Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

martedì 29 novembre 2016

Quando l’ego sembra esistere, altre cose sembrano esistere, e quando non sembra esistere, niente altro sembra esistere

Michael James

27 Novembre 2016
When the ego seems to exist, other things seem to exist, and when it does not seem to exist, nothing else seems to exist

In diversi commenti ad uno dei miei articoli recenti, La differenza tra vivarta vāda e ajāta vāda non è solo semantica ma sostanziale, un amico di nome Ken ha discusso che l’ego non esiste neppure in senso relativo, ma che le vāsanā ed altri fenomeni esistono in un senso relativo, sebbene non in senso assoluto. Tuttavia uno dei principi fondamentali dell’insegnamento di Bhagavan è che poiché tutti i fenomeni sembrano esistere solo nella visione di questo ego, essi sembrano esistere solo quando esso sembra esistere (come nella veglia e nel sogno), e quando esso non sembra esistere (come nel sonno) niente altro sembra esistere. Quindi in questo articolo risponderò ad alcuni dei commenti di Ken per cercare di spiegare questo principio fondamentale in maggiore dettaglio.
  1. Le vāsanā sono attributi del nostro ego, così non possono esistere indipendentemente da esso
  2. Le vāsanā sembrano esistere solo nella visione del nostro ego, così sono apparenze illusorie che sembrano esistere solo in relazione alla sua apparente esistenza
  3. Uḷḷadu Nāṟpadu verso 26: l’ego è la sola causa per l’esistenza apparente di ogni altra cosa
  4. Śrī Aruṇācala Aṣṭakam verso 7: se l’ego non esiste, niente altro esiste
  5. L’ego è la causa principale di ogni cosa, incluso il ‘corpo causale’ (kāraṇa śarīra)
  6. L’ego è un enigma, essendo un fantasma senza forma che sembra esistere solo quando non guarda molto attentamente sé stesso
  7. L’ego è l’errore primario che causa l’apparenza di ogni altra cosa
  8. L’ego è la causa prima, così non può essere causato da qualsiasi altra cosa, e quindi la sua comparsa è inesplicabile
  9. L’ego sorge da niente altro che il nostro sé reale, ma il nostro sé reale non è la sua causa efficiente (nimitta kāraṇa)
  10. Tutte le vāsanā saranno distrutte completamente solo quando l’ego sarà distrutto, anche se la ‘distruzione’ di entrambi è metaforica
  11. Un singolo momento di pura auto-consapevolezza annienterà completamente l’ego e tutte le sue vāsanā


1. Le vāsanā sono attributi del nostro ego, così non possono esistere indipendentemente da esso

Ken, in molti dei tuoi commenti hai sostenuto che l’ego non esiste, sebbene sembri credere che la sua progenie esiste (le sue vāsanā e tutti i fenomeni, che sono proiettati da esso e compaiono solo nella sua consapevolezza), almeno in un senso relativo. Per esempio, in uno dei commenti scrivi, ‘Le vasana esistono in un senso relativo, ma non nel senso assoluto. L’ego non esiste né in senso relativo né nel senso assoluto’. Questo implica che le vāsanā in qualche modo esistono indipendentemente dall’ego, ma se non c’è ego, di chi esse sono le vāsanā?

In questo contesto vāsanā significa, propensione, inclinazione, impulso o desiderio, così non ci può essere alcuna vāsanā se non c’è qualcuno o qualcosa di cui essa è la vāsanā. Spero che sarai d’accordo che il nostro sé reale è brahman, l’unico tutto infinito o paripūrṇa vastu, che è anādi (senza inizio), ananta (senza fine, illimitato o infinito) e akhaṇḍa (indiviso) sat-cit-ānanda (come Bhagavan dice nel verso 28 di Upadēśa Undiyār), così esso ovviamente non ha alcuna vāsanā (inclinazioni, impulsi o desideri), e perciò tutte le vāsanā sono attributi che devono appartenere solo all’ego. Quindi se non ci fosse ego, non ci sarebbero vāsanā, e nella misura in cui esistono le vāsanā, anche l’ego deve esistere.

