Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

lunedì 28 dicembre 2015

Dove trovare e come raggiungere la reale presenza del nostro guru?

Michael James

15 Giugno 2008
Where to find and how to reach the real presence of our guru?

In risposta a un mio recente articolo Quale sat-sanga ci libererà dal nostro ego?, Anonimo ha scritto un commento in cui dice:
Grazie per la tua risposta alla mia (anonima) preoccupazione. “Solamente essere alla presenza fisica di un vero guru non è la forma più efficace di sat-sanga” – sì accetto questo, ma ho sentito così tante storie di persone che hanno sperimentato il Sé senza sforzo alla presenza di un vero guru dopo molti anni di insuccesso nei loro tentativi di sperimentare il Sé e questo è il motivo per cui sono stato indotto a porre quella domanda…
Se veramente abbiamo fede nella grazia e nella guida del nostro sadguru, Sri Ramana, non avremo dubbi riguardo la semplice verità che egli può fornirci e ci fornisce tutto l’aiuto – sia internamente che esteriormente – di cui abbiamo bisogno per permetterci di scrutinare e conoscere il nostro sé reale.

Se fossimo realmente aiutati dall’essere alla presenza fisica di un vero guru, egli non ci porrebbe in una tale presenza? E se non ci ha posto in una tale presenza, non dovremmo capire che ora non abbiamo realmente bisogno di questo aiuto?

Ogni cosa che sperimentiamo nella nostra vita è ordinata da lui per il nostro beneficio spirituale, e al contrario, qualunque cosa non sperimentiamo non è ordinata da lui per la stessa ragione. La situazione esteriore nella quale siamo posti in ogni momento è ciò che è realmente il meglio per noi in quel momento.

Se, come nelle storie che hai sentito, delle persone hanno sperimentato il sé senza sforzo alla presenza di un vero guru dopo molti anni di insuccesso nei propri tentativi di sperimentarlo, è perché essi hanno ottenuto la maturità richiesta per mezzo dei propri sforzi precedenti. Nessuno dei loro sinceri tentativi di sperimentare il sé è mai fallito realmente, perché ogni tentativo li ha aiutati a maturare al punto in cui sono stati pronti ad affondare senza sforzo nella più interna profondità del proprio essere appena giunti alla presenza fisica del guru.

Giungere alla presenza fisica di un vero guru non è qualcosa che dipende da noi, perché come ogni altra esperienza esteriore, è secondo il nostro destino o prarabdha, che è ordinato dalla grazia di Dio o guru secondo i nostri reali bisogni spirituali. Ciò che dipende da noi – cioè, ciò che abbiamo la libertà di fare o non fare – è preferire e fare lo sforzo di rivolgerci all’interno e attendere solo al nostro essere essenziale auto-cosciente, ‘io sono’, e arrendere noi stessi interamente a Dio o guru, che è quell’‘io sono’.

Quindi, invece di concentrare tutto il nostro amore e tutto lo sforzo solo sull’essere sempre auto-attentivi, non distraiamoci cercando aiuto all’esterno di noi stessi in questo mondo irreale. Se vogliamo realmente aiuto dal nostro guru, Sri Ramana, dovremmo cercarlo dove egli ci ha detto di cercarlo, vale a dire all’interno di noi, nella più interna profondità del nostro essere, dove la sua reale presenza risplende sempre come la nostra chiara auto-consapevolezza non-duale, ‘io sono’.

Anonimo ha continuato la stessa risposta dicendo:
…”Se ci si aggrappa saldamente a ininterrotto svarupa-smarana [ricordo di sé]” la parola ‘ininterrotto’ sembra suggerire che anche una tenue corrente non è abbastanza. …
La parola che Sri Ramana ha realmente usato in questa frase dell’ undicesimo paragrafo di Nan Yar? (Chi sono io?) è nirantara, che significa ‘ininterrotto’ nel senso di ‘non avere intervallo’, ‘costante’ o ‘continuo’.

Quindi questa parola nirantara o ‘continuo’ non suggerisce realmente che anche una tenue corrente di ricordo di sé non è abbastanza. Al contrario, in questa frase Sri Ramana afferma molto chiaramente che soltanto una corrente ininterrotta o continua di ricordo di sé è abbastanza, perché termina questa frase con le enfatiche parole “அது வொன்றே போதும்” (adu ondre podum), che significano ‘quello soltanto è sufficiente’.

