Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

domenica 27 agosto 2017

L’ego è una falsa entità, ciò nonostante è un’entità, se non lo investighiamo abbastanza accuratamente da vedere che non esiste realmente

Michael James

24 Agosto 2017
The ego is a spurious entity, but an entity nonetheless, until we investigate it keenly enough to see that it does not actually exist


Ieri un amico mi ha scritto:
Tu preferisci usare ‘noi stessi’ o ‘sé stessi’ o ‘io’ invece de ‘il Sé’. È perché usando ‘il Sé’ tendiamo ad oggettivare noi stessi. Così questo punto è chiaro. Ma allora perché usiamo ‘l’ego’? Non stiamo oggettivando ugualmente noi stessi usando ‘l’ego’?
Ciò che segue è adattato dalla risposta che gli ho scritto:

Ci sono due livelli o dimensioni rispetto al problema di usare il termine ‘il Sé’: a un livello più grossolano esso tende a oggettivare noi stessi (implicando che noi siamo un oggetto), ma a un livello più sottile tende a concretizzare noi stessi (implicando che siamo una cosa o entità).

Poiché la nostra reale natura (ātma-svarūpa) non è un oggetto né un’entità (poiché è il vastu, la sostanza ultima di tutte le entità, e l’adhiṣṭhāna o ādhāra, la causa fondamentale da cui e in cui tutte esse appaiono), ci dobbiamo guardare da una tale confusione. Tuttavia, nel caso del nostro ego il problema è leggermente differente, perché come l’ego noi non siamo un oggetto ma il soggetto, ma come il soggetto siamo un’entità – la prima entità e radice di tutte le altre entità.

Quindi non dovremmo oggettivare l’ego, ma finché non lo investighiamo abbastanza accuratamente da vedere che esso non esiste realmente, non possiamo evitare di concretizzarlo (cioè, considerarlo un’entità), e dobbiamo farlo per distinguerlo e isolarlo da tutti gli oggetti di cui esso è consapevole, incluse tutte le aggiunte che esso confonde come sé stesso. Solo quando lo isoliamo da tutte le sue aggiunte esso si dissolverà e scomparirà per sempre, e solo allora sapremo che non c’è mai stata una tale entità. Come Bhagavan ha spiegato chiaramente, sebbene l’ego sembra essere sia noi stessi sia qualunque aggiunta che confonde come noi stessi, non è realmente né noi stessi né ogni aggiunta, perché esso non esiste realmente, come scopriremo se investighiamo noi stessi abbastanza accuratamente. Il fatto che esso non è né noi stessi, che siamo sat-cit (essere-consapevolezza), né il corpo, che è jaḍa (non-cosciente o insenziente), è spiegato da lui nel verso 24 di Uḷḷadu Nāṟpadu:
சடவுடனா னென்னாது சச்சித் துதியா
துடலளவா நானொன் றுதிக்கு — மிடையிலிது
சிச்சடக்கி ரந்திபந்தஞ் சீவனுட்ப மெய்யகந்தை
யிச்சமு சாரமன மெண்.

jaḍavuḍaṉā ṉeṉṉādu saccit tudiyā
duḍalaḷavā nāṉoṉ ḏṟudikku — miḍaiyilitu
ciccaḍakki ranthibandhañ jīvaṉuṭpa meyyahandai
yiccamu sāramaṉa meṇ
.

பதச்சேதம்: சட உடல் ‘நான்’ என்னாது; சத்சித் உதியாது; உடல் அளவா ‘நான்’ ஒன்று உதிக்கும் இடையில். இது சித்சடக்கிரந்தி, பந்தம், சீவன், நுட்ப மெய், அகந்தை, இச் சமுசாரம், மனம்; எண்.

Padacchēdam (separazione delle parole): jaḍa dal ‘nāṉ’ eṉṉādu; sat-cit udiyādu; uḍal aḷavā ‘nāṉ’ oṉḏṟu udikkum iḍaiyil. idu cit-jaḍa-giranthi, bandham, jīvaṉ, nuṭpa mey, ahandai, i-c-samusāram, maṉam; eṇ.

அன்வயம்: சட உடல் ‘நான்’ என்னாது; சத்சித் உதியாது; இடையில் உடல் அளவா ‘நான்’ ஒன்று உதிக்கும். இது சித்சடக்கிரந்தி, பந்தம், சீவன், நுட்ப மெய், அகந்தை, இச் சமுசாரம், மனம்; எண்.

Anvayam (parole ridisposte in ordine naturale di prosa): jaḍa uḍal ‘nāṉ’ eṉṉādu; sat-cit udiyādu; iḍaiyil uḍal aḷavā ‘nāṉ’ oṉḏṟu udikkum. idu cit-jaḍa-giranthi, bandham, jīvaṉ, nuṭpa mey, ahandai, i-c-samusāram, maṉam; eṇ.