2. Le vāsanā sembrano esistere solo nella visione del nostro ego, così sono apparenze illusorie che sembrano esistere solo in relazione alla sua apparente esistenza

Cosa intendi esattamente quando parli di esistente in ‘senso relativo’? Se ‘le vasana esistono nel senso relativo’, come tu dici, questo sicuramente significa che esse esistono (o sembrano esistere) relative a qualcosa, così esistono relative a cosa? A cosa è collegata la loro esistenza? Sicuramente è collegata a chiunque di cui esse sono le vāsanā, così poiché esse sono solo dell’ego, sembrano esistere relative all’esistenza apparente di questo ego e non potrebbero esistere senza di esso.

Dire che qualcosa esiste in un senso relativo è significativo ma in qualche modo vago, perché sempre fa nascere la domanda; relativo a cosa? Quindi piuttosto che discutere l’esistenza relativa in contrasto con l’esistenza assoluta, possiamo parlare più precisamente dell’esistenza apparente in contrasto all’esistenza reale, particolarmente in questo contesto.

Come Bhagavan dice nella prima frase del settimo paragrafo di Nāṉ Yār?: ‘யதார்த்தமா யுள்ளது ஆத்மசொரூப மொன்றே’ (yathārtham-āy uḷḷadu ātma-sorūpam oṉḏṟē), ‘Ciò che esiste realmente è solo ātma-svarūpa [il nostro sé reale]’), così né questo ego né le sue vāsanā esistono realmente, ma finché questo ego sembra esistere, le sue vāsanā sembreranno esistere. Quindi, poiché le vāsanā sembrano esistere solo nella visione di questo ego, non potrebbero sembrare esistere se esso non sembrasse esistere, e quindi l’ego e le sue vāsanā condividono lo stesso grado di realtà apparente (che veramente non è affatto realtà).

Gli insegnamenti centrali di Bhagavan come espressi in testi come Nāṉ Yār?, Uḷḷadu Nāṟpadu e Upadēśa Undiyār sono dati dalla prospettiva di vivarta vāda (l’assunto che ogni cosa diversa dal nostro sé reale è solo un’apparenza illusoria), secondo cui niente altro che la pura auto-consapevolezza, che è ciò che siamo realmente, esiste davvero, ma sebbene non esistono realmente, questo ego e tutti i fenomeni di cui è consapevole (incluse le sue vāsanās) sembrano esistere, così essi sono solo un’apparenza illusoria (vivarta). La radice di tutte queste apparenze illusorie è solo questo ego, perché per apparire o sembrare esistere, un’illusione deve apparire a qualcosa, e ciò a cui tutte le illusioni appaiono non è niente altro che questo ego.

3. Uḷḷadu Nāṟpadu verso 26: l’ego è la sola causa per l’esistenza apparente di ogni altra cosa

Quindi è solo perché questo ego sembra esistere (sebbene solo nella propria visione) che tutte le altre cose sembrano esistere, come Bhagavan ci insegna inequivocabilmente nel verso 26 di Uḷḷadu Nāṟpadu:
அகந்தையுண் டாயி னனைத்துமுண் டாகு
மகந்தையின் றேலின் றனைத்து — மகந்தையே
யாவுமா மாதலால் யாதிதென்று நாடலே
யோவுதல் யாவுமென வோர்.

ahandaiyuṇ ḍāyi ṉaṉaittumuṇ ḍāhu
mahandaiyiṉ ḏṟēliṉ ḏṟaṉaittu — mahandaiyē
yāvumā mādalāl yādideṉḏṟu nādalē
yōvudal yāvumeṉa vōr
.

பதச்சேதம்: அகந்தை உண்டாயின், அனைத்தும் உண்டாகும்; அகந்தை இன்றேல், இன்று அனைத்தும். அகந்தையே யாவும் ஆம். ஆதலால், யாது இது என்று நாடலே ஓவுதல் யாவும் என ஓர்.

