Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

martedì 2 dicembre 2014

La perseveranza è il solo vero segno di progresso


Michael James 

30 Novembre – 1 Dicembre 2014



Michael James risponde a un commento al suo articolo  Tranne noi stessi, non ci sono segni o pietre miliari sul sentiero della scoperta di sé’ in cui si cita un discorso di Robert Adams che parla dei molti segni di progresso che ci sono sul sentiero spirituale (Feb 14, 1991. The Collected works of Robert Adams, Volume 1, pag.125) :

Bhagavan era solito dire che la perseveranza è il solo vero segno di progresso. Cioè, se perseveriamo nei nostri tentativi di sperimentare noi stessi come siamo realmente cercando di dare attenzione solo a noi stessi, questo indica che stiamo procedendo nella giusta direzione solo su questo sentiero di auto-investigazione.

Possiamo perseverare nella nostra pratica di auto-attentività solo nella misura in cui abbiamo il sincero amore per sperimentare solo noi stessi, e possiamo progredire in questa pratica solo nella misura in cui abbiamo tale amore. Quindi come Bhagavan disse, la perseveranza è il solo segno di progresso, poiché è il solo vero segno di  svātma-bhakti  (amore per il nostro sé – cioè, per sperimentare noi stessi come siamo realmente).

Oltre a questo, non c’è assolutamente niente che potrebbe indicare in modo affidabile che stiamo progredendo su questo sentiero, perché come ho spiegato in questo articolo, (Tranne noi stessi, non ci sono segni o pietre miliari sul sentiero della scoperta di sé. ) qualsiasi cosa che possiamo immaginare come un segno sarebbe qualcosa diversa da noi stessi e  quindi indicherebbe solo che la nostra attenzione è stata distratta lontano da noi stessi.

Dicendo che la perseveranza è il solo vero segno di progresso, Bhagavan stava cercando di farci focalizzare tutto il nostro interesse e sforzo solo sulla nostra pratica di auto-attentività e di non permettere a noi stessi di essere distratti da qualsiasi altra cosa. Per raggiungere il nostro fine dobbiamo cercare con insistenza di dare attenzione solo a noi stessi e non a qualsiasi altra cosa, così la perseveranza nella pratica di auto-attentività è il nostro sentiero, e quindi è anche il solo segno che stiamo seguendo (o progredendo su) questo sentiero.

In altre parole, possiamo progredire nella nostra pratica solo perseverando in essa, così la perseveranza in essa è il solo segno che stiamo progredendo. Quindi la logica in cui Bhagavan si è espresso è semplice e irrefutabile.

Perciò, quando Bhagavan rese chiaro e ovvio che la perseveranza nella nostra pratica è il solo vero segno che stiamo progredendo in esso, Robert Adams non solo lo stava contraddicendo ma stava anche dicendo qualcosa d’illogico quando dichiarava che ci sono molti segni che indicano il nostro progresso.

Tutti i fenomeni descritti da Robert Adams, nel brano che hai citato, come  segni di progresso (come ‘un senso di pace’, essere ‘non più disturbati dalle condizioni terrene’  o ‘quanto state diventando felici’) sono condizioni della mente relative e transitorie, così  sono altro da noi stessi, e quindi possiamo essere consapevoli di essi solo quando la nostra attenzione è stata distratta lontano da noi stessi. Perciò essi sono un sicuro segno che siamo stati distratti dalla nostra pratica di auto-attentività, e quindi  non possono essere un segno che stiamo perseverando o progredendo in essa.

Comunque, se prendiamo queste o qualsiasi altre condizioni come segno di progresso, ci sarebbe facile immaginare che esse si stanno sviluppando all’interno di noi e in questo modo illudere noi stessi che stiamo facendo progressi in questo sentiero quando di fatto siamo solo assorti in transitorie condizioni della nostra mente, e quindi ancora completamente presi nell’esperienza di noi stessi come una persona. Perciò immaginare che tali fenomeni siano segni del nostro progresso sarebbe solo un altro inganno auto-illusorio con cui la nostra mente cerca di distrarci dalla nostra pratica di auto-attentività.