Solo perché questa corrente di ricordo di sé può a volte essere solo tenue, questo non significa che non è continua, ininterrotta o senza alcun intervallo. Anche una tenue corrente o continuità di ricordo di sé sarà sufficiente a indebolire le nostre vasana – i nostri impulsi o desideri latenti di dare attenzione a cose diverse da noi stessi – e quindi a purificare o chiarificare la nostra mente, e come la nostra mente diviene di conseguenza più pura l’eterna continuità della nostra auto-consapevolezza naturale, ‘io sono’, risplenderà sempre più chiaramente, anche nel pieno delle nostre apparenti attività esteriori.

Ogni momento in cui siamo auto-attentivi – non importa quanto possa essere tenue o sottile quell’auto-attentività – stiamo purificando la nostra mente gradualmente ma efficacemente, pulendola da tutte le sue vishaya-vasana o desideri per oggetti ed esperienze esteriori. Più la nostra auto-attentività è chiara, acuta e profonda e ferma, più efficacemente e velocemente purificherà la nostra mente, ma anche l’auto-attentività più tenue o momentanea non mancherà di purificarla almeno in qualche misura.

Poiché il grado di purificazione che possiamo raggiungere in ogni momento è proporzionato alla profondità, all’intensità e alla chiarezza del nostro ricordo di sé, auto-attentività o auto-consapevolezza in quel momento, dovremmo mirare sempre ad essere più possibile esclusivamente, profondamente e chiaramente auto-coscienti. Tuttavia, poiché anche un tenue grado di chiara auto-consapevolezza purificherà la nostra mente in proporzione a quel grado, e poiché più la nostra mente è purificata dai suoi desideri esteriorizzanti più profondamente saremo in grado di affondare nel nostro stato naturale di chiaro essere auto-cosciente senza pensiero, dovremmo mirare a mantenere in ogni momento almeno una tenue corrente o continuità di ricordo di sé.

A volte il nostro ricordo di sé o auto-consapevolezza sarà più tenue, e in altri momenti sarà più profonda, più chiara e più intensa, ma ogni momento di auto-consapevolezza relativamente chiara ci condurrà più o meno velocemente ed efficacemente più vicini al nostro fine ultimo di auto-consapevolezza assolutamente chiara, nella quale affogheremo e perderemo noi stessi per sempre nella vera presenza del nostro sadguru, Sri Ramana, che non è altri che il nostro vero sé – il nostro essere essenziale auto-cosciente e non-duale, ‘io sono’.

Più avanti nella stessa risposta Anonimo ha scritto:
… Io ho svatma-bhakti ma il fatto che l’idea ‘io sono l’agente’ è ancora forte impedisce svarupa-smarana specialmente quando il lavoro richiede una profonda attività mentale. Suppongo che l’unica soluzione è persistere e arrivare al punto in cui svatma-bhakti è abbastanza forte per aiutare il ricordo di sé nel pieno di tutte le attività. Mi chiedo quando questo succederà…
Coltivare il vero amore di sé o svatma-bhakti, e il conseguente approfondimento e la crescente chiarezza del nostro ricordo di sé o svarupa-smarana, non è qualcosa che accadrà improvvisamente, ma si svilupperà stabilmente e gradualmente per quanto perseveriamo nella nostra pratica. Sebbene il completo abbandono finale della nostra mente e la conseguente fioritura dell’esperienza non-duale di vera auto-conoscenza ‘accadrà’ istantaneamente, lo sviluppo della maturità – il vero amore di sé e l’originaria chiarezza della mente – di cui abbiamo bisogno per essere disposti ad arrendere completamente noi stessi nella chiarezza assoluta di quell’auto-esperienza non-duale accadrà gradualmente durante il processo che chiamiamo sadhana o pratica spirituale.

Anonimo ha ragione a supporre che “l’unica soluzione è persistere”. Come Sri Ramana ha enfatizzato ripetutamente, riusciremo solo perseverando tenacemente nella nostra pratica di ricordo di sé o auto-attentività, e coloro che sono riusciti lo hanno fatto perché avevano già perseverato in questa pratica abbastanza a lungo e con sufficiente serietà e fermezza. Cioè, ogni volta che la nostra mente è distratta anche minimamente dal suo desiderio profondamente radicato di sperimentare qualsiasi cosa diversa dal nostro essere essenziale, ‘io sono’, dovremmo perseverare tenacemente nell’attirarla indietro e nel mantenerla fissata fermamente nel nostro stato naturale di essere auto-cosciente senza pensiero.