Padacchēdam (separazione delle parole): ahandai uṇḍāyiṉ, aṉaittum uṇḍāhum; ahandai iṉḏṟēl, iṉḏṟu aṉaittum. ahandaiyē yāvum ām. ādalāl, yādu idu eṉḏṟu nādal-ē ōvudal yāvum eṉa ōr.

அன்வயம்: அகந்தை உண்டாயின், அனைத்தும் உண்டாகும்; அகந்தை இன்றேல், அனைத்தும் இன்று. யாவும் அகந்தையே ஆம். ஆதலால், யாது இது என்று நாடலே யாவும் ஓவுதல் என ஓர்.

Anvayam (parole ridisposte in ordine naturale di prosa): ahandai uṇḍāyiṉ, aṉaittum uṇḍāhum; ahandai iṉḏṟēl, aṉaittum iṉḏṟu. yāvum ahandai-y-ē ām. ādalāl, yādu idu eṉḏṟu nādal-ē yāvum ōvudal eṉa ōr.

Traduzione: Se l’ego ha origine, ogni cosa ha origine; se l’ego non esiste, ogni cosa non esiste. [Perciò] l’ego è ogni cosa. Quindi, sappi che solo investigare cosa è questo [ego] è rinunciare a ogni cosa.
Nella versione kaliveṇbā di Uḷḷadu Nāṟpadu Bhagavan ha aggiunto una proposizione relativa precedente alla prima parola di questo verso, ‘அகந்தை’ (ahandai), ‘ego’, vale a dire ‘கருவாம்’ (karu-v-ām), che significa ‘che è l’embrione’, intendendo quindi che l’ego è l’embrione da cui ogni altra cosa si sviluppa. La parola Tamil கரு (karu) è derivata dalla parola Sanscrita गर्भ (garbha), che significa utero, embrione, feto, interiore, interno o centro, ma in Tamil significa anche causa efficiente (nimitta-kāraṇa), sostanza interna o fondamento, così, dicendo che l’ego è கரு (karu), Bhagavan intende che è l’embrione che si sviluppa in ogni altra cosa, l’utero dal quale ogni cosa è nata, la causa efficiente che crea o produce ogni cosa, la sostanza interna di tutti i fenomeni, e il fondamento su cui essi appaiono.

Quando scrivi in un altro commento, ‘Ramana dice che l’ego non esiste’, hai ragione nel senso che egli ci insegna che esso non esiste realmente, ma questo non significa che egli non ammetta che esso sembra esistere nella nostra visione (cioè, nella visione di noi stessi come questo ego), come possiamo vedere chiaramente da questo verso e da molti altri versi in Uḷḷadu Nāṟpadu e altrove. Come gli spiega chiaramente in questo verso, ogni altra cosa sembra esistere solo perché questo ego sembra esistere, e se esso non sembra esistere, niente altro sembra esistere, così solo questo ego è ciò che appare come ogni altra cosa.

In questo verso egli esprime il vero nucleo dei suoi insegnamenti. Quando dice ‘அகந்தை உண்டாயின், அனைத்தும் உண்டாகும்’ (ahandai uṇḍāyiṉ, aṉaittum uṇḍāhum), che significa ‘Se l’ego ha origine, ogni cosa ha origine’, egli non vuole intendere che esso realmente ha origine, perché come frequentemente ha spiegato esso non esiste realmente, anche se sembra esistere, così ciò che intende qui è che se esso sembra avere origine (come fa ogni volta che sorgiamo dal sonno, nella veglia o nel sogno), ogni cosa sembra avere origine insieme con esso, perché ogni altra cosa sembra esistere solo nella sua visione. In altre parole, esso solo è la causa principale per l’esistenza apparente di ogni altra cosa.