30 Novembre 2014 19:18



In risposta a un altro commento che riporta l’attenzione sulle parole di Robert Adams, Michael James scrive:

Nel tuo commento dici ‘ma per le persone tu devi esprimere parole’. Sono d’accordo che per molti di noi le parole sono richieste per rivolgerci nella giusta direzione, ma la ragione per cui sono richieste e che le nostre menti ora stanno andando all’esterno, che è la direzione sbagliata. Poiché la sola direzione giusta nella quale dovremmo andare è all’interno – solamente verso ‘io’ (noi stessi) – le sole parole che ci aiuteranno sono quelle che dirigono la nostra attenzione all’interno.

Per andare (procedere o progredire) all’interno, dobbiamo perseverare nei nostri tentativi di essere consapevoli solo di noi stessi, così le parole che ci sono date dovrebbero spronarci a perseverare in questo tentativo, e non spingerci a guardare all’esterno per qualche ‘segno’ esterno di progresso.

Quando Bhagavan disse che la perseveranza è il solo vero segno di progresso, queste parole (come tutte le sue altre parole) ci spronano a perseverare nel tentativo di guardare all’interno – cercare di sperimentare solamente noi stessi.  Ma quando Robert Adams ha detto che ci sono molti segni di progresso, questi ‘molti segni’ devono essere cose diverse da noi stessi (poiché noi siamo uno, non molti), così le sue parole ci spingono a spargere la nostra attenzione all’esterno, lontano da noi stessi, cercando qualcuno o tutti questi segni. E quando continua specificando determinate condizioni mentali come ‘un senso di pace’, essere ‘non più disturbati dalle condizioni terrene’ o ‘quanto state diventando felici’ come segni di progresso, queste parole ci spingono ulteriormente a guardare lontano da noi stessi, l’ ‘io’ che sperimenta, verso condizioni che possiamo correntemente sperimentare o no.

Sia che stiamo correntemente sperimentando tali condizioni o meno, siamo sempre presenti e consapevoli di noi stessi, così Bhagavan ci spronerebbe a dare attenzione solo a noi stessi, chi sperimenta tali condizioni, e perciò a ignorare la presenza transitoria o l’assenza di qualche condizione particolare.

Se siamo onesti con noi stessi, penso che la maggior parte di noi ammetterà che la nostra perseveranza è insufficiente. Sappiamo che dovremmo cercare di dare attenzione solo a ‘io’, ma la maggior parte del tempo stiamo invece pensando inutili pensieri riguardo altre cose, così se accettiamo che la perseveranza è il solo vero segno di progresso, riconosceremo che non siamo ancora abbastanza progrediti, e che per progredire ulteriormente e più velocemente dobbiamo perseverare ancora di più cercando di sperimentare solo ‘io’.

Se invece di accettare che la perseveranza è il solo vero segno di progresso, immaginiamo che il tipo di condizioni descritte da Robert Adams siano segni di progresso, possiamo facilmente ingannare noi stessi pensando che stiamo facendo progressi quando non è così. Anche se non sempre, almeno qualche volta ci è facile immaginare che stiamo sperimentando ‘un senso di pace’, o che siamo ‘non più disturbati da condizioni terrene’  come eravamo soliti essere,  o che ora stiamo diventando più felici, così se prendiamo questi come segni di progresso, ci è facile con ciò illudere noi stessi.

Le condizioni della mente sono in un flusso costante, così esse non sono un indicatore affidabile del nostro progresso spirituale. Anche se non abbiamo amore per sperimentare solo noi stessi, e anche se non facciamo mai uno sforzo per dare attenzione solo a noi stessi, qualche volta possiamo tuttavia sentire ‘un senso di pace’, o che siamo meno ‘disturbati dalle condizioni terrene’, o che stiamo generalmente diventando più felici, così condizioni come queste non possono essere un segno affidabile di alcun genuino progresso spirituale.

Comunque, cercando tali segni stiamo dirigendo la nostra attenzione lontano da noi stessi,  e stiamo quindi perdendo l’opportunità di fare un reale progresso qui e ora perseverando sinceramente nel nostro tentativo di sperimentare solo noi stessi.