Sri Ramana enfatizza l’importanza di questa tenace perseveranza in un modo molto chiaro e semplice nei paragrafi sei, dieci e undici di Nan Yar?, che ho citato nel mio articolo precedente, Auto-indagine, esperienza personale e routine quotidiana. L’essenza di ciò che egli ci insegna in questi tre paragrafi è da lui chiaramente espressa in poche semplici parole nel decimo paragrafo, “... நினைவுக்கும் இடம் கொடாமல், சொரூபத்யானத்தை விடாப்பிடியாய்ப் பிடிக்க வேண்டும்” (... ninaivukkum idam kodamal, sorupa-dhyanattai vidappidiyayp pidikka vendum), che significa, “…senza dare spazio anche al [minimo] pensiero, [noi] dovremmo aggrapparci tenacemente a svarupa-dhyana [auto-attentività o meditazione sulla nostra natura essenziale, ‘io sono’]”.

Proprio come gli steli, i rami, le foglie, i fiori e i frutti di un albero continueranno a germogliare finché la sua radice sopravvive, così le nostre vasana, i desideri e i pensieri continueranno a sorgere e a distrarci dalla nostra auto-attentività finché la loro radice, la nostra mente, sopravvive. Quindi Sri Ramana inizia l’undicesimo paragrafodi Nan Yar? Dicendo:
Finché vishaya-vasana esistono nella [nostra] mente, nanar ennum vicharanai [l’investigazione ‘chi sono io?’] è necessaria. Come e quando i pensieri sorgono, in quel momento e lì è necessario [per noi] annientarli tutti per mezzo di vicharanai [investigazione, cioè, auto-investigazione o acuta e vigilante auto-attentività] proprio nel luogo da cui essi sorgono. …
Se non realizziamo per mezzo della nostra persistente pratica di atma-vicharanai – auto-investigazione, auto-scrutinio o auto-attentività – la maturità sufficiente per essere disposti e in grado di arrendere completamente la nostra mente nella chiarezza assoluta della pura auto-consapevolezza, continueremo ad essere distratti dai nostri pensieri, che formiamo nella nostra mente a causa della forza trainante delle nostre vishaya-vasana, i nostri desideri di pensare e sperimentare cose che sembrano essere diverse da noi stessi. Quindi la lotta tra svatma-bhakti – il nostro amore per solo essere e conoscere solo il nostro sé reale – e le nostre vasana o desideri esteriorizzanti continuerà in noi finché la nostra mente sarà completamente distrutta dalla chiara luce della vera auto-conoscenza.

Quindi, benché dovremmo sempre mirare a mantenere una continuità ininterrotta di auto-attentività o ricordo di sé, e perciò affondare in profondità nel nostro essere auto-cosciente, ‘io sono’, in pratica i nostri tentativi di farlo spesso falliranno, e di conseguenza soccomberemo ripetutamente alla potente attrazione dei nostri desideri e dei pensieri conseguenti. Tuttavia, non dovremmo farci scoraggiare dai nostri ripetuti fallimenti ad essere costantemente auto-attentivi, ma dovremmo semplicemente perseverare con calma nei nostri sforzi di ristabilire la nostra auto-attentività ogni volta che ci accorgiamo di aver perduto la presa su di essa.

Questa lotta costante tra l’auto-attentività e pramada – auto-negligenza o auto-dimenticanza – è la natura della vera sadhana o pratica spirituale, così per vincere questa battaglia è richiesta una calma, paziente e ferma perseveranza. Sebbene molte volte e comunque frequentemente possiamo cadere dal nostro stato naturale di sereno essere auto-cosciente, dovremmo rialzarci e cercare di fare del nostro meglio per resistere in esso.

In questa lunga guerra interiore non siamo mai soli, perché la grazia del nostro sadguru, Sri Ramana, risplende sempre pacificamente nel nostro cuore come ‘io sono’, dandoci tutto il sottile aiuto e supporto di cui abbiamo bisogno nel nostro sincero sforzo di ritornare alla sua reale presenza affondando nella profondità più interna del nostro essere chiaramente auto-cosciente, che è la nostra vera forma. Mentre ci sforziamo di voltarci completamente verso noi stessi, la potente attrazione della sua grazia sempre ci attrae interiormente, attendendo di consumarci completamente quando saremo pronti ad arrenderci a lui completamente.

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