Poiché egli dice, ‘அகந்தை இன்றேல், இன்று அனைத்தும்’ (ahandai iṉḏṟēl, iṉḏṟu aṉaittum), che significa ‘se l’ego non esiste, ogni cosa non esiste’, se tu avessi ragione nell’affermare che ‘l’ego non esiste né nel senso relativo né nel senso assoluto’, questo significherebbe che niente altro esiste in un senso relativo o in un senso assoluto. È vero che né l’ego né ogni altra cosa esistono in un senso assoluto, perché nessuna di esse esiste realmente, ma finché esse sembrano esistere, esistono in un senso relativo. Cioè, proprio come niente altro potrebbe sembrare esistere se questo ego non sembrasse esistere, questo ego non può sembrare esistere senza proiettare ed aggrapparsi ad altre cose (come egli spiega nel verso 25 di Uḷḷadu Nāṟpadu), così ogni altra cosa esiste relativa a questo ego, e questo ego esiste relativo a qualunque altra cosa che esso sta attualmente proiettando e afferrando.

4. Śrī Aruṇācala Aṣṭakam verso 7: se l’ego non esiste, niente altro esiste

Il fatto che niente altro esiste se questo ego (che è il nostro pensiero primario chiamato ‘io’) non esiste è anche affermato chiaramente da Bhagavan nella prima frase del verso 7 di Śrī Aruṇācala Aṣṭakam: ‘இன்று அகம் எனும் நினைவு எனில், பிற ஒன்றும் இன்று’ (iṉḏṟu aham eṉum niṉaivu eṉil, piṟa oṉḏṟum iṉḏṟu), che significa ‘Se il pensiero chiamato ‘io’ non esiste, anche un altro [pensiero o cosa] non esisterà’. Nella frase successiva dice, ‘அது வரை, பிற நினைவு எழில், ‘ஆர்க்கு?’, ‘எற்கு’, ஒன்று ‘அகம் உதி தலம் எது?’ என’ (adu varai, piṟa niṉaivu eṙil, ‘ārkku?’, ‘eṟku’, oṉḏṟu ‘aham udi thalam edu?’ eṉa), che significa ‘Fino ad allora, se qualche altro pensiero sorge, fondilo [indietro all’interno investigando] in questo modo: a chi [esso è apparso]; a me; qual è il luogo da cui sono sorto?’ Iniziando questa frase con l’espressione ‘அது வரை’ (adu varai), che significa ‘fino ad allora’, intendendo con questo ‘fino a che il pensiero chiamato ‘io’ non esiste’, egli ammette che dalla nostra prospettiva questo ego ora sembra esistere, e che poiché esso sembra esistere abbiamo bisogno di investigare noi stessi, la sorgente da cui esso è sorto, e quindi fonderci all’interno in noi stessi come siamo realmente.

5. L’ego è la causa principale di ogni cosa, incluso il ‘corpo causale’ (kāraṇa śarīra)

Nello stesso commento a cui mi sono riferito nella prima sezione di questo articolo tu anche scrivi, ‘Le vasana sono parte del corpo causale che si reincarna’, ma ciò che è chiamata ‘reincarnazione’ è solo la proiezione di un sogno dopo un altro, e in ciascun sogno l’ego proietta un altro corpo come sé stesso, così ciò che si ‘reincarna’ è solo questo ego. Ciò che è chiamato kāraṇa śarīra o ‘corpo causale’ è una delle cinque guaine (pañca-kōśa), che insieme costituiscono il corpo come un insieme (come Bhagavan spiega nel verso 5 di Uḷḷadu Nāṟpadu) e che non sono l’ego in sé stesso ma solo ciò che esso proietta e afferra come sé stesso.