Perciò, le parole che abbiamo bisogno di leggere o di sentire sono solo quelle che ci spronano a perseverare nel cercare di essere auto-attentivi (come fanno le parole di Bhagavan), e non ogni parola che distrae la nostra attenzione da noi stessi verso le condizioni esteriori sperimentate dalla nostra mente.

1 Dicembre 2014 13:30





In risposta a un ulteriore commento sul tema del discorso di Robert Adams, Michael James scrive:

Nel tuo ultimo commento hai scritto: ‘Pace è la natura del sé, il fine. Poiché il sentiero è lo stesso del fine, sento che nel suggerimento di Robert Adams di usare la pace come un mezzo di progresso non c’è contraddizione con gli insegnamenti di Bhagavan.’

Sì, pace è la natura del nostro sé reale, ma quella pace è assoluta, infinita, eterna e non vincolata da alcuna condizione, mentre ogni ‘senso di pace’ sperimentato dalla nostra mente è relativo, limitato, transitorio e condizionato, così non dovremmo confondere l’uno con l’altro. Ogni ‘senso di pace’ sperimentato dalla nostra mente è causato da una parziale cessazione o riduzione di intensità dell’attività mentale, ma possiamo sperimentare una tale condizione solo fino a che sperimentiamo noi stessi come questa mente,  così non è uno stato di completa cessazione di tutta l’attività mentale.  Comunque, possiamo sperimentare un tale ‘senso di pace’ anche quando non stiamo dando attenzione solo a ‘io’,  sebbene la mente cesserà pacificamente se diamo attenzione solo a ‘io’, ogni ‘senso di pace’ che possiamo sperimentare non è necessariamente causato da o connesso con l’auto-attentività, e quindi non è necessariamente un ‘mezzo di progresso’ verso il nostro fine di auto-consapevolezza perfettamente chiara e senza attributi.

Nel brano che hai citato nel tuo commento precedente Robert Adams non dice effettivamente che ‘un senso di pace’ è ‘un mezzo di progresso’ ma solo che è uno dei ‘molti segni’ di progresso. Comunque, anche se riteniamo che egli stesse quindi suggerendo che dovremmo ‘usare la pace come un mezzo di progresso’, come tu dici, questo non è coerente con ciò che Bhagavan ci ha insegnato, perché ogni ‘senso di pace’ sperimentato dalla nostra mente è qualcosa diverso da noi stessi, mentre Bhagavan ci ha insegnato che il solo mezzo con cui possiamo sperimentare noi stessi come siamo realmente è dare attenzione solo a noi stessi.

Solo quando diamo attenzione solo a noi stessi (ignorando quindi ogni altra cosa, includendo tutte le condizioni mentali come ‘un senso di pace’) la nostra mente sprofonderà interamente nella sua sorgente, noi stessi, e sperimenteremo quindi noi stessi come siamo realmente, che solo è vera e infinita pace.

Quando stiamo cercando di sperimentare solo noi stessi, ci è molto facile confondere come noi stessi qualsiasi condizione sottile che possiamo sperimentare lungo la via, come un ‘senso di pace’, così è importante che evitiamo di essere distratti da tali esperienze sottili ma temporanee andando ancora più in profondità all’interno di noi stessi fino a che sperimentiamo niente di temporaneo ma solo il nostro eterno sé sempre immutabile – la nostra pura auto-consapevolezza senza attributi ‘io sono’.

Il solo modo per andare sempre più in profondità all’interno di noi stessi è quello che Bhagavan ci ha mostrato: qualsiasi cosa possiamo sperimentare (sia esso un ‘senso di pace’ o qualsiasi altra cosa), dovremmo ignorarla e cercare di sperimentare solo noi stessi. Cioè, invece di dare attenzione a qualsiasi esperienza possa sorgere, dovremmo rivolgerci e cercare di dare attenzione solo a noi stessi, l’ ‘io’ che sperimenta ciò. 

1 Dicembre 2014 16:50 


In risposta a un commento in cui si parla del progresso spirituale e del modo di giudicare tale progresso, Michael James scrive:

Nel tuo ultimo commento hai scritto:  ‘Ma almeno dalla mia lettura delle vite dei devoti, quasi tutti loro hanno periodi di pace seguita da abissi di disperazione prima che realizzino loro stessi, così come possono sapere dove si trovano in un dato punto nel tempo[?]’.