Traduzione: Il corpo jaḍa non dice ‘io’; sat-cit non sorge; [ma] tra [questi due] una cosa [chiamata] ‘io’ sorge come la dimensione del corpo. Sappi che questo [l’auto-consapevolezza mischiata ad aggiunte che sorge come ‘io sono questo corpo’] è cit-jaḍa-granthi [il nodo formato dal groviglio della consapevolezza con un corpo insenziente, legandoli insieme come se fossero uno], bandha [schiavitù], jīva [vita o anima], il corpo sottile, ahandai [l’ego], questo saṁsāra [vagare, movimento perpetuo, attività irrequieta, attività, esistenza mondana è il ciclo di nascita e morte] e manam [la mente].
In questo verso ஒன்று (oṉḏṟu) è un sostantivo che significa ‘uno’ nel senso di ‘una cosa’ o ‘qualcosa’, così ‘நான் ஒன்று’ (nāṉ oṉḏṟu), ‘uno [chiamato] io’, implica qualcosa chiamata ‘io’, e poi nella frase successiva egli si riferisce ad esso come ‘இது’ (idu), che significa ‘questo’ o ‘esso’. Quindi in questo verso egli indica che l’ego è una falsa entità (poiché si pone sia come noi stessi che come un corpo, anche se non è né l’uno né l’altro), ma ciò nonostante è un’entità – o piuttosto sembra essere un’entità finché sembra esistere, come sembrerà finché non lo guardiamo abbastanza attentamente da vedere ciò che siamo realmente.

Il fatto che esso è una falsa entità che sembra esistere solo finché guardiamo altre cose invece di guardare accuratamente solo noi stessi è anche indicato da lui nel verso successivo, il verso 25 di Uḷḷadu Nāṟpadu, in cui si riferisce ad esso come ‘உருவற்ற பேய்’ (uru-v-aṯṟa pēy), un ‘fantasma senza forma’, che ha origine, si regge e prospera solo afferrando forme (cose diverse da sé stesso), e che cesserà di esistere se lo investighiamo abbastanza accuratamente:
உருப்பற்றி யுண்டா முருப்பற்றி நிற்கு
முருப்பற்றி யுண்டுமிக வோங்கு — முருவிட்
டுருப்பற்றுந் தேடினா லோட்டம் பிடிக்கு
முருவற்ற பேயகந்தை யோர்.

uruppaṯṟi yuṇḍā muruppaṯṟi niṟku
muruppaṯṟi yuṇḍumiha vōṅgu — muruviṭ
ṭuruppaṯṟun tēḍiṉā lōṭṭam piḍikku
muruvaṯṟa pēyahandai yōr
.

பதச்சேதம்: உரு பற்றி உண்டாம்; உரு பற்றி நிற்கும்; உரு பற்றி உண்டு மிக ஓங்கும்; உரு விட்டு, உரு பற்றும்; தேடினால் ஓட்டம் பிடிக்கும், உரு அற்ற பேய் அகந்தை. ஓர்.

Padacchēdam (separazione delle parole): uru paṯṟi uṇḍām; uru paṯṟi niṟkum; uru paṯṟi uṇḍu miha ōṅgum; uru viṭṭu, uru paṯṟum; tēḍiṉāl ōṭṭam piḍikkum, uru aṯṟa pēy ahandai. ōr.

அன்வயம்: உரு அற்ற பேய் அகந்தை உரு பற்றி உண்டாம்; உரு பற்றி நிற்கும்; உரு பற்றி உண்டு மிக ஓங்கும்; உரு விட்டு, உரு பற்றும்; தேடினால் ஓட்டம் பிடிக்கும். ஓர்.

Anvayam (parole ridisposte in ordine naturale di prosa): uru aṯṟa pēy ahandai uru paṯṟi uṇḍām; uru paṯṟi niṟkum; uru paṯṟi uṇḍu miha ōṅgum; uru viṭṭu, uru paṯṟum; tēḍiṉāl ōṭṭam piḍikkum. ōr.