Sebbene il termine kāraṇa śarīra significa ‘corpo causale’, non è la causa principale di ogni cosa, in modo particolare quando è concepito come un kōśa (una guaina o copertura) o come un corpo composto di vāsanā, perché la causa principale di ogni cosa, inclusi tutti i corpi che esso proietta ed identifica come sé stesso, è solo l’ego. Il concetto di kāraṇa śarīra non è effettivamente molto preciso, perché è qualche volta descritto come composto di vāsanā, qualche volta come la dimora di vāsanā, e qualche volta come l’oscurità fondamentale di auto-ignoranza. Sebbene queste tre concezioni sono collegate molto strettamente, quando legate insieme formano un concetto piuttosto impreciso. Poiché ciò che è auto-ignorante è solo l’ego, e poiché l’auto-ignoranza è la vera natura di questo ego, come l’oscurità fondamentale di auto-ignoranza il kāraṇa śarīra non è esattamente un ‘corpo’ ma lo stesso ego, e questo ego non consiste esattamente di vāsanā, perché è la loro radice e il fondamento, anche se senza vāsanā non esisterebbe.

6. L’ego è un enigma, essendo un fantasma senza forma che sembra esistere solo quando non guarda molto attentamente sé stesso

Nel verso 25 di Uḷḷadu Nāṟpadu Bhagavan descrive l’ego come ‘உருவற்ற பேய் அகந்தை’ (uru-v-aṯṟa pēy ahandai), che significa ‘ego fantasma senza forma’, perché come un fantasma esso non esiste realmente anche quando sembra esistere, e quando sembra esistere causa infinita agitazione. Come un fantasma senza forma esso non consiste che di auto-ignoranza – che è una forma confusa e distorta di auto-consapevolezza, essendo una consapevolezza di noi stessi come qualcosa diversa da ciò che siamo realmente – ma l’auto-ignoranza non è reale, perché non esiste indipendentemente da questo ego, poiché ciò che è auto-ignorante è solo questo ego. Questo ego è quindi un enigma che sembra esistere solo perché non guarda molto attentamente sé stesso, e che quindi cessa di esistere appena guarda sé stesso abbastanza attentamente per vedere ciò che è realmente, che è solo pura auto-consapevolezza, priva anche della minima consapevolezza di qualsiasi altra cosa.

7. L’ego è l’errore primario che causa l’apparenza di ogni altra cosa

Nello stesso commento dici ‘L’ego è un errore, come qualcuno che cerca gli occhiali da sole che sono sopra la sua fronte’, ma ciò che non sembri riconoscere è che esso è l’errore primario, essendo la causa principale di tutti gli altri errori. Non è un errore che accade dopo che qualche altra cosa ha avuto origine, ma è l’errore fondamentale che causa l’apparenza o l’esistenza apparente di ogni altra cosa. È l’errore del nostro non vedere noi stessi come siamo realmente (sebbene ciò che fa questo errore e sperimenta i suoi effetti non è noi stessi come siamo realmente ma solo noi stessi come questo ego che ora sembriamo essere), così se noi (come questo ego) rivolgiamo la nostra intera attenzione soltanto verso noi stessi, cesseremo di esistere come questo ego, che è solo una consapevolezza erronea di noi stessi come qualsiasi cosa diversa dalla pura auto-consapevolezza che siamo realmente.

8. L’ego è la causa prima, così non può essere causato da qualsiasi altra cosa, e quindi la sua comparsa è inesplicabile

In un altro commento dici ‘L’ego è una identificazione errata’ e che questa identificazione errata ‘cessa in vari momenti (come il sonno, il coma o qualche tipo di samadhi), ma ritorna a causa delle vasana’, che implica che l’ego è causato dalle vāsanā piuttosto che viceversa. Poiché le vāsanā sembrano esistere solo nella visione di questo ego, esse non possono esistere precedenti a o indipendentemente da esso, così sebbene esse sostengono la sua apparenza, non possono essere la causa della sua apparenza, e ogni volta che esso cessa esse devono cessare insieme con esso. Solo quando l’ego sorge le sue vāsanā entrano in gioco e ogni altra cosa appare, così esso solo è la causa prima (la causa originale di ogni cosa), e quindi non c’è niente che può esserne detto la causa. Esso è quindi senza causa e inesplicabile.

