamo realmente sperimentarlo come tale finché vediamo questo mondo di molteplici oggetti e lo confondiamo come reale. Ogni cosa è una forma di Dio, perché egli è l’unica sostanza reale che appare come tutta questa molteplicità, ma pensare in questo modo tenderà a disperdere la nostra mente piuttosto che focalizzarla su un punto. Quindi molti di noi troveranno che impedire alla nostra mente di essere dispersa da questa illusione della molteplicità è utile per focalizzare il nostro amore e l’attenzione su un nome e una forma di Dio che ci attraggono in modo particolare. È vero che adorare Dio nella forma di una montagna può non attrarre tutte le persone, ma questo non importa. In qualsiasi forma desideriamo adorare Dio, con la mente, con la parola o con il corpo, se lo scopo della nostra adorazione è ottenere il vero amore per il nostro stato naturale di essere assolutamente pacifico e quindi infinitamente felice, per ricevere aiuto e guida nella nostra pratica spirituale, possiamo imparare molto meditando profondamente sul significato di questi versi.

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