Traduzione: Afferrando la forma, l’ego-fantasma senza forma ha origine; afferrando la forma si regge; afferrando e nutrendosi di forma cresce [si diffonde, si espande, aumenta, si innalza o prospera] abbondantemente; lasciando [una] forma, esso afferra [un’altra] forma. Se cercato [esaminato o investigato], prenderà il volo. Investiga [o conosci di conseguenza].
Dicendo tutto ciò riguardo l’ego, Bhagavan non lo sta oggettivando, perché ogni oggetto è una forma, ed egli dice che l’ego è senza forma, ma lo sta concretizzando, perché esso sembra essere un’entità finché non lo investighiamo abbastanza accuratamente da vedere che non esiste e non è mai esistito. Quando vediamo questo, vedremo anche che niente altro tranne noi stessi è mai esistito, perché ogni altra cosa (tutti gli oggetti o fenomeni) sembrano esistere solo nella visione di questo ego, così tutto ha origine insieme con l’ego e cessa di esistere insieme con esso, come egli spiega nel verso 26 di Uḷḷadu Nāṟpadu:
அகந்தையுண் டாயி னனைத்துமுண் டாகு
மகந்தையின் றேலின் றனைத்து — மகந்தையே
யாவுமா மாதலால் யாதிதென்று நாடலே
யோவுதல் யாவுமென வோர்.

ahandaiyuṇ ḍāyi ṉaṉaittumuṇ ḍāhu
mahandaiyiṉ ḏṟēliṉ ḏṟaṉaittu — mahandaiyē
yāvumā mādalāl yādideṉḏṟu nādalē
yōvudal yāvumeṉa vōr
.

பதச்சேதம்: அகந்தை உண்டாயின், அனைத்தும் உண்டாகும்; அகந்தை இன்றேல், இன்று அனைத்தும். அகந்தையே யாவும் ஆம். ஆதலால், யாது இது என்று நாடலே ஓவுதல் யாவும் என ஓர்.

Padacchēdam (word-separation): ahandai uṇḍāyiṉ, aṉaittum uṇḍāhum; ahandai iṉḏṟēl, iṉḏṟu aṉaittum. ahandai-y-ē yāvum ām. ādalāl, yādu idu eṉḏṟu nādal-ē ōvudal yāvum eṉa ōr.

அன்வயம்: அகந்தை உண்டாயின், அனைத்தும் உண்டாகும்; அகந்தை இன்றேல், அனைத்தும் இன்று. யாவும் அகந்தையே ஆம். ஆதலால், யாது இது என்று நாடலே யாவும் ஓவுதல் என ஓர்.

Anvayam (parole ridisposte in ordine naturale di prosa): ahandai uṇḍāyiṉ, aṉaittum uṇḍāhum; ahandai iṉḏṟēl, aṉaittum iṉḏṟu. yāvum ahandai-y-ē ām. ādalāl, yādu idu eṉḏṟu nādal-ē yāvum ōvudal eṉa ōr.

Traduzione: Se l’ego ha origine, ogni cosa ha origine; se l’ego non esiste, ogni cosa non esiste. [Perciò] l’ego è ogni cosa. Quindi, sappi che solo investigare cosa è [questo ego] è rinunciare a ogni cosa.
Poiché l’ego cesserà di esistere se lo investighiamo abbastanza accuratamente, e poiché niente altro (tranne noi stessi come siamo realmente) può esistere se esso non esiste, Bhagavan conclude questo verso dicendo: ‘ஆதலால், யாது இது என்று நாடலே ஓவுதல் யாவும் என ஓர்’ (ādalāl, yādu idu eṉḏṟu nādal-ē ōvudal yāvum eṉa ōr), ‘Quindi, sappi che solo investigare cosa esso è, è rinunciare a ogni cosa’. Cioè, se investighiamo questa entità primaria abbastanza accuratamente, essa cesserà di esistere e tutte le altre entità cesseranno di esistere insieme con essa.

Come Bhagavan dice nella prima frase del settimo paragrafo di Nāṉ Yār?, ‘யதார்த்தமா யுள்ளது ஆத்மசொரூப மொன்றே’ (yathārtham-āy uḷḷadu ātma-sorūpam oṉḏṟē), ‘Ciò che esiste realmente è solo ātma-svarūpa [la ‘forma propria’ o reale natura di sé stessi]’, così nessuna entità esiste realmente, ma finché la prima entità, l’ego, sembra esistere, altre entità anche sembreranno esistere, perché esso non può mai sembrare esistere senza proiettare ed afferrare altre entità, alcune delle quali (come un corpo) prende come sé stesso. Tuttavia se guardiamo questa prima entità abbastanza accuratamente, vedremo chiaramente che ciò che sembrava essere questo ego è solo ātma-svarūpa, la cui natura è solo pura, infinita, indivisibile e immutabile auto-consapevolezza, così nessuna entità come l’ego è mai esistita come tale, e perciò nessuna altra entità è mai esistita, né ogni entità è mai sembrata esistere (perché esse potrebbero esistere solo nella visione dell’ego, che non sembra esistere tranne nella propria visione non-esistente). Per vedere questo, tutto ciò che abbiamo bisogno di fare è guardare noi stessi abbastanza attentamente da vedere ciò che siamo realmente.


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