È per noi naturale cercare spiegazioni per ogni cosa, ma l’unica cosa che non può essere adeguatamente spiegata è l’apparenza dell’ego. Possiamo spiegare ciò che avviene quando esso appare (come Bhagavan fa, per esempio, nei versi 25 e 26 di Uḷḷadu Nāṟpadu), ma non possiamo spiegare perché esso appare, perché è māyā, che significa ‘ciò che non è’ o ‘ciò che non esiste’, e māyā è giustamente detta anirvacanīya o inesplicabile. Quindi ogni volta che a Bhagavan fu chiesto perché l’ego esiste o cosa causa la sua apparenza, egli ha consigliato l’interrogante di vedere se esso esiste realmente, e ha spesso spiegato che se lo investighiamo abbastanza accuratamente vedremo che non esiste come tale, e quando esso non esiste niente altro esiste da poter spiegare come esso potrebbe apparire o avere origine apparente.

9. L’ego sorge da niente altro che il nostro sé reale, ma il nostro sé reale non è la sua causa efficiente (nimitta kāraṇa)

Nello stesso commento citi Mark Dyczkowski, che descrivi come ‘uno studioso di antiche Scritture’, scrivendo, ‘L’ego sorge dalla nozione errata che la luce della coscienza riflessa nell’intelletto e colorata dai fenomeni percepiti oggettivamente è la vera natura del Sé’, ma questo mostra chiaramente che egli non è riuscito a riconoscere che l’ego è la causa principale per l’apparenza di ogni altra cosa, perché solo quando l’ego ha origine tutte le altre cose hanno origine (come Bhagavan spiega nel verso 26 di Uḷḷadu Nāṟpadu). Poiché non ci può essere nozione errata se non c’è qualcuno o qualcosa di cui essa è la nozione, dalla nozione errata di chi egli immagina che questo ego sorge? Sicuramente è solo questo ego che ha qualsiasi nozione errata, così nessuna nozione errata può sorgere prima di esso. Possiamo dire che questo ego non è niente altro che una nozione errata (sebbene paradossalmente niente altro che sé stesso potrebbe formare o sperimentare questa nozione), ma non possiamo dire che esso sorge da qualche nozione errata, perché nessuna nozione errata potrebbe esistere precedente a o indipendente da esso.

Inoltre, di chi è l’intelletto a cui egli si sta riferendo quando dice ‘la luce della coscienza riflessa nell’intelletto’? L’intelletto potrebbe appartenere a qualcuno diverso dall’ego? E può qualsiasi luce riflessa della coscienza esistere indipendente da questo ego? Non è cidābhāsa, il ‘riflesso della coscienza’, solo un’altra descrizione di questo ego?

Nello stesso modo, da chi ‘fenomeni percepiti oggettivamente’ sono percepiti? Essi possono essere percepiti da qualcosa diversa da questo ego? Poiché solo l’ego è cidābhāsa, e poiché nessun intelletto, né alcun fenomeno, né alcuna nozione errata potrebbe esistere precedente a o indipendente da questo ego, non può essere corretto dire, ‘L’ego sorge dalla nozione errata che la luce della coscienza riflessa nell’intelletto e colorata da fenomeni percepiti oggettivamente è la vera natura del Sé’.

L’ego sorge o si origina da niente altro che noi stessi come siamo realmente, perché precedente al suo sorgere niente altro esiste, e poiché il nostro sé reale non è la causa efficiente (nimitta kāraṇa) di qualsiasi cosa (come Bhagavan indica chiaramente nel verso 85 di Guru Vācaka Kōvai), non c’è assolutamente causa per il sorgere di questo ego. L’ego è māyā, e māyā è inesplicabile (anirvacanīya), così chiunque cerchi di spiegare ciò che causa il suo apparire non ha compreso la sua reale natura.

10. Tutte le vāsanā saranno distrutte completamente solo quando l’ego sarà distrutto, anche se la ‘distruzione’ di entrambi è metaforica

In un altro commento dici: ‘”Distruggere l’ego” è una analogia, non una descrizione tecnica. L’ego non esiste, così non puoi distruggerlo, tanto quanto non puoi distruggere James Bond, o Luke Skywalker. Se leggi più descrizioni tecniche di Ramana ed altri come Sadhu Om, ciò che realmente accade è che le vasana (tendenze mentali) sono “distrutte”’.