Sì, mentre progrediamo in questo sentiero, il nostro amore per sperimentare noi stessi come siamo realmente aumenterà, e tale amore sarà sentito come un grande desiderio, così fino a che sia soddisfatto dal fonderci nel nostro sé reale, esso darà origine a intensa angoscia. Questa angoscia aumenterà fino a che l’ego sarà distrutto, così è un inganno credere che il nostro progresso sarà necessariamente indicato da segni come ‘un senso di pace’, essere ‘non più disturbati da condizioni terrene’ o ‘quanto state diventando felici’, come Robert Adams ha dichiarato nel brano citato in uno dei commenti sopra.

L’intensa angoscia sentita da un devoto mentre lui o lei sta avanzando sempre più vicino al fine di fondersi in sé è espressa chiaramente e meravigliosamente da Bhagavan in molti dei versi di Śrī Aruṇācala Stuti Pañcakam, e anche in versi composti da Muruganar, Sadhu Om e molti altri poeti-santi più antichi. Leggendo tali versi e vedendo l’intenso amore, il desiderio e l’angoscia in essi espresso, saremmo sciocchi a concludere che poiché tali santi non sperimentavano ‘un senso di pace’, e neppure erano ‘non più disturbati da condizioni terrene’, o stavano diventando più felici, essi non erano neppure avanzati  fino a dove siamo arrivati noi su questo sentiero.

Sentire ‘un senso di pace’ o che si sta diventando più felici può essere un segno di compiacenza spirituale, perché se veramente vogliamo sperimentare solo noi stessi e quindi essere liberi dal nostro ego, non saremo soddisfatti con qualsiasi cosa possiamo sperimentare fino a che ci siamo fusi per sempre nella nostra sorgente. Anche essere ‘non più disturbati da condizioni terrene’ non è necessariamente un segno di progresso, perché per un devoto il cui amore e desiderio di sperimentare solo sé stesso aumentano, la condizione di vivere come una persona in questo mondo materiale sarà sperimentata come una miseria che aumenta in modo corrispondente, come Bhagavan ha indicato in molti versi, come l’8 e l’11 di Śrī Aruṇācala Patikam:

 “Tu mi hai reso di nessun valore distruggendo [in me] l’intelligenza di conoscere il modo in cui vivere nel mondo. Se  [mi] tieni in questa condizione, ciò non sarà felicità per nessuno[ma] solo miseria. La morte davvero sarà meglio che questa vita. […]”

 “[…] O gente che state vagando alla ricerca di un mezzo per abbandonare il corpo, avendo perduto il desiderio per questa vita  [terrena] a causa della sua miseria crescente, c’è sulla terra una medicina rara che anche se pensata una volta nella mente ucciderà [l’ego] senza uccidere [il corpo]. Sappiate che questa è la Collina di Aruna [il nostro sé reale].”

Mentre il nostro amore per sperimentare noi stessi come siamo realmente aumenta, ci sentiremo disturbati in modo crescente dalla condizione illusoria di sperimentare noi stessi come un corpo che vive in questo mondo, e riconosceremo di non essere in grado di sperimentare una pace reale o la felicità fino a che ci fondiamo per sempre nel nostro sé reale, la sorgente dalla quale abbiamo avuto origine come questo ego.

Quindi, come hai scritto nel tuo primo commento, ‘Il progresso spirituale non è una curva lineare in cui senti sempre più pace giorno dopo giorno’, e sarebbe ingenuo ritenere che lo sia. La nostra auto-ignoranza è come una densa oscurità, così non c’è modo di predire ciò che possiamo sperimentare nel nostro viaggio, lottando per districare noi stessi da questa oscurità e cercando di sperimentare noi stessi come siamo realmente. Possiamo sperimentare tutti i tipi di altezze o di bassezze, ma non importa cosa ci accade di sperimentare, dovremmo perseverare tenacemente nei nostri tentativi di dare attenzione solo a noi stessi fino a che ci fondiamo in esso per sempre.

1 Dicembre 2014 21:26



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