In primo luogo, quando dici che “Distruggere l’ego” è un’analogia, presumo che intendi che questa espressione è una metafora, e se è così, in un certo senso hai ragione, perché proprio come un serpente illusorio non può essere ucciso letteralmente, ma sarà ucciso metaforicamente quando sarà visto essere niente altro che una corda, questo ego non può essere distrutto letteralmente, poiché non esiste realmente, ma sarà distrutto metaforicamente quando lo guardiamo abbastanza accuratamente per vedere che non è ciò che sembra essere ma è solo pura ed infinita auto-consapevolezza, priva anche della minima consapevolezza di qualsiasi altra cosa. Tuttavia, poiché le vāsanā nello stesso modo non esistono realmente, anche se sembrano esistere, la loro ‘distruzione’ è tanto metaforica quando la ‘distruzione’ dell’ego.

In secondo luogo, la natura dell’ego è di avere vāsanā (impulsi, inclinazioni o desideri) di un tipo o di un altro, così tutte le vāsanā saranno distrutte completamente solo quando l’ego sarà distrutto, e poiché nessuna vāsanā può esistere senza l’ego di cui essa è la vāsanā, la distruzione dell’ego comporta necessariamente la distruzione di tutte le vāsanā. Quindi vāsanākṣaya (distruzione di tutte le vāsanā) è sinonimo di manōnāśa (distruzione della mente, e quindi dell’ego, che è la sua radice e il fondamento). Il primo termine non è una descrizione più tecnica di ‘ciò che avviene realmente’, come tu presumi, ma è semplicemente una descrizione alternativa di esso, la descrizione che indica che la distruzione dell’ego comporta la distruzione di tutti i suoi desideri.

Il motivo per cui la distruzione delle vāsanā è enfatizzata così spesso è che esse sono desideri o impulsi che motivano l’ego ad aggrapparsi (o ad attendere) a cose diverse da sé stesso, perpetuando quindi la sua esistenza apparente, così per rivolgere la nostra intera attenzione interiormente per aggrapparci solo a noi stessi, le nostre vāsanā esteriorizzanti hanno bisogno di essere indebolite in misura considerevole, cosa che possiamo fare più efficacemente cercando con persistenza di essere più possibile auto-attentivi. Tuttavia, non importa quando le nostre vāsanā esteriorizzanti possono essere indebolite, esse non saranno distrutte interamente finché la loro radice, questo ego, sarà distrutto, ma la stessa persistente pratica di auto-attentività che indebolirà gradualmente le nostre vāsanā è anche ciò che infine distruggerà il nostro ego, perché il nostro ego è solo una conoscenza errata di noi stessi (una consapevolezza erronea di noi stessi come qualcosa diversa da ciò che siamo realmente), così esso può essere distrutto solo dalla chiara consapevolezza di noi stessi come siamo realmente, che può essere raggiunta solo per mezzo dell’acuta auto-attentività.

11. Un singolo momento di pura auto-consapevolezza annienterà completamente l’ego e tutte le sue vāsanā

Nello stesso commento rifiuti ciò che qualcun altro ha scritto nel commento precedente, vale a dire ‘Ramana (ed altri, per esempio Tilopa, il primo che mi viene in mente) dice che anche un MOMENTO di pura consapevolezza distrugge l’ego PER SEMPRE’, dicendo ‘No. Ramana dice che l’ego non esiste, e noi siamo sempre stati il Sé. […] Così, qualcuno può praticare auto-attenzione, e attendere con successo solo al Sé, ma poi le vasana si riaffermano (forse nella forma di un pensiero riguardo l’auto-dimora come “questo è realmente grande”), e l’attenzione si allontana dal Sé soltanto’. Tuttavia, questo non è effettivamente corretto, perché se noi ‘attendiamo con successo solo al Sé’ anche per un singolo momento, il nostro ego con questo sarà distrutto dalla perfetta chiarezza della pura auto-consapevolezza acutamente attentiva. Ciò a cui ti riferisci come ‘attendere con successo solo al Sé’ è ciò che Sadhu Om qualche volta descriveva metaforicamente come il voltarsi indietro di 180 gradi verso sé stessi, lontano da tutte le altre cose. Fino al momento in cui riusciamo a voltarci indietro di 180 gradi pieni focalizzando la nostra intera attenzione solo su noi stessi, durante la veglia e il sogno la nostra auto-consapevolezza è sempre mischiata in misura variabile con la consapevolezza di altre cose.

Al momento la nostra pura auto-consapevolezza (taṉ-ṉ-uṇarvu) è mischiata e confusa con la consapevolezza di aggiunte (upādhi-y-uṇarvu), e questa mistura confusa (che sembra esistere solo nella sua visione) è ciò che è chiamato ‘ego’, il nostro pensiero primario chiamato ‘io’. Quindi anche quando stiamo cercando di essere esclusivamente auto-attentivi, non siamo generalmente in grado di distinguere chiaramente e quindi isolare interamente la nostra auto-consapevolezza dalla nostra consapevolezza di aggiunte, perché alcune aggiunte sono fenomeni estremamente sottili, e finché la nostra mente non è purificata in grande misura, il nostro potere di attenzione non è abbastanza sottile e acuto da distinguere la pura auto-consapevolezza dalla consapevolezza di queste sottili aggiunte.

Anche quando siamo in grado di rivolgere indietro la nostra attenzione di 179 verso noi stessi, siamo ancora consapevoli di cose diverse da noi stessi almeno in misura minima, e finché siamo consapevoli di qualsiasi altra cosa, il nostro ego è con questo sostenuto, perché ciò che è consapevole di altre cose è solo questo ego. Cioè, poiché questo ego sorge, si regge e si nutre afferrando forme (cioè, qualsiasi cosa diversa da sé stesso), come Bhagavan dice nel verso 25 di Uḷḷadu Nāṟpadu, esso ‘prenderà il volo’ e scomparirà per sempre solo quando afferra soltanto sé stesso, cessando quindi di afferrare o di essere consapevole di qualsiasi altra cosa.

Nel quarto paragrafo di Nāṉ Yār? Bhagavan dice, ‘மனம் எப்போதும் ஒரு ஸ்தூலத்தை யனுசரித்தே நிற்கும்; தனியாய் நில்லாது’ (maṉam eppōdum oru sthūlattai y-aṉusarittē niṟkum; taṉiyāy nillādu), che significa ‘La mente si regge solo cercando di ottenere [conformandosi, attaccando sé stessa o attendendo a] uno sthūlam [qualcosa di grossolano, vale a dire un corpo fisico]; da sola essa non si regge’, così il nostro ego o mente non può reggersi senza afferrare o attendere a qualcosa che è più grossolano di sé stesso. Quindi quando esso attende esclusivamente e soltanto a sé stesso, senza essere consapevole di qualsiasi altra cosa, si dissolverà e si fonderà per sempre nella sua sorgente.

Finché non sarà quindi completamente distrutto dall’essere attentivamente consapevole di niente altro che sé stesso, il nostro ego continuerà ad essere soggetto in qualsiasi momento ad essere spazzato via dalla forza delle sue vāsanā esteriorizzanti (come tu intendi quando dici ‘ma poi le vasana si riaffermano […] e l’attenzione allora si allontana dal Sé soltanto’) ma esso sarà annientato insieme con tutte le sue vāsanā appena riesce a voltarsi indietro di 180 grado verso sé stesso, essendo quindi attentivamente consapevole di niente altro che pura auto-consapevolezza , che è la sua reale natura, l’unica sostanza fondamentale che è sempre stato, anche quando sembrava sorgere afferrando altre cose.


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